Theresienstadt era una città fortezza costruita tra il 1780 e il 1790, che faceva parte di un sistema di fortificazione antiprussiano voluta da Giuseppe II d’Asburgo-Lorena.
Era dedicata a sua madre Teresa.
La fortezza era suddivisa in due parti distinte: la “grande fortezza” e la “piccola fortezza”.
Sorta a circa 60 km da Praga, dopo l’occupazione tedesca del 10 giugno 1940, la “piccola fortezza” di Theresienstadt venne trasformata in prigione.
Dal 24 novembre 1941, la “grande fortezza”, dopo essere stata incinta da un alto muro, divenne ufficialmente un ghetto destinato ad accogliere gli ebrei.
Il campo venne ideato da quello che potremmo definire il volto del male del Terzo Reich, Reinhard Heydrich, “figlio prediletto ” di Adolf Hitler.
In breve tempo Theresienstadt divenne punto di arrivo per un grande numero di ebrei provenienti da Cecoslovacchia, Germania e Austria.
I circa 7.000 abitanti non-ebrei che vivevano a quel tempo in città furono costretti a trasferirsi.
L’idea originaria era di farne un punto fi raccolta per gli ebrei anziani, sia tedeschi che austriaci, destinati a morire per “cause naturali” in breve tempo.
In realtà il progetto iniziale venne immediatamente accantonato per concentrare tutti gli ebrei, senza distinzione di età, destinati ai campi di sterminio.
Le condizioni di vita a Theresienstadt divennero in poco tempo molto difficili: all’interno della “fortezza grande”, in un’area precedentemente abitata da poche migliaia di persone, furono costretti a convivere oltre 50.000 ebrei.
Il cibo era scarso, come del resto in ogni ghetto, in base a quanto stabilito dalle regole della “fame pianificata”.
Le medicine inesistenti rendevano la situazione ancora più drammatica, permettendo il diffondersi rapido di malattie di vario genere.
Nel 1942 morirono nel campo almeno 16.000 persone.
Il numero crescente di cadaveri da smaltire rese necessaria la costruzione di un crematorio all’interno della città.
Nonostante la minaccia quotidiana di deportazione e uccisione, i prigionieri del campo utilizzarono qualsiasi mezzo a loro disposizione per resistere a quella inumana situazione.
Scrittori, professori, musicisti e attori tennero conferenze, concerti e spettacoli teatrali.
Gli intellettuali del campo si adoperarono in ogni modo affinché tutti i bambini internati potessero continuare il loro percorso di studi.
In totale se ne contarono circa 15.000 fra bambini e adolescenti, che arrivarono nel tempo come singoli individui oppure accompagnati dalle famiglie. Un caso particolare fu quello dei 1260 bambini del ghetto di Bialystok, che rimasero nel campo solo sei settimane prima di essere trasportati ad Auschwitz Birkenau per essere gassati. Nessuno di loro sopravvisse.
A Theresienstadt nacquero circa 250 bambini.
Una volta compiuti 14 anni erano sottoposti al lavoro coatto. Nonostante la situazione precaria le autorità di autogoverno ebraico si impegnarono con ogni mezzo per dare una parvenza di normalità almeno alle loro vite.
A causa delle leggi razziali che prevedevano il divieto di frequenza della scuola, i bambini di Terezín seguirono le lezioni autogestite del ghetto. Quotidianamente si tenevano corsi ed altre attività culturali, tra cui spettacoli teatrali e musicali.
La comunità riuscì anche a pubblicare una rivista illustrata, Vedem, che si occupava di poesia e recensioni letterarie ed era completamente prodotta da ragazzi del ghetto.
Ma chi fece secondo me un lavoro davvero encomiabile fu l’insegnante d’arte Friedl Dicker-Brandeis, che creò una classe di arte per bambini: il risultato del suo lavoro straordinario furono oltre 4.000 disegni.
La maggior parte raffigurava soggetti semplici come farfalle, fiori o case di campagna, tutto quello che con semplicità li riportava i piccoli internati ai giorni in cui vivevano in libertà e potevano godere delle gioie di quell’infanzia che era stata loro sottratta con la violenza. Non mancavano i disegni con scheletri, fucili, soldati e cani come protagonisti, chi aiutavano i piccoli artisti ad esprimere tutte quelle sensazioni che per paura erano costretti a tenere soffocate.
Le ore passate nei laboratori di arte divennero ben presto fondamentali per circa 600 bambini.
Friedl prese l’abitudine di annotare le proprie osservazioni e le proprie sensazioni, sottolineando il valore grandissimo che avevano assunto quei momenti passati insieme. Nascose quelle piccole opere d’arte con cura in due valigie, per impedire che le varie ispezioni potessero in qualche modo distruggere quel prezioso tesoro.
Friedl e la maggior parte dei suoi bambini furono deportati nell’ottobre 1944. Finirono ad Auschwitz. Dopo la fine del conflitto vennero rintracciati solo i nomi di quattro sopravvissuti.
La collezione di disegni dei bambini di Terezín riuscì a scampare all’odio e alla distruzione e venne riscoperta dopo oltre 10 anni dalla fine della guerra. Oggi è gelosamente custodita al museo ebraico di Praga.
Nell’ottobre del 1943 arrivarono a Theresienstadt circa 500 ebrei provenienti dalla Danimarca.
Il governo danese esercitò molte pressioni sulle autorità del campo perché la Croce Rossa Internazionale potesse visitare il ghetto e verificare lo stato di salute dei residenti.
Adolf Eichmann decise di acconsentire alla richiesta.
Il 23 giugno 1944 alcuni rappresentanti della Croce Rossa Internazionale varcarono la porta di Theresienstadt.
Per eliminare l’impressione di sovraffollamento del campo e nascondere gli effetti della malnutrizione, 7.500 ebrei giudicati “impresentabili” vennero deportati ad Auschwitz.
Vennero costruiti falsi negozi e locali al fine di dimostrare la situazione di benessere di cui gli ebrei nel ghetto potevano beneficiare. Non mancò ovviamente l’esibizione dell’orchestra dei bambini….
Durante la visita vennero raccolte immagini che successivamente furono usate come video di propaganda per mostrare il benessere degli “abitanti” della città sotto la “benevolente” protezione del Terzo Reich.
Il ghetto fu presentato come “zona autonoma di insediamento ebraico”, “il modello” nazista di insediamento per gli ebrei da presentare al mondo.
Finito il clamore, alla fine di settembre del 1944 venne presa la decisione di liquidare il campo. Dal 28 settembre al 28 ottobre 1944 da Theresienstadt partirono 11 convogli che portano ad Auschwitz circa 18.402 persone, tra i quali moltissimi dei bambini del campo.
Per eliminare le prove delle migliaia di morti avvenute nel ghetto, fu ordinata la dispersione delle ceneri dei deceduti nel fiume, operazione che venne eseguita da una catena di donne e bambini durante la notte.
Per velocizzare la liquidazione del Ghetto nel 1945 si pensò di costruire una camera e gas nei sotterranei della “piccola fortezza “.
L’operazione non andò a buon fine grazie alla resistenza degli ultimi ebrei presenti nel ghetto.
Il direttore del campo cercò allora di trattare la resa, barattando le vite dei superstiti in cambio dell’impunità. Nel febbraio 1945, con gli alleati alle porte, a un treno con 1200 ebrei fu consentito di raggiungere il territorio svizzero, mentre il 15 aprile fu permesso il rimpatrio di 423 ebrei danesi sopravvissuti.
Il flusso di arrivi al campo non cessò neppure quando ormai l’esito della guerra era chiaro.
L’8 marzo 1945 un nutrito gruppo di deportati arrivò dall’Ungheria, mentre ai primi del mese di aprile sopraggiunsero dalla Slovacchia.
Nelle ultime settimane di vita di Theresienstadt 15.000 prigionieri arrivarono da altri campi, andando ad aggiungersi agli oltre 17.000 che già vi risiedevano.
Il 5 maggio il campo fu affidato alla Croce Rossa e cinque giorni dopo vi giunsero le truppe sovietiche.
Quello di Theresienstadt rappresenta secondo me un importante esempio di come la Resistenza veniva attuata in modi diversi. Non soltanto chi imbracciava il fucile o andava a combattere sulle montagne apparteneva alla Resistenza.
Erano Resistenti anche tutti coloro che non volevano soccombere all’oblio di quei giorni drammatici, alla morte, alla distruzione e alla volontà di chi voleva cancellare un intero Popolo. Grazie alle testimonianze di chi sopravvisse, ai disegni dei bambini, ai diari che vennero ritrovati, il mondo ha potuto conoscere l’orrore dell’Olocausto….
