La St. Mary’s Mother and Baby Home è una delle tante “case” che in Irlanda, tra il 1922 e il 1998, hanno ospitato ragazze madri con i loro bambini. In tutto il paese se ne contavano 18, ed erano gestite da ordini religiosi.
Le ragazze non sposate venivano inviate in questi luoghi per partorire in segreto, per salvare la facciata di rispettabilità della famiglia. La società irlandese di quel tempo, ottusa e falsamente e bigotta, non accettava i bambini nati fuori dall’ambito matrimoniale.
In maniera semplicistica venivano chiamate case per ragazze madri, ma in realtà non erano altro che l’anticamera dell’inferno.
Una commissione di indagine che facesse luce su quanto è accaduto in oltre mezzo secolo in quelle strutture, è stata istituita dopo che sono emerse notizie secondo le quali i resti di quasi 800 neonati e bambini erano stati sepolti in una fossa comune in una casa gestita da suore nella città di Tuam, nella contea di Galway.
Il governo irlandese non poteva certo ignorare queste voci e così ha dato il via ad un’indagine su larga scala che riguardasse proprio l’operato degli ordini religiosi nelle case per ragazze madri.
Ciò che è emerso è stato per tutti scioccante….
Sulla pagina web del Governo è oggi possibile scaricare l’ “Executive summary of the Final Report of the Commission of Investigation into Mother and Baby Homes”, un dossier di oltre 3.000 pagine, con informazioni, testimonianze e reperti raccolti in 6 anni di lavoro, che finalmente hanno gettato luce sugli abusi e sulle torture compiuti in Irlanda tra il 1922 e il 1998, anno della chiusura dell’ultima struttura, nelle case gestite da ordini religiosi in cui le ragazze andavano a partorire.
Lo scenario che si è aperto per gli investigatori è stato sorprendente. La prima cosa che è emersa è che chiunque entrava in questi istituti, soffriva irrimediabilmente di malnutrizione e malattie che spesso conducevano alla morte.
I dati pubblicati nel report rivelano che nell’arco di 76 anni sono stati circa 9.000 i bambini o i neonati morti in queste case, gestite prevalentemente da suore, a causa dei maltrattamenti e delle difficili condizioni di vita.
Dalla fondazione della prima “casa” nel 1922, alla chiusura dell’ultima, sono passate circa 56.000 giovani madri e circa 57.000 bambini. Le ospiti avevano un’età compresa tra i 12 e i 40 anni.
La maggior parte dei piccoli nati era “illegittima” e proprio per questo subì pesanti discriminazioni. Prima dell’introduzione dell’adozione legale nel 1953, i bambini che lasciavano le case di solito passavano da un istituto a un altro, senza trovare un’adeguata collocazione e d una famiglia che li accogliesse e amasse.
Il dato più sconcertante resta comunque l’altissimo tasso di mortalità infantile, notevolmente superiore a quello dei bambini legittimi. Basti pensare che fra il 1945 e il 1946 la mortalità neonatale nelle case madri era quasi il doppio della media nazionale.
Chi viveva nelle mother and baby homes soffriva di malnutrizione, malattie di ogni tipo e di miseria.
Molti dei bambini non riuscivano a sopravvivere agli stenti e ai maltrattamenti.
Una volta morti i loro corpi venivano disposti in modo sbrigativo e anonimo all’interno di fosse comuni, in maniera che la loro identità rimanesse segreta.
Ora che questa immane macchina della morte è venuta a galla, ci si interroga sulle colpe e sulle responsabilità di un sistema, che ha funzionato per oltre 70 anni, sotto l’occhio attento e vigile di una nazione timorata di Dio…
