I protagonisti di questa storia sono tre persone comuni, che decisero semplicemente di voler fare la differenza nel periodo forse più duro che la storia contemporanea della nostra Italia abbia conosciuto.
Giuseppina Panzica, Giovanni Gavino Tolis e Paolo Boetti si adoperano con tutti i mezzi che avevano a disposizione per favorire l’espatrio dei profughi ebrei e dei perseguitati dal nostro paese verso zone più sicure.
Fra il 1943 e il 1944 salvarono centinaia di ebrei aiutandoli a fuggire verso la Svizzera.
Giuseppina Panzica era una madre di origini siciliane. Dopo l’armistizio aderì al Gruppo clandestino Frama, acronimo dei cognomi di Ezio Franceschini e Concetto Marchesi.
Giovanni Gavino Tolis e Paolo Boetti erano due militari della guardia di finanza.
Insieme collaborarono con le organizzazioni antifasciste per favorire l’espatrio di chi a loro si rivolgeva.
I loro destini si incrociarono a Ponte Chiasso, un piccolo paese in provincia di Como.

Giuseppina viveva lì con il marito Salvatore Luca, un ex finanziere, in una casa con il giardino confinante con il territorio svizzero. Il loro grande cuore e la voglia di aiutare chi ne aveva bisogno diventò possibilità di salvezza per molti oltre che una via per far arrivare documenti importanti a chi era impegnato nella Resistenza. Da un buco nella rete del loro giardino molti riuscirono ad arrivare in Svizzera, scampando a un terribile destino.
Insieme svolsero la loro attività per circa un anno fino a che, scoperti dalla Gestapo nell’aprile del 1944, furono arrestati e deportati. Probabilmente su delazione anonima di qualche contrabbandiere della zona oppure di qualche collega finanziere di Tolis e Boetti rimasto fedele alla RSI, vennero imprigionati e pagarono a caro prezzo la loro voglia di fare la cosa giusta.

Furono portati prima nel carcere comasco di San Donnino, poi nella casa di detenzione di San Vittore, a Milano, dove rimasero fino al 9 giugno.
Da lì furono condotti al campo di concentramento di Fossoli. Il 24 giugno Tolis e Boetti partirono per Mauthausen.
Giovanni Gavino Tolis perse la vita a Gusen nel dicembre dello stesso anno.
Paolo Boetti rimase ai lavori forzati fino alla liberazione del 4 maggio 1945.
Giuseppina fu internata nel campo femminile di Ravensbrück. Subì violenze e sopportò indicibili torture. Sopravvisse perché una kapò, di origine slovena, la prese sotto la sua ala protettiva, e l’aiutò nei giorni immediatamente antecedenti alla liberazione.

Giuseppina e Paolo riuscirono a sopravvivere e a fare ritorno in Italia. La loro vicenda rimase a lungo sconosciuta fino al giorno in cui il colonnello Gerardo Severino, direttore del museo della Guardia di Finanza, decise di raccontare il loro impegno nella Resistenza.
Questa vicenda ci deve far ricordare tutti coloro che in quei tragici giorni sacrificarono silenziosamente la loro esistenza per il bene altrui, dimostrando al mondo fare la cosa giusta era possibile, ma che il prezzo da pagare era altissimo.