Al Passo del Turlo, attraverso L’Antico Sentiero dei walser

Tempo di lettura: 6 minuti

Un cammino di 5 ore, per un totale, fra andata e ritorno, di 27 km. La fatica non sta tanto nel dislivello ma piuttosto nella lunghezza del percorso....

La val Quarazza, laterale della più famosa valle Anzasca, è un piccolo gioiello selvaggio che racchiude innumerevoli sorprese. Fauna e flora fanno da contorno a montagne rocciose, alte e fiere, al cui cospetto ci si sente parte di un mondo da scoprire con rispetto ad ogni passo.
Ho avuto la fortuna di trascorrere qui la mia infanzia e la mia giovinezza, tra abeti, larici, ciclamini e immensi formicai.
Le passeggiate prima con mia mamma, poi con i miei amici, mi hanno lasciato variopinti ricordi che porterò sempre nel cuore.
Dopo tanti anni, forse troppi, ho avuto la possibilità di tornare nella parte più remota della val Quarazza, quella distante qualche ora di cammino dagli agi che la gippabile verso il lago delle Fate regala ai turisti del fine settimana.
La giusta compagnia, entusiasta della nuova scoperta e questo sfavillante paesaggio, mi hanno regalato una giornata impegnativa ed indimenticabile.
Il giro è iniziato dal delizioso abitato di Isella, un impeccabile e fioritissimo borgo a 1226 mt, poco prima di Macugnaga.
Costruito proprio all’imbocco della val Quarazza, con case in legno e sasso, tetti in piode, piccole finestre adorne di gerani e surfinie, Isella ha accompagnato i nostri primi passi verso il bosco. Pochi minuti e siamo arrivati al Lago delle Fate, un grazioso specchio d’acqua artificiale a 1330 mt, che accoglie numerosi turisti durante tutta la stagione, con le sue acque cristalline, le sue fioriture e le numerose farfalle.
Il primo tratto della passeggiata sale dolcemente verso quella che viene chiamata la “città morta”, Crocette, un antico insediamento oggi abbandonato e un tempo occupato dai minatori che lavoravano nelle miniere della zona. Costeggiando il lato destro del torrente Quarazza, seguendo l’abbondante segnaletica, si passa sul lato opposto del corso d’acqua attraverso un ponte, per poi proseguire nel bosco.
Da questo punto in poi la salita è molto graduale e piacevole, una passeggiata adatta a tutti. Lungo la valle si incontrano numerosi alpeggi: l’alpe Prelobia, l’alpe Caspisana, l’alpe Montevecchio, l’alpe la Pissa, con la sua meravigliosa cascata, l’alpe la Piana e l’alpe Quarazzola.
Dall’ Alpe La Piana, a quota 1613 mt, il sentiero cambia. A partire da qui inizia la salita vera e propria verso il passo del Turlo.
Dopo un primo tratto iniziale su sentiero classico, si comincia a intravedere quello costruito dagli Alpini fra la prima e la seconda guerra mondiale, negli anni ‘30. Una vera e propria strada nel bosco, costituita da grandi sassi sapientemente disposti lungo l’antico tracciato  Walser, che un tempo congiungeva gli abitanti  della valle Anzasca  con quelli della Valsesia.
Il percorso prosegue fino all’Alpe Schena, a quota 2036 mt, mantenendo sempre la visuale aperta sulla vallata che, mano a mano che si sale, diventa sempre più ampia. La cascata della Pissa è l’elemento che più attira la nostra attenzione, le cui acque fragorose che accompagnano i nostri passi come una musica naturale.
Ricordo che, quando ero più giovane, fra l’alpe La Piana e l’alpe la Pissa era possibile vedere i cavalli al pascolo, oltre naturalmente a mucche, capre e qualche maiale.
I pascoli sono quasi completamente spariti, segno inevitabile dell’abbandono parziale di un’antica tradizione d’alpe, per lasciare spazio a un bosco di larici che sta occupando gradualmente tutta la vallata.
Il nostro percorso continua con un lungo traverso fino al Bivacco Lanti, a 2136 mt.  Fino a qui è possibile trovare acqua fresca e cristallina che scorre e quindi, se necessario, fare rifornimento.

Il vecchio Bivacco, con 3 posti letto, è ora affiancato da una gradevole struttura di colore rosso, ben visibile durante la salita, che offre un punto di appoggio per chi volesse fermarsi pulito e ordinato, con una meravigliosa finestra sulla vallata. I posti letto sono diventati 13. All’interno è possibile lasciare un segno tangibile del proprio passaggio firmando il libro del CAI a disposizione del viandante.
Non manca nulla, neppure la Nutella… insomma… un bivacco  e lode.
All’esterno è possibile trovare anche una piccola griglia per chi fosse ben organizzato. Proseguendo verso il passo del Turlo, la bellissima opera degli Alpini diventa ancora più evidente, regalando a chi cammina su questo sentiero la possibilità di godere di un tracciato ampio e ben definito, con serpeggianti tornanti che si inerpicano sulla montagna fino a giungere alla sua vetta.

Un cammino di 5 ore, per un totale, fra andata e ritorno, di 27 km.
La fatica non sta tanto nel dislivello ma piuttosto nella lunghezza del percorso.

Davanti a noi, finalmente, si apre il passo del Turlo, a 2738 mt, porta naturale sulla val Sesia, utilizzata dagli antichi walser che decisero di lasciare Macugnaga.
Non è la prima vetta che conquisto, ma posso dire con certezza che sicuramente è una di quelle che mi ha dato le più grandi emozioni.
Ho pensato ad ogni passo a quelle genti che una volta all’anno salivano in questo luogo per incontrarsi e ritrovare le loro origini.
Ho pensato a tutti quelli che durante la Seconda Guerra Mondiale hanno percorso la mia stessa strada per trovare una via di fuga.
Ho pensato a quei ragazzi arruolati che hanno posato ogni pietra.
E poi il paesaggio, maestoso, ci ha regalato ancora una volta in lontananza la cascata  diventata silenziosa, la vallata selvaggia e il lago delle Fate, diventato poco più che una pozzanghera.

Sono molto felice di questa escursione, anche se ho sofferto ad ogni passo per un doloroso infortunio che mi ha accompagnato durante tutta la giornata, ma non rimpiango di aver scelto il passo del Turlo come meta del mio cammino.
Il rientro, verso sera, mi ha fatto venire in mente una leggenda, che ho sentito alcuni anni fa.
Nel bosco dopo il lago, si possono vedere delle sculture in legno che rappresentano dei piccoli gnomi. Qualcuno racconta che in realtà sono piccoli ometti che vivono lì e cercano l’oro alla miniera della Guia, per regalarlo alle fate del lago. Quando sentono avvicinarsi qualcuno, si trasformano in gnomi di legno, per non farsi vedere da nessuno.
La giornata è finita. Adesso ho un nuovo ricordo da conservare nel mio cuore, reso ancora più speciale da un compagno di viaggio che condivide con me un amore sconfinato per le nostre montagne….

BIBLIOGRAFIA

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