La storia di Tosca Bucarelli, sopravvissuta alle torture della Banda Carità

Tempo di lettura: 5 minuti

Viste le sue gravi condizioni fu poi trasferita al carcere di Santa Verdiana. Per alcuni mesi attese l'esecuzione o la deportazione; il suo destino sembrava ormai segnato. Ma la sorte per lei aveva in serbo una sorpresa....

Tosca Bucarelli era nata a Firenze il 4 ottobre 1922.
Poco più che ventenne  era entrata a far parte dei GAP, Gruppi d’Azione Patriottica.
si era immediatamente distinta per il suo coraggio e la sua tenacia.
I suoi compagni La chiamavano affettuosamente “Toschina”.
L’8 febbraio 1944 Tosca e un altro partigiano, Antonio Ignesti, erano stati scelti per  sabotare il bar “Pawskowski”, ritrovo abituale di comandanti tedeschi e fascisti.
Erano entrati nel luogo di ritrovo affollato di soldati intenti a chiacchierare. Si erano seduti per consumare qualcosa  e mentre attendevano  il cameriere, avevano piazzato sotto il tavolo una bomba che Tosca aveva portato nella borsa.
Purtroppo la loro inesperienza o forse semplicemente il caso ha fatto sì che quell’ordigno non ben fissato, cadesse a terra. In fretta Tosca aveva ripreso la bomba e l’aveva rimessa nella borsa Ma qualcuno che aveva assistito  a quella strana scena, si era insospettito.
I due giovani si erano affrettati ad uscire dal bar ma purtroppo Antonio era stato fermato. Tosca non si era sentita di lasciarlo solo ed era tornata indietro per aiutarlo.
Nel parapiglia generale, Antonio era riuscito a scappare,  mentre lei era stata arrestata. da quel momento per “Toschina” erano iniziati dei giorni che purtroppo segneranno  tutto il resto della sua vita.
Venne condotta a “Villa Triste”, base della Banda Carità, dove rimase per molti giorni.
La picchiano, la torturarono e le procurarono lesioni gravissime.
Non ottennero da lei nessuna informazione.
Viste le sue gravi condizioni fu poi trasferita al carcere di Santa Verdiana.
Per alcuni mesi attese l’esecuzione o la deportazione; il suo destino sembrava ormai segnato.
Ma la sorte per lei aveva in serbo una sorpresa: il 9 luglio, i Gap guidati da Elio Chianesi e Bruno Fanciullacci, in divisa della Wehrmacht, liberarono “Toschina” e altre 16 antifasciste detenute.
Si sposò subito dopo la Liberazione di Firenze con il partigiano Roberto Martini, con cui ebbe 2 figli.
Durante un processo, nel dopoguerra, rilasciò la sua testimonianza di quei tragici giorni nelle mani della Banda Carità:
“Fui arrestata l’8 febbraio 1944 in Piazza Vittorio perché trovarono nella borsa una bomba che io avevo intenzione di mettere alla Birreria Pawskowski che era il ritrovo degli ufficiali tedeschi. Fui portata prima in via Maggio…
In via Maggio c’era la sede della 92° Legione g.n.r….
Mi picchiarono di santa ragione producendomi delle lesioni al fegato ed una diminuzione di vista o meglio preciso che tali lesioni che i medici mi hanno detto mi hanno lasciato postumi permanenti, mi furono causate sia dalle percosse ricevute in via Maggio che da quelle ricevute poi in via Bolognese….
Poi fui portata al Parterre in piazza Cavour; lì ci trovai Carità, Bechelli Nara, Perotto Mario, Chiani Emilia detta Milly…. ed un capitano tedesco.
Cominciò l’interrogatorio, o meglio, mi introdussero nella stanza di Carità il quale mandò via le donne tenendomi per 10 minuti nel suo ufficio. Poi mi fece portare in una stanza dove trovai la Milly la quale fingeva di essere anche lei un’arrestata e mi domandò il motivo per cui ero stata presa.
Risposi che mi avevano trovato a bere al caffè con un giovane. Anche lei mi disse che era stata arrestata perché trovata in compagnia di un partigiano. Io capii subito che stava facendo la commedia e mi mantenni riservata.
Allora Milly suonò un campanellino sotto una scrivania. Venne un milite al quale ella chiese di essere accompagnata fuori per andare al Gabinetto e lo disse ridacchiando. Uscita lei rientrarono dentro il Carità, Mario Perotto e la stessa Milly e cominciarono a picchiarmi.
Fu prima il Carità che mi dette due pugni poi siccome avevo il cappotto si accorsero che sentivo poco male ed allora mi fecero spogliare facendomi restare in sottabito, picchiandomi a più non posso. Il Capitano tedesco con la cinghia, Carità con un bastone quadrato; il Perotto Mario fu il più violento e credo sia stato lui a rovinarmi nella salute.
Mi ridussero in uno stato pietoso e sanguinante da tutte le parti.
Mi diedero dei colpi al fegato e questo fu proprio il Perotto.
Io per le torture subite cascai per terra. Poi la Nara Bechelli cominciò ad incitare gli uomini a picchiarmi dicendo che io non volevo bene ai tedeschi e mi prese per i capelli con la Milly…
Poi mi portarono a S. Verdiana. Per le mie condizioni al carcere fui ricoverata in infermeria e non poterono più trasportarmi per cinque giorni al parterre (…)”
Per il suo impegno durante la Resistenza ha ricevuto la Medaglia d’Argento al Valor Militare.
Negli anni successivi continuò la sua attività nell’ANPI.
È morta il 14 gennaio 2000, circondata dall’amore della sua famiglia.

BIBLIOGRAFIA

– https://www.anpi.it/biografia/tosca-bucarelli

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