Claustra Son Jon a Müstair, dove ancora vive l’arte carolingia

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La leggenda dice che, nel 774, un giovane Carlo Magno da poco incoronato re dei longobardi, proveniente da Pavia e diretto ad Acquisgrana, mentre attraversava il vicino passo dell’Umbrail, venne sorpreso da tempesta di neve...

Il convento di San Giovanni Battista in Santa Maria in Müstair si trova nel Triangolo Retico, il lembo di terra più orientale del Canton Grigioni, quello che nell’Alto Medioevo era delimitato dai bavari a nord‐est, dai franchi a nord‐ovest e dai longobardi a sud.

Si tratta comunque di un complesso di indiscussa antichità: gli edifici più vecchi del monastero esistono dall’VIII secolo. La leggenda dice che, nel 774, un giovane Carlo Magno da poco incoronato re dei longobardi, proveniente da Pavia e diretto ad Acquisgrana, mentre attraversava il vicino passo dell’Umbrail, venne sorpreso da tempesta di neve, dalla uscì miracolosamente indenne. Per la grazia ricevuta, il sovrano decise di fondare il monastero e di donarlo alla Val Müstair. Tanto è importante la figura di Carlo Magno che ogni anno il 28 gennaio a Müstair se ne ricorda la morte. Ancora oggi, accanto all’altare maggiore della chiesa, è posta una statua di stucco raffigurante Carlo Magno, rinvenuta durante i restauri. I recenti studi dendrocronologici che hanno interessato le travi dell’edificio avvalorano la datazione all’epoca carolingia. Ora, leggenda o meno, di sicuro la posizione del Monastero di San Giovanni era strategica a livello politico e commerciale, data la sua vicinanza al valico che portava verso il Tirolo (e quindi sulla strada che raggiungeva l’odierna Germania) e all’Umbrail, che lo metteva in comunicazione con l’alta Lombardia. Inizialmente furono monaci benedettini a insediarsi nel monastero per poi lasciarlo, intorno al 1200, alle suore del medesimo ordine. Dunque, a parte un breve periodo durante le guerre napoleoniche in cui il monastero venne utilizzato a scopo militare, la regola di San Benedetto a Müstair viene osservata da più di 1200 anni. Inoltre, dal 1983 è inserito nel Patrimonio mondiali dell’Unesco.

La scoperta degli affreschi carolingi avvenne per puro caso, nel 1894, quando furono trovati nel sottotetto della chiesa rimanenze di pittura murale dell’alto medioevo, raffiguranti scene bibliche della vita di re David e dell’ascensione di Cristo. La ripartizione delle pitture murali carolingie è più visibile sulla parete settentrionale. I dipinti si compongono da cinque registri e un reticolo con cornici rettangolari in cui sono rappresentate singole scene. Oggi il contrasto tra i colori predominanti delle scene, i rossi e le terre, ci appare molto sbiadito, ma ancora dà testimonianza della loro luminosità, plasticità e colore originali. I cinque registri delle pareti laterali raffigurano episodi biblici. Il primo, situato sopra le volte, ripercorre la storia di re Davide. I tre registri centrali descrivono la vita di Gesù, richiamando gli episodi del Nuovo Testamento. Dall’alto verso il basso si trovano immagini dell’infanzia, dei miracoli, degli insegnamenti e della passione di Cristo e più sotto, quasi completamente rovinate, scene degli atti e del martirio degli apostoli.

l registro superiore della parete orientale, sopra le absidi, coperto dalle volte, è occupato da un’ampia Ascensione. Le absidi accolgono temi particolarmente ricchi che si prestano a essere letti come un trittico, partendo dal centro verso i lati e dall’alto al basso. Nelle tre calotte figura il Cristo, non più nella sua manifestazione storica, bensì al vertice del suo attuale regno cosmico. Al centro, nella mandorla, compare sul trono, in gloria, circondato dai simboli dei quattro evangelisti e dai cori degli angeli. Nella calotta nord, Cristo consegna agli apostoli Pietro e Paolo due chiavi e un libro, affidando così loro simbolicamente la guida della Chiesa. Nel catino dell’abside sud una croce gemmata con un medaglione con il busto del Messia raffigura la vittoria di cristo sulla morte. Nei registri inferiori delle absidi sono raffigurate scene delle vite dei santi ai quali sono consacrati gli altari: Giovanni Battista al centro (precursore di Cristo), Pietro e Paolo a nord (capi della Chiesa romana) e Stefano (primo martire). La parete ovest ospita il ritorno del Figlio di Dio e il Giudizio Universale.

Lo stile pittorico degli autori dei cicli d’affreschi risulta molto originale, poiché segue diverse correnti artistiche: quella bizantina e apocrifa, la tardo romana e medioevale. Nonostante la commistione di più stilemi, il tratto e la narrazione non mancano di originalità, che fa di questo ciclo un unicum nel panorama artistico coevo. L’origine di questi cicli pittorici è comunque ancora molto discussa e la critica al riguardo è abbastanza articolata. Sono due le principali correnti: Marèse Sennhauser‐Girard fa risalire al vescovo Remedius (circa nell’800) un verosimile patrocinatore, mentre Adolf Weis ipotizza un principio dai dipinti di Castelseprio (circa negli anni 750-60). Quest’ultima ipotesi fa pensare che a Müstair avesse lavorato un maestro lombardo o che comunque aveva conoscenza diretta di quelle esperienze pittoriche.

Fanno inoltre parte del complesso del monastero la chiesa carolingia di Santa Croce, triabsidata, e la torre Planta, torrione squadrato eretto nel 960 dal vescovo Hartpert di Coira, con funzioni di difesa ed alloggio. Solo successivamente assumerà il nome di torre Planta, dal cognome della badessa Angela Planta che si occupò della sua sistemazione in stile tardo-gotico dopo che nel 1499 un violento incendio ne distrusse completamente gli interni.

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