Monte Massone: una salita tra le montagne di una vita passata

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Si racconta che nel medioevo e nei secoli successivi era noto con il nome di "Marcilia", denominazione di cui si riscontrano molte citazioni storiche nei documenti dell'epoca....

Ci sono escursioni conosciute, in quanto mete molto frequentate, che rivestono una particolare importanza se effettuate a seguito della lettura di un libro. 
È il caso della mia salita al Monte Massone.
Ero forse una delle poche persone a non esserci ancora mai stato, quindi ero già molto desideroso di salirci e ancor di più dopo aver letto il libro “Massone, la montagna dell’amicizia”.
Il testo, a cura di Lino Cerutti, ricco di storia e di aneddoti inerenti il Massone, è stato pubblicato nel 2022 per ricordare il centenario della posa della croce di vetta avvenuta nel 1921.
Il libro è un insieme di storie e personaggi legati alla croce e racconta quanto fosse difficile e faticosa la vita negli alpeggi; gli aneddoti in merito non mancano, pur lasciando spazio a cenni di carattere storico e ad alcune salite risalenti ai primi decenni del secolo scorso. 


Si racconta che nel medioevo e nei secoli successivi era noto con il nome di “Marcilia”, denominazione di cui si riscontrano molte citazioni storiche nei documenti dell’epoca.
Il nome Massone appare per la prima volta nel 1852. nella Grande Carta degli Stati Sardi in Terraferma.
Il monte Massone è la cima più alta della catena che separa la Valle Strona dalla bassa Val D’Ossola.
È detto anche montagna dell’amicizia, perchè solitamente, la prima domenica di agosto, viene organizzata la festa dell’amicizia, con una messa alla croce di vetta e pranzo nelle camere lungo il cammino di ritorno, per sancire l’unione dei diversi territori che qui si incontrano, appartenenti in parte all’Ossola e in parte al Cusio. 
Le vie per raggiungere il Massone sono molteplici.
La più corta per dislivello è partendo dall’Alpe Loccia, sopra Chesio di Loreglia, la cui strada per arrivarci con la macchina è molto stretta; si può raggiungere anche dall’Alpe Quaggione (Comune di Germagno), da Ornavasso, passando per l’Alpe Cortevecchio, dove c’è il rifugio CAI Gravellona Toce, oppure da Luzzogno da dove sono partito io con il mio gruppo CAI.


Molti anni fa, come si racconta nel libro, la via più battuta per salire al Massone, specialmente per chi non proveniva dalle zone limitrofe, era la salita da Ornavasso: non essendoci ancora la motorizzazione di massa dei nostri giorni, ad Ornavasso si scendeva dal treno diretto a Domodossola e si iniziava la salita. Una soluzione certamente comoda per la viabilità di allora, ma se ci pensiamo è una delle scelte più faticose in quanto dal paese fino alla vetta sono 2.000 metri di dislivello o quasi, quindi tanto di cappello a tutti coloro che ai tempi salivano lassù, per la fatica affrontata e per l’equipaggiamento disponibile, sicuramente non comodo e confortevole come quello di oggi. 
La nosra esperienza è stata ben diversa.
Siamo partiti da Luzzogno, paese in Valle Strona famoso per la festa della Madonna della Colletta che si celebra ogni 3 anni, su sentiero sempre ben segnalato, passando per la Cappella degli Alpini e l’Alpe Casalero, da dove si gode già di un’ottima vista sulla località di partenza. 
Superata una bella faggeta, si prosegue salendo la dorsale da dove in lontananza si vedono le baite dell’Alpe Pero. 
Si continua a salire fino a raggiungere l’Alpe Torriggia che, con la sua cappelletta, è l’ultimo alpeggio che si incontra prima della salita finale che porta in vetta, a quota 2161 mt. s.l.m. 
Al rientro scendiamo verso l’Alpe Campalero, altro alpeggio molto bello e panoramico, dove sorge anche una vecchia teleferica. Il percorso non è mai troppo difficile ma è piuttosto ripido, in quanto si perde quota molto rapidamente. 
Da lì discendiamo ulteriormente su percorso altrettanto scosceso fino a raggiungere l’Alpe Colle, dove inizia un tratto sterrato che ci conduce fino alla strada asfaltata e nuovamente a Luzzogno, concludendo così l’anello.
Il dislivello in salita è di 1450 metri. 
Aldilà dell’escursione in sé, consiglio davvero la lettura di questo libro perché ritengo che tutte le cose raccontate arricchiscano la nostra coscienza delle memorie del passato, in modo che queste non vadano perdute.

Articolo di Daniele Scarpulla

BIBLIOGRAFIA

Fotografie di  Daniele Scarpulla

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