29 settembre 1944… la storia della famiglia Luccarini, sterminata nella strage di Monte Sole

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Fu così che il Il 29 settembre, alle 5 di mattina, mentre Antonio era di pattuglia, e stava salendo verso Monte Sole, vide i primi fuochi di case bruciate verso la Creda e Cadotto.....

Gaetano Luccarini era sposato con Maria Tonelli.
Avevano 7 figli: Prima, Imelde, Aldo, Antonio, Albina, Luigi, Anna, Rita, Cesare.
Nel 1940 entrò a far parte della loro grande famiglia anche il piccolo Carlo Bertucci, un bambino affidato ai Luccarini dalla madre.
Gaetano e Maria erano contadini.
Nel 1940 si stabilirono tutti alle Calvane, un podere di proprietà della Chiesa, vicino a San Martino, nell’altipiano di Monte Sole.
Vivevano in una casa rurale, con una grande cantina, una stalla, un fienile, un pollaio e un forno.
Coltivavano la terra, avevano vigna e alberi da frutto. Con quello che ricavavano dal loro lavoro mantenevano la propria famiglia ed aiutavano la cognata di Gaetano, rimasta vedova molto presto.
Le due sorelle più grandi,  Prima e Imelde, lavoravano a Bologna come domestiche.
Quando nel 1943 iniziarono i bombardamenti, ritornarono a casa con i loro genitori.
Aldo, il più grande dei figli maschi, era impegnato al fronte,  ma   dopo l’armistizio dell’8 settembre, ritornò anche lui al podere dei genitori.
Dal gennaio 1944 entrò  a far parte  della Brigata Stella Rossa, la formazione partigiana locale.
Antonio lavorò nella TODT, un’organizzazione tedesca che costruiva le infrastrutture per l’esercito. 
Dal giugno del 1944 entrò anche lui nella Brigata Stella Rossa.
Nel frattempo, nel 1943 Imelde si era sposata con Bruno Monari. Lasciò la casa dei genitori per andare a vivere con la famiglia del marito. Resosi disponibile nuovo spazio al podere, i Luccarini decisero di ospitare alcuni sfollati provenienti da Bologna,   inclusa la famiglia del parroco don Ferdinando Casagrande. Nell’estate ’44, l’altopiano di Monte Sole era sotto il controllo dei partigiani della Brigata Stella Rossa. Nello stesso periodo la linea del fronte si stava avvicinando pericolosamente. L’esercito tedesco aveva la necessità sempre più impellente di bonificare l’area, ritenuta strategica per la propria difesa.
Fu così che il Il 29 settembre, alle 5 di mattina, mentre Antonio era di pattuglia, e stava salendo verso Monte Sole, vide i primi fuochi di case bruciate verso la Creda e Cadotto.
Corse immediatamente a dare l’allarme al comando della sua compagnia.
Nello stesso momento Aldo si trovava sopra San Giovanni. Si accorse che  i nazisti stavano salendo verso l’altopiano.
Tutti cercavano riparo in un posto che potesse salvarli dalla furia dei nazisti, ma ormai non c’era più scampo.
Gaetano andò nel bosco, sotto il cimitero di San Martino, insieme alla famiglia di Don Casagrande.
Maria, con i figli più piccoli, si rifugiò nella chiesa di San Martino.
Il parroco Don Ubaldo, dopo una benedizione, si diresse verso la località di Casaglia.
Dopo pochi minuti arrivarono a  S. Martino dei soldati appartenenti alle SS.
Urlavano minacce, mostravano le armi… dopo poco si ritirarono.
A sera,  non vedendo pericoli, Maria decise di passare la notte in chiesa con i figli più piccoli.
Imelde, convinta dalla suocera, cercò riparo nel bosco, ma la mattina del 30 settembre decise di tornare indietro per convincere la mamma a seguirla con tutti i suoi fratelli nel bosco. Ma non ci riuscì.
Portandosi dietro il cognato, semi paralizzato, la giovane decise di andare verso il Poggiolo,  per cercare un posto dove trovare riparo.
Verso le 12 Aldo, nascosto nel bosco, vide le SS circondare il borgo di San Martino. Corse verso la chiesa, ma ormai era troppo tardi.
I soldati avevano radunato tutti quelli che erano riusciti a trovare. Qualcuno improvvisamente urlò qualcosa dal gruppo e così uno dei tedeschi, impugnando una pistola, si avvicinò a un ragazzo che zoppicava e gli sparò. Il giovane si chiamava Dante Paselli. Cadde a terra, senza vita.
Sua moglie, con il loro figlio in braccio, corse verso di lui, mentre un altro soldato, con un colpo solo, uccise lei e il piccolo.
Le SS radunarono tutti i contadini del borgo nell’aia della famiglia Lorenzini.
Aprirono il fuoco.
Mitragliatrici, pistole….. e poi il fuoco…
Fra loro, stretti uno all’altro c’erano Maria e i suoi figli, Prima di 24 anni, Albina di anni, Anna e il suo gemello Luigi di 12 anni,  Rita di 9 anni, Cesare di 6 anni  e il piccolo Carlo Bertucci, il bambino di 4 anni che gli era stato affidato.
Della famiglia Luccarini sopravvissero solo Gaetano e i figli Aldo, Antonio e Imelde.
Oggi sono proprio loro, con i nipoti, a ricordare quel tempo e gli accadimenti di quel giorno.
I resti dei loro cari, periti durante la strage di Monte Sole sono oggi custoditi nel sacrario di Marzabotto.

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