Favola dolce di Natale….

Tempo di lettura: 9 minuti

Lei non lo sapeva, ma ogni anno il suo papà organizzava un teatrino che avrebbe permesso alla bambina dai lunghi capelli ricci di ricordare quel giorno come il “più speciale” dell'anno.....

La storia che vi vorrei raccontare è qualcosa di particolare, a metà tra la realtà e la fantasia perché arriva dai ricordi di una bambina che ha vissuto molti Natali speciali.
In un piccolo paese allegramente adagiato fra le montagne alte e innevate, dove il sole in inverno arrivava solo per poche ore al giorno e dove la gente si chiamava ancora per nome, viveva una bambina dai lunghi capelli ricci a cui piaceva tantissimo il Natale.
Ogni anno aspettava con il cuore pieno di emozione il giorno in cui avrebbe fatto l’albero con tutte le decorazioni che le ricordavano i Natali passati con la sua famiglia, come quella con la piccola renna bianca posata su una foglia d’argento che le aveva mandato una cugina l’anno in cui era nata.
Lei sapeva che in quella notte magica tutto era possibile. I suoi desideri e quelli di tutti i bambini del mondo si sarebbero avverati.
La sua casa per il Natale si vestiva di luci e di colori e c’era sempre un gran viavai di amici e parenti che venivano a fare gli auguri, portando tante cose buone da mangiare.
Alla bambina piaceva quel turbinio di persone. Poteva durare anche una settimana anche se, qualche volta, le capitava di nascondersi sotto al tavolo della sala da pranzo per non dover baciare qualche zia che puzzava di fumo di sigaretta e che aveva un grosso neo peloso sul naso.
I giorni che precedevano la mattina di Natale erano tutti un gran lavorio.
La nonna faceva la sua speciale insalata russa, con le verdure tagliate a dadini precisi tanto da sembrare quasi dei pezzettini del Lego.
Il papà andava da un negozio all’altro, come una trottola impazzita, per comprare il panettone farcito, il torrone più morbido, i mandarini migliori, quelli che lui non aveva potuto mangiare per tanti anni perché la sua famiglia non se li poteva permettere.
La mamma lavava, inamidava e stirava le tovaglie del corredo e raccomandava alla bambina dai lunghi capelli ricci e a suo fratello di non macchiarle perché erano state ricamate a mano dalla nonna e sarebbero diventate il loro corredo in futuro.
Ma la cosa che preferiva era aspettare che la slitta di Babbo Natale si fermasse davanti a casa sua.
Lei non lo sapeva, ma ogni anno il suo papà organizzava un teatrino che avrebbe permesso alla bambina dai lunghi capelli ricci di ricordare quel giorno come il “più speciale” dell’anno.
Sul vialetto di casa, con qualcosa di misterioso, lasciava le impronte degli zoccoli delle renne di Babbo Natale e, in un angolo sotto ad una pianta, metteva un mucchio di fieno perché così, le diceva, stanche ed affaticate, avrebbero potuto mangiare qualcosa mentre Babbo Natale lasciava i suoi regali.
E per Babbo Natale?
Babbo Natale avrebbe trovato qualcosa in casa da mangiare?
Ma certo che sì, come in ogni notte magica, lui avrebbe mangiato nella casa di tutti i bambini del mondo, senza fare indigestione e senza ingrassare.
La mamma lasciava per lui una grande tazza di latte caldo e fumante, una delle innumerevoli che avrebbe bevuto durante il suo giro di consegne, con una fetta di pandoro e qualche biscotto. La bambina la osservava “dubitosa” mentre preparava quello spuntino speciale e ogni volta le domandava: “Mamma…Come fai a sapere che gli piace il pandoro e non il panettone?”
“Lo so, lo so, ricordati che le mamme sanno sempre tutto, come quando esci per andare a giocare sulla neve e io so prima che tu vada che nasconderai la berretta e i guanti nella siepe della nonna.”
Forse era magica anche lei, come Babbo Natale, perché era proprio vero, la sua mamma sapeva sempre tutto, anche quando la bambina dai lunghi capelli ricci la combinava grossa. Come quella volta, una vigilia di qualche anno prima, in cui aveva deciso di assaggiare di nascosto le ciliegie sotto grappa fatte dalla nonna.
E le aveva mangiate tutte, ma proprio tutte, compresi i noccioli.
Erano buone, succose e piene di zucchero, ma soprattutto erano molto alcoliche.
Non erano bastate le preghiere che aveva detto a messa per farle passare il mal di pancia, la nausea e quello strano capogiro che le faceva vedere le luci della chiesa come lucciole danzanti.
La mamma se n’era accorta subito mentre il papà le diceva: “Forse sarà influenza…”
La bambina dai lunghi capelli ricci ricordava ancora di aver fatto, quella notte, la strada, per mano alla mamma, dalla chiesa a casa quasi volando. Come per magia i suoi piedi non toccavano terra; mentre lei la sgridava, la bambina fluttuava fra la neve chiedendosi se Babbo Natale e le renne fossero già atterrate nel suo giardino.
E anche quell’anno, la bambina dai lunghi capelli ricci aspettava la notte di Natale e l’arrivo della slitta.
Ma quella sera il tempo non passava mai, scorreva lento come a scuola quando la maestra Elsa spiegava grammatica e lei guardava il picchio sulla pianta di susine nel cortile che faceva un grande buco nel tronco.
La nonna stava ancora preparando gli antipasti, la mamma asciugava i piatti mentre suo fratello mangiava cioccolata guardando la TV.
Il papà era andato in cantina a prendere la legna da mettere nel camino il giorno dopo. La bambina si annoiava, leggeva e sfogliava avanti indietro il libretto del Gesù Bambino di Arenzano, tutto impiastrato di pastina, quella che lei, senza farsi vedere, sputava tra le pagine del libro quando non le andava più di mangiarla.
Ma qualcosa all’improvviso era successo.
Uno strano rumore dalla soffitta aveva fatto alzare la testa a tutti.
Persino il loro gatto, un grosso e assonnato siamese dagli occhi blu come il cielo, si era svegliato dal suo profondo sonno.
Solo la bambina aveva capito: quell’anno Babbo Natale non sarebbe atterrato nel vialetto, ma sul tetto.
E così era corsa in fretta al piano superiore, aveva spalancato la finestra della sua camera da letto e guardato verso il tetto. Nessun rumore, nessuna slitta, nessuna renna, solo la neve che lenta e silenziosa scendeva dal cielo.
Le campane della chiesa avevano suonato i loro rintocchi, erano le 20:30.
Forse era troppo presto perché Babbo Natale arrivasse, forse quell’anno avrebbe fatto un altro giro e sarebbe passato prima dai bambini del paese vicino.
In quel momento il campanello aveva suonato due volte.
Chi poteva essere a quell’ora se non lui, doveva essere per forza Babbo Natale.
La bambina era corsa veloce giù per le scale e con tutta la famiglia, compreso il papà, riapparso dalla cantina senza legna, era uscita nel vialetto davanti a casa.
Anche quell’anno Babbo Natale aveva scelto il suo giardino per atterrare: c’erano i magici segni degli zoccoli, la paglia era stata mangiata, e c’erano pure i segni della frenata della slitta… Quella notte a differenza delle altre però Babbo Natale aveva perso qualcosa: una busta chiusa con un grande cuore rosso sul davanti.
La bambina dai lunghi capelli ricci aveva raccolta la busta e aveva letto che il mittente era proprio lui, Babbo Natale, e che il destinatario della lettera era lei. Quando l’aveva aperta aveva letto queste parole:
“Cara bambina dai lunghi capelli ricci, ti ho osservata tutto l’anno e non sempre sei stata buona ed ubbidiente. Ogni tanto hai combinato qualche guaio, qualcuno piccolo, qualcuno grande, come quella volta che hai spelato completamente dalle foglie la pianta di ficus della nonna e le hai tagliate a striscioline per farne insalata. Devi essere più rispettosa delle regole, devi ubbidire alla mamma, al papà, alla nonna, devi sopportare un po’ di più tuo fratello anche quando diventa dispettoso ma, soprattutto, non lo devi mordere se ti fa arrabbiare. Ci ho pensato tanto e sono giunto alla conclusione che comunque sei una brava bambina che merita il regalo che le ti per fare. Vai a vedere sotto l’albero e vedrai che c’è qualcosa per te. Ricordati di essere buona perché l’anno prossimo tornerò con tutte le mie renne a trovarti. Con affetto, Babbo Natale. P.S: la mamma ha ragione, preferisco il Pandoro… “
La bambina in quel momento era talmente felice che aveva smesso di respirare e le era venuto il singhiozzo. Era corsa in casa. Sotto l’albero aveva trovato un pacco speciale, avvolto in una scintillante carta color oro e con un grosso e morbido fiocco rosso.
Via il fiocco, via la carta, e dentro a una scatola dal coperchio trasparente aveva trovato lui… il Cicciobello. Lo aveva desiderato così tanto, che in quel momento era scoppiata a piangere, stringendolo forte fra le braccia. La bambina dai lunghi capelli ricci era davvero felice perché in quella notte magica aveva avuto tutto quello che desiderava.
Un albero scintillante, la sua famiglia riunita attorno a lei, il suo gatto addormentato sulla mensola sopra il calorifero, una lettera e la visita di Babbo Natale, il Cicciobello, quello stesso a cui dopo due giorni lei avrebbe tagliato i capelli per vedere come stava.
La bambina dai lunghi capelli ricci non ha mai dimenticato quel Natale speciale e tutti i Natali che sono venuti dopo nella sua famiglia.
Oggi quella bambina è cresciuta, è diventata una donna dai lunghi capelli ricci a cui il Natale fa sempre battere il cuore, anche se per tanto tempo ha perso il sapore e la magia di quelle notti.
La sua mamma e suo papà sono volati in cielo, hanno raggiunto la nonna, suo fratello è andato a vivere lontano e la slitta con le renne di Babbo Natale non sono più atterrate nel suo vialetto.
A lei sono rimasti i ricordi e le palline sull’albero, una speciale per ogni anno vissuto. Ancora oggi la bambina dai lunghi capelli ricci, diventata una donna, ogni anno compra una pallina speciale da mettere sull’albero di Natale, a cui è legato un nuovo ricordo.
In cuor suo spera sempre di poter ricreare la magia di quelle notti passate ad aspettare l’atterraggio della slitta di Babbo Natale nel vialetto di casa, perché dentro di lei quella bambina dai lunghi capelli ricci è sempre rimasta uguale.

BIBLIOGRAFIA

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