Savino Grimaldi nacque a Torino il 27 novembre 1927.
Visse a Rivoli con la famiglia che era emigrata da Barletta qualche anno prima.
Quando l’Italia entrò in guerra Savino lavorava come manovale, per aiutare la famiglia.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre decise di dare il suo contributo alla Resistenza e cominciò a combattere contro i nazifascisti.
E così, 1 dicembre 1943, a soli 16 anni, Savino entrò nella 43 ª Divisione “Sergio De Vitis”, scegliendo il nome di battaglia “Silvio”.
Iniziò ad operare insieme alla sua divisione nella Val Sangone.
Nella primavera del 1944, i nazifascisti iniziarono una serie di rastrellamenti nelle valli del Piemonte.
Il 10 maggio, nelle valli del cuneese, un nutrito gruppo di soldati, per lo più fascisti arrivano in Val Sangone.
Iniziarono a risalire la valle mettendo dei posti di blocco. I Partigiani decisero di ripiegare verso le montagne. Savino e i suoi compagni si ritirarono in disordine.
Molti di loro furono uccisi durante la ritirata, in una serie di scontri armati.
In zona si trovavano altre formazioni partigiane, ma il coordinamento tra i vari gruppi era praticamente nullo.
La scarsità di armi e munizioni e la difficoltà nell’attraversare quella valle, stretta e impervia, non favorirono la fuga dei partigiani.
Braccati dai nazifascisti, si difesero come poterono, fuggendo verso le cime. Interi borghi, tra cui Forno di Coazze, venero dati alle fiamme e numerosi civili furono radunati e condotti a valle.
La Divisione “De Vitis” venne decimata. Il 19 luglio 1944, durante la notte, Savino venne sorpreso mentre dormiva in una baracca usata come riparo di emergenza, in zona “Pra dij grij”, prati dei grilli, poco lontano dalla strada principale.
Il ragazzo venne condotto nel vicino paese di Rivalta, dove un ufficiale tedesco diede l’ordine di impiccarlo sulla pubblica piazza, “per dare una lezione ai rivaltesi”.
In aiuto di Savino intervenne il parroco don Balma, che chiese che gli fosse risparmiata la vita, ma i tedeschi non accettarono neppure la richiesta di fucilarlo invece che impiccarlo.
Alle ore 12 del 20 luglio, dopo aver ricevuto i sacramenti, Savino venne impiccato al balcone di una casa del paese, alla presenza di numerosi abitanti, costretti ad assistere all’esecuzione.
Mentre stava agonizzando gli venne sparato il colpo di grazia.
In piazza furono portati dei banchi della chiesa parrocchiale. Fino alle ore 12 del giorno successivo i cittadini di Rivalta furono costretti a vegliare il corpo di Savino con la minaccia che, se qualcuno l’avesse portata via prima, per rappresaglia sarebbe stato incendiato il paese.
Il giorno successivo il corpo di Savino venne ricomposto in una semplice bara da suor Debora Comolli e sepolto nel cimitero di Rivalta alla presenza della sorella Elisabetta.
Il 26 gennaio 2001, Giornata della Memoria, l’Amministrazione Comunale ha intitolato a Silvio Grimaldi la Biblioteca di Piazza Martiri della Libertà.
