Kindertransport: i treni della speranza

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Il primo gruppo di giovani profughi arrivò ad Harwich da Berlino il 2 dicembre 1938, solo 3 settimane dopo  la notte dei cristalli...

Fra il 9 e il 10 novembre 1938 ebbe luogo la notte dei cristalli, un evento che segnò profondamente la popolazione ebraica del Terzo Reich.
Dopo quei drammatici eventi, che resero perfettamente l’idea della ferocia con cui gli ebrei sarebbero stati trattati, l’opinione pubblica europea si  mosse per cercare di salvare almeno i più piccoli.
Il 15 novembre una delegazione di leader britannici, composta da ebrei e quaccheri, fece appello al Primo Ministro del Regno Unito perché venisse avviato un programma di soccorso per i bambini, finanziato da varie organizzazioni. Il 18 novembre la Camera dei Comuni discusse ed approvò un programma, affidato alla direzione di Norbert Wollheim, che prevedeva la rimozione dei controlli sull’immigrazione da alcuni paesi per i bambini.
Si cercò anche di estendere l’iniziativa agli Stati Uniti, ma il rifiuto da parte del Congresso fu categorico e giustificato con l’assunto che …ospitare bambini senza i genitori sarebbe contro le leggi di Dio…
La Gran Bretagna si organizzò velocemente: il piano prevedeva di trovare una famiglia disponibile ad ospitare un bambino e di finanziare le spese di viaggio e di soggiorno. A farsi promotrici dell’iniziativa furono alcune organizzazioni umanitarie, che intervennero per evitare che i piccoli rifugiati diventassero un onere finanziario per il pubblico. Inoltre, per ciascun ospite era previsto il versamento di una somma minima di denaro, per garantirne, una volta finita l’emergenza, il ritorno in  patria.
L’organismo che coordinava tutte le operazioni era il “Movimento dei bambini rifugiati” (RCM), costituito prevalentemente da volontari.
Il 25 novembre la BBC trasmise, per la prima volta, un appello radiofonico ai cittadini britannici perché offrissero ospitalità ai bambini, raccogliendo in pochi giorni oltre 500 richieste.
Le adesioni arrivarono immediatamente, tanto che non ci fu il tempo di verificare con troppa attenzione le famiglie che rispondevano. Era sufficiente che le case sembrassero pulite e i componenti del  nucleo rispettabili.
Il governo Inglese inviò in  Germania  e Austria rappresentanti che avevano il compito di stabilire criteri di scelta che permettessero di rendere le operazioni di trasferimento il più rapide possibile.
E fu così che i genitori iniziarono ad iscrivere i propri figli al programma. I primi ad essere inseriti furono i bambini orfani, quelli con problemi economici e i figli dei perseguitati politici, ma alla fine nel trasporto furono inclusi tutti  i bambini che le famiglie volevano mettere in salvo.
Il governo tedesco non  ostacolò  il programma, ma stabilì alcune rigide regole che  avrebbero dovuto essere rispettate:  ogni bambino poteva portare soltanto una valigia,  un bagaglio a mano e 10 Marchi. Nessun oggetto di valore avrebbe potuto uscire dal paese. Alla partenza i piccoli ricevettero un cartellino, che dovevano appendere al collo, con un numero su un lato e il loro nome su quello opposto. Solo in alcuni casi venne rilasciata loro una carta d’identità con numero e foto.
I treni in partenza arrivavano nei Paesi Bassi, dopo essere stati sottoposti a minuziosi controlli  da parte della polizia di frontiera, con lo scopo appunto di impedire che qualsiasi bene potesse essere trafugato dalle famiglie. Oltre il confine i piccoli viaggiatori erano accolti da gruppi di donne, che davano loro dolciumi e cioccolata. Il treno proseguiva fino a Hoek van Holland, vicino a Rotterdam. Dopo una breve tappa il viaggio riprendeva per mare, per oltre 200 km, in condizioni non sempre buone a causa della stagione invernale, fino ad Harwich. Poi, con un altro treno, arrivavano fino alla stazione di Liverpool Street dove le famiglie affidatarie venivano a prendere i bambini.
Il primo gruppo di giovani profughi arrivò ad Harwich da Berlino il 2 dicembre 1938, solo 3 settimane dopo  la notte dei cristalli. Il convoglio era composto da 196 bambini provenienti da un orfanotrofio di Berlino, distrutto proprio durante quella notte. Nei mesi successivi i viaggi non si fermarono mai: arrivarono quasi 10 mila minori non accompagnati, per la maggior parte ebrei. Il numero delle richieste era talmente alto che in breve tempo risultò praticamente impossibile rintracciare famiglie disposte, in tempo utile, a dare ospitalità ai bambini in arrivo. Per questo fu necessario allestire centri di accoglienza temporanea in cui, ogni fine settimana, arrivavano famiglie disposte a dare accoglienza.
Inizialmente i bambini in arrivo provenivano principalmente da Germania ed Austria.  Dopo l’occupazione della Cecoslovacchia del marzo 1939, numerosi trasporti vennero organizzati da Praga. Nello stesso anno, tra febbraio ed agosto,  numerosi furono i treni in arrivo dalla Polonia.
In seguito all’occupazione della Polonia il 1 settembre, e con  l’inizio della Seconda Guerra Mondiale, i trasporti cessarono. Proseguirono solo dai Paesi Bassi e dalla Francia, non ancora oggetto di occupazione da parte della Germania.
Il 14 maggio 1940 giunsero 74 bambini da Rotterdam con un ultimo viaggio, a bordo di una nave che riuscì a salpare poche ore prima dell’occupazione della città da parte dell’esercito tedesco.
Di tutti i bambini che arrivano durante quel periodo solo pochi furono affidati alle cure di qualche parente che già viveva nel paese. Nella maggior parte dei casi i piccoli andarono a vivere presso perfetti sconosciuti, mossi esclusivamente dall’intento di voler aiutare degli innocenti in difficoltà. Le famiglie ospitanti non ricevettero alcun compenso per la loro opera. Nonostante i controlli fossero davvero limitati, vennero segnalati pochissimi casi di abuso nei confronti dei minori. Non mancano però problemi di integrazione legati soprattutto alla differenza di lingua e di cultura, che a volte portarono alla  revoca dell’affidamento e alla ricollocazione presso altri nuclei familiari.
I contatti con le famiglie di origine furono possibili fino all’inizio della guerra. In seguito  ci furono solo sporadiche comunicazioni grazie a cartoline recapitate dalla Croce Rossa Internazionale, ma nella maggior parte dei casi cessarono completamente.
Purtroppo la sorte di circa un migliaio di ragazzi giunti con il Kindertransport, ed ormai cresciuti, non fu delle migliori. Vennero internati come “enemy aliens” in appositi centri, in quanto cittadini di una nazione con cui il governo della Gran Bretagna era in quel momento in conflitto. Altri invece entrarono a far parte dell’esercito. Il pericolo costante dei bombardamenti sulle città costrinse l’organizzazione a trasferire i più piccoli nelle campagne.
La fine del conflitto portò altri problemi. Dopo 7 anni lontani da casa, i piccoli profughi cercano notizie dei propri genitori e dei parenti, con cui avevano perso ogni contatto. Nella maggioranza dei casi le loro famiglie erano state sterminate nei campi di concentramento e questo costrinse molti di loro a rimanere in Gran Bretagna, mentre altri lasciarono il paese per Israele, Stati Uniti o Australia.
L’operazione Kindertransport riuscì comunque a mettere in salvo molti bambini il cui destino già alla nascita, dopo la firma delle leggi razziali in Germania, era segnato da un triste destino, a cui non si sarebbero potuti sottrarre se fossero rimasti nel loro paese d’origine.

BIBLIOGRAFIA

Filmografia:
– La Fuga Degli Angeli – Storie Del Kindertransport – Mark Johathan Harris (Regista)

Sitografia:

World Kindertransport Day

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