Maria Peron, l’infermiera partigiana

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Maria c'era per tutti, non solo per chi combatteva per la libertà. Correva ogni volta che qualcuno aveva bisogno di lei, rischiando la vita.....

Maria Peron nacque a Sant’Eufemia di Borgoricco, in provincia di Padova, il 28 marzo 1915.
Rimase orfana del padre, che morì al fonte durante la Prima Guerra mondiale, in tenera età.
Durante l’adolescenza fu costretta a trasferirsi a Ravenna con la madre Enrica, due fratelli e due sorelle.
Appena le fu possibile iniziò a frequentare la scuola per infermiere presso la Scuola Convitto dell’ospedale Ca’ Granda di Milano, dove nel 1942 ottenne il diploma con eccellenti voti e una condotta impeccabile.
Terminati gli studi, andò a lavorare prima all’Ospedale Maggiore e poi all’Ospedale Niguarda, dove lavorò alle dirette dipendenze del primario di chirurgia in sala operatoria e riuscì ad acquisire una certa conoscenza nell’esecuzione degli interventi chirurgici.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 entrò in contatto con la Resistenza milanese, grazie ai rapporti che intraprese con alcuni prigionieri politici trasferiti a Niguarda dall’infermeria del carcere di San Vittore, che venivano trasportati con la diagnosi di febbre alta. In realtà quel malore era procurato dai medici del carcere, che facevano parte di un’organizzazione clandestina che li aiutava a fuggire con documenti falsi.
Cominciò così la sua collaborazione con i Gap. Aiutò nella fuga dall’ospedale ebrei e antifascisti, che poi espatriavano clandestinamente.
Nel giugno del 1944 i fascisti scoprirono l’organizzazione con cui collaborava Maria, che fortunatamente riuscì a sottrarsi alla cattura fuggendo da una finestra dell’ospedale. La sua fuga la porterà in Val d’Ossola, dove si aggregò alle formazioni combattenti.
Maria arrivò alle 3 di notte all’alpeggio di Orfalecchio, in Valgrande, dove la aspettava Dionigi Superti, comandante della divisione Valdossola.
Decise di seguirli nella loro battaglia.
Fu la prima donna ad unirsi ai partigiani nelle montagne dell’Ossola.
Il mattino seguente Maria venne condotta in una piccola baita dove giacevano alcuni feriti.
Viste le condizioni igieniche, pensò che quella non poteva essere un’infermeria.
Indossata una divisa ricavata dall’equipaggiamento militare, a cui aveva cucito una grossa Croce Rossa, cominciò ad organizzare i soccorsi, un ospedale da campo e a curare i Partigiani feriti.
Non si sottrasse neppure alla cura dei nazifascisti catturati.
Maria c’era per tutti, non solo per chi combatteva per la libertà. Correva ogni volta che qualcuno aveva bisogno di lei, rischiando la vita.
Durante i rastrellamenti della Valgrande del giugno 1944, che vedranno il sacrificio di molte persone, riuscì a portare in salvo i feriti che le erano stati affidati.
Fu proprio in quei giorni che Maria compì una delle sue imprese più grandi, prestando soccorso al partigiano Cesare Scampini, ferito nella battaglia di Ponte Casletto l’11 giugno.
Gli praticò una laparotomia in un fienile, a lume di candela, con pochi strumenti chirurgici a disposizione. La sua decisione salvò la vita al giovane.
Fra i vari feriti di cui Maria si occupò ci fu anche un uomo di nome Laurenti Giapparize, un georgiano prelevato con la forza dall’esercito tedesco e costretto ad arruolarsi, che dopo qualche tempo riuscì a fuggire e ad unirsi ai partigiani. Venne curato da Maria perché era stato ferito alla mano destra e alla spalla.
I due si innamorarono e di sposarono il 15 agosto 1945, nella piccola chiesa di Cicogna.
Ebbero due figli.
Maria finì la sua attività sul campo con la qualifica di medico di brigata.
Dopo la guerra cercò di tornare a lavorare all’ospedale Niguarda di Milano. La sua domanda venne rifiutata.
Rimase a vivere a Rovegro.
Trovò lavoro presso la radiologia della Mutua di Laveno.
La presenza di vecchi macchinari difettosi le causarono una malattia da radiazioni alle mani, che se la portò via il 9 novembre 1976, a soli 61 anni.
Della sua esperienza nella Resistenza disse: ” Malgrado i rischi non sparai mai un colpo”.

BIBLIOGRAFIA

  • Nino Chiovini, Val Grande partigiana e dintorni. 4 storie di protagonisti. Maria Peron, Dionigi Superti, Alfonso Comazzi, Gianni Cella, Verbania, Edizioni Margaroli, 1980.
  • M. Fini, F. Giannantoni, R. Pesenti, M. Punzo, Aldo Aniasi, Guerriglia nell’Ossola – diari, documenti, testimonianze garibaldini, Milano, Feltrinelli, 1975.
  • Amalia Frontali, Maria. Nata per la libertà, Verbania, Nua, 2021

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