Elena Di Porto, la “matta” di Piazza Guidia deportata ad Auschwitz

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Elena aveva un temperamento decisamente ribelle. Non temeva niente e nessuno e questo suo carattere impavido la portò a schierarsi in modo spontaneo e senza pensarci troppo contro le ingiustizie la prepotenza dei forti in difesa dei deboli.....

Elena di Porto nacque a Roma l’11 novembre 1912.
Era figlia di Angelo di Porto e Grazia Astrologo. Aveva sei fratelli, Pacifico, Giacomo, Amedeo, Alberto, Mario e Vitale.
La sua famiglia era di umili origini, che negli anni visse momenti difficili a volte tragici.
Elena era cresciuta nel ghetto di Roma.
Era una ragazza allegra, spensierata e sicuramente un pochino strana.
Le piaceva il calcio, fumava, e sicuramente non disegnava menare le mani quando era necessario. Si era sposata a 18 anni e soltanto tre anni dopo e due figli aveva già deciso di separarsi.
Nel ghetto tutti sorridevano alle sue stranezze e anche dopo la sua morte di famiglia in famiglia ci si tramandava le sue stranezze. Era soprannominata Elenuccia “la matta”.
Elena aveva un temperamento decisamente ribelle. Non temeva niente e nessuno e questo suo carattere impavido la portò a schierarsi in modo spontaneo e senza pensarci troppo contro le ingiustizie la prepotenza dei forti in difesa dei deboli. L’introduzione delle leggi razziali causò grandi cambiamenti nella vita di tutti gli ebrei del ghetto.
Elena mal sopportava la nuova situazione, tanto che il suo comportamento non conforme alle nuove regole attirò l’attenzione della polizia e poi delle autorità fasciste.
Venne forzosamente ricoverata per quattro volte nell’ospedale psichiatrico di Santa Maria della Pietà, Per tenerla lontana dalle vie del ghetto in cui esprimeva tutto il suo dissenso nei confronti dei soprusi del regime fascista.
Veniva rilasciata quando i medici che l’avevano presa in cura ritenevano che fosse diventata ormai innocua.
E così Elena ritornava nelle strade del Ghetto, indossava i pantaloni, prendeva la sua bicicletta e faceva il giro di cinema teatro e luoghi di ritrovo degli ebrei Romani, per avvisare in caso di arrivo dei fascisti. Era solita fare da collegamento tra il Ghetto, Piazza Venezia e Largo di Torre Argentina.
Un giorno mentre era per strada vide alcuni fascisti intenti a schiaffeggiare un uomo ebreo. Elena non poté rimanere indifferente e immediatamente intervenne. Ne nacque una colluttazione con le camicie nere che causò il suo arresto. Elena venne così mandata al confino per anni, in diversi paesi del centro e del sud Italia. Le autorità la riconoscevano come “ebrea pericolosa e antifascista”.
Tornò a Roma solo dopo la caduta del regime e nell’estate del 1943, quando i tedeschi arrivarono nella capitale ed Elena si sentì nuovamente in dovere di reagire partecipando alle prime forme di resistenza. Venne catturata il 16 ottobre di quell’anno, Ma anche in quel caso la sua vicenda ebbe un risvolto particolare.
Mentre stava scappando per i tetti vide la cognata e i suoi tre figli caricati su un camion dai soldati nazisti. La nipotina la riconobbe e le chiese di non lasciarli soli in mano ai tedeschi. Elena non esitò, fermò il camion e si consegnò ai tedeschi, non pensando affatto che il suo gesto Le sarebbe costato la vita e che così avrebbe lasciato soli i suoi figli di soli 11 e 14 anni.
Pochi giorni dopo venne deportata insieme agli altri ebrei catturati quel giorno ad Auschwitz e da lì non fece più ritorno.
Finiva così tragicamente la vita di Elena di Porto, Elenuccia la matta del ghetto di Roma che con la sua sana follia aveva fatto di tutto per contrastare il regime fascista.

BIBLIOGRAFIA

– La matta di Piazza Guidia, Gaetano Petraglia, Giuntina 2022

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