Narges Mohammadi è stata condannata ad un totale di 10 anni e 8 mesi di carcere, a 154 frustate e altre sanzioni in due casi separati derivanti esclusivamente dal suo lavoro in difesa dei diritti umani.
E’ ingiustamente detenuta nella prigione di Shahr-e Rey, conosciuta anche come Gharchak, a Varamin, nella provincia di Teheran.
E’ in prigione per aver fondato e gestito “un movimento per i diritti umani che si batte per l’abolizione della pena di morte“.
Nata a Zanjan il 21 aprile 1972, è laureata in fisica all‘Imam Khomeini International University.
Già dai tempi dell’università, scriveva articoli a sostegno dei diritti delle donne e faceva parte del Gruppo studentesco illuminato. È vicepresidente del DHRC, Defenders of Human Rights Center, guidato da Shirin Ebadi, Premio Nobel per la Pace.
Nel 1999, dopo aver passato un anno in carcere per le sue critiche al governo iraniano, si è sposata con il collega giornalista Taghi Rahmani, arrestato più volte per il suo impegno sociale e attualmente rifugiato in Francia.
Narges entra in prigione per la prima volta nell’aprile 2010, per la sua appartenenza al DHRC.
Dopo un mese viene rilasciata per i suoi gravi problemi di salute.
Nel luglio del 2011 viene nuovamente perseguita con l’accusa di aver attentato alla sicurezza nazionale e aver fatto propaganda contro il regime.
Questa volta la pena è decisamente più pesante: condannata a 11 anni.
Fa ricorso e in corte d’appello le viene ridotta la pena a 6 anni.
Il caso ha attirato l’interesse e le critiche di mezzo mondo.
Amnesty International interviene in suo favore chiedendone l’immediato rilascio, che avviene il 31 luglio 2012.
Il 5 maggio 2015 Narges viene nuovamente arrestata con l’accusa di aver fondato un gruppo illegale che si batte contro la pena di morte, di aver messo in pericolo la sicurezza nazionale e di aver fatto propaganda contro il sistema.
In carcere il suo stato di salute si aggrava ulteriormente. Prende una decisione importante: nel gennaio 2019 inizia uno sciopero della fame per protestare contro il divieto di accesso alle cure mediche. Nell’ottobre del 2020 viene rilasciata.
Nel marzo 2021 scrive la prefazione all’Iran Human Rights, il rapporto annuale sulla pena di morte in Iran.
In un post del 24 maggio 2021 su Instagram, racconta di essere stata condannata a 2 anni e mezzo di prigione, 80 frustate e a due multe per avere svolto attività pacifiche sui diritti umani, mentre si trovava in carcere.
Il tribunale ha emesso la condanna perché ha partecipato, nel dicembre 2019, a un sit-in con le altre detenute del carcere di Evin, per protestare contro le uccisioni di manifestanti avvenute durante le rivolte scoppiate in tutto il paese nel novembre 2019.
Narges esprime il suo pensiero contro la pena di morte e denuncia di essere stata sottoposta a torture e maltrattamenti da parte di agenti e funzionari penitenziari, durante e dopo il sit-in pacifico.
Il 16 novembre 2021 viene arrestata mentre partecipava a un memoriale per Ebrahim Ketabdar, ucciso dalle forze dell’ordine durante le proteste del 2019.
Narges sta sempre peggio.
Le stanno deliberatamente negando l’assistenza sanitaria adeguata, come ritorsione per il suo pubblico impegno, come quello contro l’uso dell’isolamento nelle carceri.
Secondo quanto riportato da suo marito, il 23 giugno 2022 Narges è stata trasferita in ospedale, dopo aver avvertito difficoltà respiratorie e battito cardiaco irregolare. Da quando è tornata in prigione dall’ospedale, le sono stati negati alcuni farmaci prescritti dal medico che l’ha avuta in cura.
Le autorità le hanno già trattenuto i farmaci dal 21 aprile all’11 maggio.
Interpellata dai suoi legali sulla situazione in carcere, Narges racconta che il 3 febbraio, in seguito ad un attacco di cuore, il medico del carcere le ha negato un’assistenza sanitaria adeguata, mentre i funzionari dell’accusa le hanno impedito il trasferimento in ospedale fuori dal carcere per cure mediche urgenti, mettendo a rischio la sua vita. Solo dopo che la sua situazione è diventata critica, il 16 febbraio Narges viene trasferita in ospedale, dove subisce un delicato intervento chirurgico al cuore.
Contro il parere del medico e prima che si riprenda del tutto, dopo soli 3 giorni, le autorità la riportano in prigione.
Il 22 febbraio riesce ad ottenere un congedo medico, che dura fino al 21 aprile quando ritorna nuovamente in carcere per scontare la sua pena.
Le autorità carcerarie, nonostante la sua salute precaria, continuano a tenerla in condizioni crudeli.
Il suo caso ha nuovamente scosso le coscienze a livello internazionale.
Amnesty International sta facendo di tutto perché Narges venga rilasciata. Purtroppo ancora oggi le porte del carcere per lei restano chiuse.
Quello di Narges Mohammadi è l’ennesimo esempio di una donna che in Iran si batte per il bene comune e che viene inghiottita in un sistema fondato sulla negazione dei più elementari diritti civili.
