Iris Versari nacque a Portico San Benedetto in provincia di Forlì il 12 dicembre 1922 .
La sua era una famiglia di contadini che si era trasferita a Tredozio, nel podere Tramonto.
In giovane età, per aiutare i suoi genitori, venne mandata a servizio presso una famiglia facoltosa di Forlì.
Lì imparò a difendersi delle avance del padrone di casa che si era accorto della sua acerba bellezza.
Dopo l’armistizio del 1943 proprio a Tredozio si costituì una delle prime bande partigiane del Forlivese.
La sua famiglia di rese immediatamente disponibile per ospitare nella propria casa un gruppo partigiano.
Proprio per questo la loro abitazione venne incendiata il 27 gennaio 1944 dai nazifascisti.
In quell’occasione Iris riuscì a scappare, mentre suo padre, sua madre e due dei suoi tre fratelli furono arrestati. Il padre, processato e condannato a quattro anni di prigione, fu internato e morì in un campo di concentramento tedesco.
Dopo la fuga si unì alla banda partigiana comandata da Silvio Corbari, al quale si legò anche sentimentalmente.
Insieme condivisero la vita clandestina e molte azioni coraggiose.
All’alba del 18 agosto 1944, in località Ca’ Cornio, una frazione di Tredozio, la casa in cui lei e Silvio Corbari si erano temporaneamente rifugiati, insieme ad Arturo Spazzoli e Adriano Casadei, fu accerchiata dalle truppe nazifasciste.
Un delatore li aveva denunciati.
Iris era impossibilitata a fuggire a causa di una precedente ferita alla gamba.
Ma non per questo si arrese.
Uccise un milite nazifascista che aveva appena varcato la porta. Con i suoi compagni si difese strenuamente ma non potendo scappare, per non essere di ostacolo alla salvezza degli altri, decise di togliersi la vita.
Nonostante il suo sacrificio, Corbari, Spazzoli e Casadei vennero catturati e uccisi.
Il corpo senza vita di Iris, assieme a quelli dei suoi compagni, fu preso dai fascisti e appeso per spregio e monito alla popolazione che collaborava con i Partigiani, una prima volta sotto i portici di Castrocaro Terme e successivamente ad un lampione in piazza Aurelio Saffi a Forlì.
Il suo corpo ora riposa nel cimitero monumentale di Forlì.
Il 17 aprile 1976 le venne conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare dal presidente Leone, con la seguente motivazione: “Giovane di modeste origini, poco più che ventenne, fedele alle tradizioni delle coraggiose genti di Romagna, non esitò a scegliere il suo posto di rischio e di sacrificio per opporsi alla tracotante oppressione dell’invasore, unendosi ad una combattiva formazione autonoma partigiana locale. Ardimentosa ed intrepida prese parte attiva a numerose azioni di guerriglia distinguendosi come trascinatrice e valida combattente. Durante l’ultimo combattimento, circondata con altri partigiani in una casa colonica isolata, ferita ed impossibilitata a muoversi, esortò ed indusse i compagni a rompere l’accerchiamento e, impegnando gli avversari con intenso e nutrito fuoco, agevolò la loro sortita. Dopo aver abbattuto l’ufficiale nemico che per primo entrò nella casa colonica, consapevole della sorte che l’attendeva cadendo viva nelle mani del crudele nemico, si diede la morte. Immolava così la sua giovane vita a quegli ideali che aveva nutrito nella sua breve ma gloriosa esistenza.”
A lei va il nostro ricordo e la nostra riconoscenza.
