L’inferno di Treblinka: il “problema” dell’eliminazione dei cadaveri

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Ad organizzare la "questione cadaveri” a Treblinka fu direttamente Himmler... ordinò di riaprire tutti gli scavi e di incenerire i cadaveri che vi erano sepolti.....

I lavori per la costruzione di Treblinka iniziarono alla fine di maggio del 1942. Il campo divenne operativo a partire dal 22 luglio successivo. Era situato a 60 km da Varsavia, vicino a una zona scarsamente popolata e ricoperta da una folta vegetazione, con alti e imponenti alberi. Venne costruito, insieme a Chelmno, Belzec e Sobibór per accogliere gli ebrei provenienti dalla Galizia e  dai territori del Governatorato Generale nell’Europa dell’est.
Rimase in funzione solamente per 16 mesi e in un così breve lasso di tempo si stima che vennero eliminate fra le 750.000 e le 900.000 persone che finirono nelle 13 camere a gas alimentate  con il  monossido di carbonio.
Una parte degli uomini di origine ebrea rinchiusi a Treblinka furono scelti per diventare “ aiutanti” nelle attività del Campo. I Sonderkommando, così erano chiamati, presenti in buona parte dei campi di sterminio nazisti, a Treblinka avevano il compito di seppellire i corpi delle vittime in fosse comuni, che costituivano sicuramente un mezzo molto rapido ed economico per cancellare le tracce di ciò che avveniva all’interno del lager.
La stessa sorte toccò ai cadaveri di Chelmno, Birkenau e Sobibór fino all’estate del 1942, quando i nazisti si trovarono a dover affrontare i primi problemi. I gas prodotti dalla decomposizione fecero gonfiare il terreno nei pressi dei campi, rendendo più evidenti ed intercettabili le zone destinate alle fosse comuni. Ci furono problemi anche per quello che riguarda l’inquinamento delle falde acquifere, un inconveniente di non poco conto che si doveva al più presto risolvere.
Un ulteriore inconveniente che andava assolutamente affrontato era  costituito dal problema psicologico che secondo il dottor Linden, esperto del Ministero per la sterilizzazione, poteva insorgere nelle generazioni future, probabilmente non inclini a comprendere fino in fondo l’attuazione della soluzione finale.
Le soluzioni messe in campo fra il 1942 e il 1943 furono rapide ed efficaci. Come prima cosa occorreva distruggere qualsiasi traccia delle fosse comuni, dissotterrando i cadaveri; i resti dovevano essere distrutti utilizzando forni crematori, forni primitivi oppure più semplicemente fosse ardenti, che non erano altro che enormi buche scavate nel terreno in cui venivano stipati i  resti umani a cui si doveva dare fuoco.
Nella maggior parte dei campi l’eliminazione dei cadaveri fu organizzata nei minimi dettagli, in modo da ottenere sempre il miglior risultato con il minimo dispendio di energie e di denaro.
A Chelmno oltre ad usare pire e forni primitivi, si utilizzarono anche esplosivo, tritaossa e martelli per ridurre il volume dei mucchi di corpi. Il fiore all’occhiello nell’eliminazione delle prove dello sterminio di massa venne raggiunto ad Auschwitz, dove oltre ai forni crematori e alle fosse ardenti, venne ideato uno speciale scolatoio per evitare i problemi dovuti alla decomposizione.
A Belzec venivano bruciati all’incirca 2000 cadaveri al giorno ma nonostante questo non fu sufficiente per risolvere il problema tanto che vennero organizzati dei trasporti via treno con destinazione Treblinka.
Ad organizzare la “questione cadaveri” a Treblinka fu direttamente Himmler, probabilmente preoccupato di un eventuale scoperta delle fosse comuni: ordinò di riaprire tutti gli scavi e di incenerire i cadaveri che vi erano sepolti.
Per farlo venne utilizzato un escavatore che poteva recuperare un considerevole numero di corpi ogni volta, che poi andavano posizionati su  una gigantesca griglia fatta di vecchi binari recuperati. Era lunga circa 150 metri, fissata su basamenti in calcestruzzo e poteva reggere fino a 3.000 corpi, ammassati uno sull’altro dagli addetti allo “smaltimento”.
Un preciso segnale dava il via all’accensione di una torcia gigantesca che bruciava producendo una fiamma di dimensioni considerevoli.
Durante il processo Eichmann, uno dei pochi sopravvissuti all’inferno di Treblinka testimoniò che, mentre i corpi delle vittime delle camere a gas bruciavano, gli ufficiali del SS presenti al turno brindavano con del Brandy e con liquori scelti, mangiavano, festeggiavano e ridevano compiaciuti a quella scena, scaldandosi al fuoco di quell’enorme graticola.
Successivamente furono costruite altre griglie supplementari e vennero aumentate le squadre di servizio tanto ad arrivare alla cremazione di circa 10/12.000 corpi al giorno. .
La diretta conseguenza all’utilizzo di metodi tanto brutali fu l’eliminazione di tutti coloro che avrebbero potuto testimoniare  quanto avveniva all’interno dei campi: i prigionieri e i Sonderkommando che avevano riesumato i corpi vennero eliminati, mentre gli ufficiali delle SS che avevano eseguito le operazioni furono trasferiti in zone particolarmente pericolose.
All’inizio di agosto del 1943 i Sonderkommando in servizio nel campo si ribellarono all’orrore durante una rivolta. Alcune guardie naziste furono uccise e circa 200 prigionieri riuscirono a fuggire. Soltanto la metà di loro sopravvisse al successivo inseguimento. La ribellione fu sedata nel sangue.
A partire dal mese di ottobre dello stesso anno le camere a gas di Treblinka smisero di funzionare e gradualmente il campo venne svuotato. Alla fine di luglio del 1944 le truppe sovietiche si stavano pericolosamente avvicinando a Treblinka. Nel campo, ormai quasi vuoto, erano rimasti all’incirca 700 prigionieri ebrei. Le guardie naziste ci misero pochissimo ad ucciderli tutti e a procedere con la distruzione del lager. Il terreno su cui sorgeva venne spianato per lasciare posto ad una fattoria e ad un giardino, in modo che nessuno potesse trovare le prove di quanto era avvenuto.
Per molti anni i negazionisti affermarono che Treblinka non era mai esistito e che le testimonianze dei pochissimi sopravvissuti erano solo frutto della loro immaginazione. Ma l’ostinata ricerca delle prove dell’esistenza dell’inferno di Treblinka riuscì a riportare alla luce la verità su quel luogo e sulla tragica fine che fecero tutti coloro che ebbero la sfortuna di varcare la porta di quel campo di sterminio. A noi resta il dovere di ricordare che l’inferno in terra può esistere…

BIBLIOGRAFIA

  • Primo LEVI, I sommersi e i salvati, Torino, Einaudi, 1986
  • Raul HILBERG, La distruzione degli Ebrei d’Europa, vol. II, Torino, Einaudi, 1999
  • Marina CATTARUZZA, Marcello FLORES, Simon LEVIS SULLAM, Enzo TRAVERSO (a cura di), Storia della Shoah, UTET Libreria, Torino 2005, CD-ipertesto
  • Giovanni GOZZINI, La strada per Auschwitz. documenti e interpretazioni sullo sterminio nazista, Milano, Bruno Mondadori, 1996

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