13 agosto 1942: la Svizzera chiude le frontiere agli ebrei

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Nel settembre del 1942, Germania e Svizzera siglarono un accordo che regolava l'accesso in Svizzera degli ebrei provenienti dalla Germania. ...

Il 13 agosto 1942 il governo svizzero chiuse ufficialmente le frontiere agli ebrei.
A rendere nota alla popolazione la decisione fu Heinrich Rothmund, capo dell’Ufficio Federale della Migrazione dal 1919 al 1955.
Tenne un discorso a Montreux il 26 settembre nel quale dichiarò: “Non sono da respingere …. i profughi politici, cioè gli stranieri che appena interrogati e spontaneamente si dichiarino tali e possano rendere verosimile quanto affermano. I profughi solo per motivi razziali, ad esempio gli Ebrei, non sono considerati profughi politici.”
Secondo un rapporto ufficiale tra il 1940 e il 1945 vennero respinti alla frontiera Svizzera migliaia di ebrei. Dall’estate del 1942 si sapeva che i profughi respinti rischiavano la deportazione e l’uccisione.
Nonostante questo la politica di respingimento continuò fino alla fine del conflitto.
Questa decisione unilaterale da parte del governo non fu accolta favorevolmente da una buona parte della popolazione, che iniziò una serie di proteste ufficiali. 
Il problema dell’emigrazione degli ebrei proveniente dal Reich si era già presentato precedentemente a quell’anno.
Subito dopo l’annessione dell’Austria nel marzo del 1938, il numero dei profughi aumentò vertiginosamente. Nel settembre dello stesso anno, Germania e Svizzera siglarono un accordo che regolava l’accesso in Svizzera degli ebrei provenienti dalla Germania. 
Nell’accordo veniva stabilito che i passaporti di coloro che cercavano di entrare nel paese dovessero essere muniti di un contrassegno, che immediatamente consentisse a chi lo visionava di identificare il possessore come ebreo. 
Questo contrassegno prese il nome successivamente di timbro “J”.
Sostanzialmente  il governo temeva di assistere a una ebraizzazione del paese.
Questa politica di respingimento dei profughi ebrei rimase in vigore fino al 1944. 
Dopo la firma dell’armistizio del 1943 il governo federale fu costretto ad allentare un po’ i criteri che aveva stabilito, soprattutto per i profughi politici e militari, anche se in una prima fase gli ebrei non vennero presi in considerazione.
Tutti coloro che riuscivano a fare ingresso nel paese, perché ritenuti rifugiati politici, erano sottoposti ad un iter preciso, molto rigido: registrazione, quarantena e un continuo e severo controllo successivo.
Gli uomini erano quasi sempre indirizzarti verso campi di lavoro, mentre le donne in istituti femminili, dove svolgevano attività lavorative di beneficio comune, in cambio di una piccola somma in denaro. 
Le somme di cui erano in possesso all’arrivo nel paese dovevano essere depositate presso la Banca Popolare Svizzera. Secondo un testimone, sopravvissuto alla guerra, quando riuscì ad organizzare il suo rientro in patria, andò per ritirare il denaro che aveva depositato. Gli fu solo parzialmente restituito. La parte restante era stata trattenuta a copertura dei costi di soggiorno….

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