La storia che vi vorrei raccontare oggi, a differenza di quella di Saman, è andata a buon fine.
Qualche giorno fa alla caserma dei Carabinieri di Verbania è arrivata la telefonata, con richiesta di aiuto, di un giovane bengalese residente a Milano. Durante la chiamata Il ragazzo ha spiegato di essere stato contattato di nascosto da uno dei fratelli della sua fidanzata, per avvisarlo che la ragazza da qualche giorno era segregata in casa dal padre senza la possibilità di mangiare e di andare in bagno.
I carabinieri hanno tempestivamente raccolto la sua denuncia e sono andati a verificare quanto stava accadendo a Stresa, presso l’abitazione della ragazza.
Arrivati sul posto ad aprire la porta è stato il padre della giovane, sorpreso da trovarsi di fronte un ufficiale dei Carabinieri.
Fortunatamente la ragazza, seppur in brutte condizioni, è stata trovata viva.
Il padre, contrario alla sua relazione con un giovane di 23 anni della sua stessa nazionalità, aveva deciso di piegare la sua resistenza con la violenza.
Per lei aveva già organizzato un matrimonio combinato a cui la giovane aveva decisamente detto di no.
Visto che botte minacce non avevano avuto alcun effetto, l’uomo aveva deciso di chiudere in casa la figlia nella propria stanza da letto. Le consentiva di andare al bagno solo una volta al giorno, scortata da lui stesso. Non le dava cibo da cinque giorni. La giovane aveva potuto mangiare solo grazie al fratellino di 9 anni che le aveva portato di nascosto un po’ di riso.
Maniglie di porte e finestre erano state rimosse, le ante sigillate.
Ogni volta che la ragazza cercava di urlare e di farsi sentire, il padre la picchiava sempre più forte.
Infatti alla liberazione presentava evidenti segni di violenza, profondi lividi sul collo e sul corpo.
Un vicino, udite la due grida, aveva tentato di intervenire, cercando di entrare nell’abitazione, ma nessuno gli aveva aperto.
Poi finalmente la chiamata al 112 e il suo destino è cambiato.
La sua storia è simile a quella di molte giovani che si oppongono ai matrimoni combinati. Ma a differenza di altre, lei potrà andare oltre, cercando di rifarsi una vita.
Quell’uomo violento e prevaricatore che chiamava padre, è ora in carcere.
Lei è in una località protetta, i suoi fratelli, di 9 e 17 anni, in una casa famiglia. Forse potranno anche loro guardare ad un futuro diverso, andare a scuola, crescere liberi da condizionamenti.
La madre, in Bangladesh, forse non sa nulla, o forse sì….
Quello che conta ora è che quei giorni da prigioniera sono finiti, ora la giustizia deve fare il suo lavoro.
