Le tormentate vita e morte del poeta Shelley

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Le cose iniziarono a volgere in meglio quando il nonno di Percy morì lasciando al nipote una cospicua eredità....

Percy Bysshe Shelley, insieme a lord Byron e John Keats, è ritenuto il poeta romantico per eccellenza. Visse la sua vita sempre al limite. Allievo di William Godwin, si innamorò della di lui figlia Mary, che William ebbe dalla precedente moglie, Mary Wollstonecraft. I due si incontravano segretamente presso la tomba della madre di Mary, poiché Shelley era già sposato con Harriet Westbrook. Tuttavia Shelley corteggiava Mary senza remore, affermando che il matrimonio è un costrutto sociale oppressivo. Godwin non volle acconsentire all’unione dei due per salvaguardare il buon nome di Mary. La coppia, però, decise di fuggire portando con sé Claire Clairmont, figlia della nuova moglie di Godwin e quindi sorellastra di Mary. Da Calais giunsero nei pressi di Lucerna ma, rimasti senza soldi, tornarono in Inghilterra. Una volta in Inghilterra, Mary scoprì di essere incinta di Percy (così come in quello stesso periodo lo era Harriet, la moglie legittima di Percy). Percy si giustificò dichiarando di professare l’amore libero e invitò Mary a fare altrettanto. La figlia di Mary nacque prematura e morì in seguito a un attacco di convulsioni. A causa di questo, la donna piombò in una depressione profonda che la costrinse a letto per mesi interi. Le cose iniziarono a volgere in meglio quando il nonno di Percy morì lasciando al nipote una cospicua eredità. Successivamente, Mary diede alla luce un altro figlio, William. A maggio 1816 Mary, Percy e Claire partirono nuovamente per andare a Ginevra a incontrare lord Byron. Claire, in questa occasione, si frequentò con Byron e rimase incinta. Fu a Ginevra che Mary abbozzò il suo romanzo Frankenstein, ma questa è un’altra storia. Di ritorno a Londra, i due dovettero affrontare il suicidio della sorellastra di Mary, Fanny, e quello per annegamento di Harriet, moglie legittima di Percy. Nel 1816 Percy e Mary si sposarono e nel 1817 nacque Clara. Nel 1818 gli Shelley e il seguito (Claire e la figlia Alba Allegra, avuta da lord Byron) partirono per l’Italia per ritrovarsi a Venezia con Byron. In Italia, i due figli degli Shelley morirono: Clara a Venezia per dissenteria e William a Roma per malaria. Mary ripiombò nella depressione, ma sembrò riprendersi dopo la nascita di Percy Florence, nel 1819. Percy volle adottare una nuova neonata, Elena Adelaide, che si presume fosse figlia di Percy e Claire o di Byron e Claire o ancora di una delle scappatelle di Percy. Elena, tuttavia, morì a Napoli nel 1820. Nel 1822 Mary era ancora incinta, quando con il marito si trasferì a Villa Magni a San Terenzo, nei pressi di Lerici. Riporta Guido Biagi nel suo libro Gli ultimi giorni di P.B. Shelley, “‘Nessuna cornice’, scrive il Mantegazza, ‘poteva esser più splendida per il genio di Shelley, nessuna casa più degna del suo trascendente idealismo […]. Una casa antica, rozza, coi piedi nel mare e colle spalle difese da un monte sempre verde di pini e di lecci. Solitaria, forte come la base di una fortezza, con un terrazzo e un portichetto che conduce al mare. Più nave che casa, il mare entra come in cosa che gli appartiene nel portico, ne lambe le pareti e spesso manda il suo salso saluto anche agli abitanti del terrazzo e del primo piano. Queste selvagge carezze danno a quella casa, che ancora oggi si chiama Casa di Shelley, l’aspetto rugoso ed erpetico della faccia dei vecchi marinai. Ha le inferriate cariate come vecchio cacio, e sui mattoni corrosi serpeggia il nitro e scintilla il sal marino». Il poeta ne era entusiasta. «Io dimoro ancora in questa baia divina», scriveva, «leggendo drammi spagnuoli, vogando e ascoltando la più divina di tutte le musiche»'”.

Qui il gruppo venne raggiunto dalla notizia della morte per tifo di Allegra, figlia di Claire e Byron, che il padre aveva affidato al convento di Bagnacavallo per la sua istruzione. Alla notizia, Mary subì un aborto spontaneo. Fin dal suicidio di Harriet, l’acqua ha avuto su Shelley un’attrazione fascinatrice. Scrive sempre Guido Biagi: “Quei giorni di San Terenzo furono or tristi or lieti. Il poeta, quando non scriveva o conversava coi suoi, era sempre in mare. Il vecchio curato del paese, certo De Marchis, raccontava al Mantegazza che più volte i marinai stessi scongiurarono lo Shelley di non imbarcarsi quando il mare infuriava e il pericolo era evidente; ma egli respingeva ogni consiglio e si gettava nella barca per vivere in quell’elemento che doveva essergli tomba” o ancora “A San Terenzo, con una specie di sandolino fatto di tela e di canne, si affidava spensierato agl’instabili flutti”. L’8 luglio 1822, Shelley, che soggiornava temporaneamente a Livorno, partì a bordo della goletta Ariel con Edward Williams per fare ritorno a San Terenzo, ma l’imbarcazione fece naufragio e i corpi dei due vennero rinvenuti parecchi giorni dopo sulle spiagge della Toscana: a Migliarino Williams e a Viareggio Shelley. Il corpo di Shelley, cosparso di calce, venne inumato sul posto, come disposto dalla legge. Tuttavia, Edward John Trelawny, amico di Shelley, fece richiesta di esumare il cadavere per dare più degna sepoltura, ma ricevette il no delle autorità. Fece quindi richiesta di cremazione del cadavere sul posto, richiesta per la quale ottenne il nulla osta. Così, i cadaveri dei due naufraghi vennero dissotterrati e bruciati: per primo Williams a Migliarino, poi Shelley a Viareggio. Durante la cerimonia di cremazione, che suscitò non poco scandalo tra le genti del posto, Trelawny, Byron e altri amici gettavano sulla pira intrisa di balsami sale, vino, olio e incenso secondo l’uso greco. A quanto pare, le spoglie del poeta faticavano a bruciare, così come il cuore, che venne perciò strappato dal fuoco da Trelawny e consegnato a Mary in una scatola di legno. Sempre il Biagi ci dà nota di alcune testimonianze di quel giorno: “Il cadavere si squarciò, e il cuore apparve nudo. […] Le sole parti non consumate erano alcuni pezzi di osso, le mascelle, e il teschio; ma ci sorprese tutti il vedere che il cuore era rimasto intero. Nell’afferrare questa reliquia per cavarla dalla fornace ardente, ‘mi bruciai terribilmente la mano, e se qualcuno mi avesse veduto in quell’atto, sarei stato messo in quarantena’”. Un anno dopo la morte di Mary, quel cuore semicarbonizzato viene rinvenuto in un cassetto, avvolto in un fazzoletto di seta. Tuttavia, questo fatto è stato messo in discussione e relegato a leggenda. Forse Mary aveva conservato qualcosa che lei credeva fosse il cuore. Però il racconto dell’estrazione del cuore, come abbiamo visto, esiste. Forse proprio il cuore era calcificato per via di un evento tubercolotico. Oppure si ipotizza che fosse il fegato, intriso di acqua marina, che era diventato inattaccabile dal fuoco. Questa sorta di reliquia oggi non è più visibile perché è stata sepolta nel 1899 insieme alle spoglie di Percy Florence, l’unico figlio sopravvissuto di Mary e Percy.

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