Gennaro Capuozzo, il piccolo eroe di 11 anni della Resistenza napoletana

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Gennarino, così  lo chiamavano i suoi in famiglia, morì  il 29 settembre crivellato dalle schegge di una granata tedesca, mentre dal terrazzino dell’istituto delle Maestre Pie Filippini...

Ho già avuto modo di raccontare il  grande coraggio di molti giovani partigiani che a Napoli difesero, dopo l’armistizio del ’43, la loro città dalle angherie dell’esercito tedesco.
Oggi vorrei parlarvi  del piccolo Gennaro Capuozzo.
Gennaro nacque il 2 giugno 1932 a Napoli. Era un apprendista commesso.
La sua infanzia durò poco. Nel 1943 aveva da poco compiuto  11 anni  quando, dopo l’8 settembre, insieme a uomini, donne, bambini e vecchi, si trovò  coinvolto sulla linea del fronte della sua città,  fatto di barricate e attacchi all’ultimo sangue.
L’eroica resistenza napoletana, venne favorita da una radicata e diffusa cultura antifascista e dall’esasperazione della popolazione,  provata dai numerosi bombardamenti delle forze aeree angloamericane. Il tributo in termini di vittime fu elevato per la città  di Napoli: buona parte del tessuto urbano fu completamente distrutto, provocando la morte di oltre 22 mila persone.
La situazione si aggravò ulteriormente a causa della drammatica penuria di beni di prima necessità e del collasso di servizi essenziali come acqua, luce, gas  e trasporti.
A questo si aggiunsero le prepotenze e le violenze dei tedeschi,  che consideravano gli italiani  come traditori.
Il colonnello Walter Scholl, a capo delle truppe tedesche, per contenere i disordini, proclamò lo stato d’assedio, con istituzione del coprifuoco e l’ordine di consegnare ogni arma in proprio possesso, oltre alla minaccia di fucilare tutti coloro che si fossero resi responsabili di azioni ostili: avrebbero colpito 100 napoletani per ogni tedesco eventualmente ucciso.
Fu stabilito anche lo sgombero di tutta la fascia costiera cittadina sino ad una distanza di 300 metri dal mare, con lo scopo di creare una “zona militare di sicurezza”, in vista della distruzione del porto.
Migliaia di napoletani furono costretti ad abbandonare le proprie case in poche ore. Ma la goccia che fece traboccare il vaso, portando la situazione all’esasperazione, fu la chiamata al lavoro obbligatorio per tutti i maschi di età compresa fra i 18 e i 33 anni. Il vero scopo era di deportarli forzatamente nei campi di concentramento in Germania.
Alla chiamata risposero soltanto 150 uomini. La rappresaglia fu durissima. 
I napoletani esasperati, insorsero, sollecitati anche da Radio Londra e Radio Bari.  Il passaparola raggiunse ogni angolo della città, spingendo tutta la popolazione ad imbracciare le armi recuperate da caserme o abbandonate da militari in fuga. 
Ci fu chi, spinto dalla disperazione, si scagliò a mani nude contro i soldati che rastrellavano i quartieri, riuscendo a liberare i giovani destinati a essere deportati in Germania.
Era il 27 settembre. Così iniziarono le 4 giornate di Napoli, durante le quali la gente della città cercò di cacciare il nemico con ogni mezzo a disposizione, con barricate e veri e propri agguati, con armi improprie come bottiglie incendiarie, tegole e  mobili lanciati dalle finestre negli stretti vicoli della città. Fra loro c’era anche Gennaro.
Gennarino, così  lo chiamavano i suoi in famiglia, morì  il 29 settembre crivellato dalle schegge di una granata tedesca, mentre dal terrazzino dell’istituto delle Maestre Pie Filippini, in via Santa Teresa degli Scalzi, lanciava a sua volta ordigni esplosivi contro un gruppo di carri armati nemici.
Con lui caddero sul campo 152 persone.  162 furono i feriti, ma alla fine i Napoletani riuscirono ad imporre la resa al nemico.
Gennaro Capuozzo, fu il più giovane partigiano d’Italia, più piccolo di pochi mesi dell’altrettanto noto Ugo Forno, di cui ho già  scritto,  ucciso l’anno dopo.
Per rendere omaggio al suo coraggio, dopo la guerra fu assegnata alla madre di Gennarino, la Medaglia d’Oro al Valor Militare con questa motivazione: “Appena dodicenne durante le giornate insurrezionali di Napoli partecipò agli scontri sostenuti contro i tedeschi, dapprima rifornendo di munizioni i patrioti e poi impugnando egli stesso le armi. In uno scontro con carri armati tedeschi, in piedi, sprezzante della morte, tra due insorti che facevano fuoco, con indomito coraggio lanciava bombe a mano fino a che lo scoppio di una granata lo sfracellava sul posto di combattimento insieme al mitragliere che gli era al fianco. Prodigioso ragazzo che fu mirabile esempio di precoce ardimento e sublime eroismo”.
A lui sono oggi dedicate vie e scuole elementari in vari luoghi d’Italia, mentre un’iscrizione segnala a Napoli il luogo esatto della sua morte.

BIBLIOGRAFIA

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