Giovanna cammina sul marciapiede.
Ha appena preso il pane in uno dei posti dove ogni tanto si trova, se si è pronti e si sa dove andare. Cammina a passo spedito lungo via Labicana, che scende larga e luminosa verso il Colosseo.
È una ragazzina di 16 anni, ma in quegli anni a Roma non si può essere ragazzini, perciò in realtà è già quasi donna. Ha ancora l’incoscienza naturale della sua età, ma ormai da tempo anche la coscienza del pericolo, della paura, del sacrificio.
La giornata è chiara e luminosa, l’aria tiepida. Pochissimi rumori. Automobili, già rare, nessuna.
Ma che ci sia qualcosa nell’aria si sente da giorni, del resto è tanto che ormai a Roma ogni giorno accade qualcosa.
Non ha guardato il calendario prima di uscire, forse neanche lo aveva. Sa solo che ormai è giugno; e a Roma, a giugno, l’estate è già iniziata.
È il 4 Giugno del 1944.
Il Colosseo, le arcate aperte sul cielo, appare stanco. Soffre con la sua città e la sua gente da mesi in ostaggio dell’occupante, minacciata, torturata, inseguita, uccisa, affamata. Eppure, lì in fondo alla strada, si mostra sempre bellissimo. Per Giovanna e per tutti i romani, un motivo in più fra i tanti per voler continuare a vivere.
Il rumore dei motori è quasi improvviso. E’ ancora lontano ma nel silenzio rimbomba netto e minaccioso. Non sono aerei. Sono automezzi, camionette, camion.
Stanno arrivando da San Giovanni. Potrebbe essere un normale convoglio come ne passano tanti eppure c’è qualcosa di diverso. Come andassero più veloci, e non ordinati come al solito. E poi c’è un altro rumore insieme a quello dei motori, più intermittente e più sinistro.
Quando capisce che qualcosa che non va hanno già imboccato lo stradone. Li vede da lontano e distingue benissimo tutto, ha una giovane vista da lince. Jeep tedesche, inconfondibili. Ma diversamente dal solito, sembra stiano scappando inseguiti da qualcuno.
Ormai sono abbastanza vicini da distinguerne divise e facce. Il rumore che si sentiva erano raffiche di mitra. Staranno pure scappando, ma sventagliano con i mitra a destra a sinistra, verso i marciapiedi, incattiviti e feroci.
Capisce in un attimo che si trova proprio sulla loro strada, e che una di quelle raffiche è destinata a falciarla lì, sul marciapiede, proprio il giorno in cui Roma si prepara alla sua prima estate da città libera.
Rat-ta-ta-ta-ta-ta-ta.
La strada è lunga, dritta, e non ha traverse a portata di gambe. E allora fa la cosa che le riesce meglio, che le è sempre riuscita meglio.
Giovanna corre.