“Al loro arrivo a Treblinka, gli uomini, le donne e i bambini, stipati nei loro carri merci chiusi, trovavano ad attenderli una normale stazione ferroviaria, graziosamente decorata con cassette di fiori. A distanza, si scorgevano alcune baracche dall’aria innocua. Franz Stangl ci teneva all’ordine. Ai passeggeri veniva detto di scendere dai carri per riposare e per farsi una doccia. Mentre si svestivano, veniva detto loro di mettere al sicuro i loro oggetti di valore in cassette numerate, di modo che, dopo la doccia, avrebbero potuto ritrovarli facilmente.” Tutto si svolgeva in maniera rapida, organizzata e letale.
In realtà le docce erano, camere a gas.
Vi morirono fra atroci dolori circa 800.000 persone, per la maggior parte ebrei.
Quel luogo dall’aspetto rassicurante e familiare era l’anticamera dell’inferno.
A differenza di Auschwitz, lì non si svolgeva alcun lavoro.
Treblinka esisteva solo per uno scopo: lo sterminio.
Era composto da due campi che si trovano nel territorio del Comune di Kosów Lacki.
Dopo Bełżec e Sobibór, fu l’ultimo dei campi di sterminio in Polonia ad entrare in funzione, aperti nel 1942.
Era parte integrante nella cosiddetta Operazione Reinhard, nome in codice dato al progetto di sterminio degli ebrei polacchi.
Il numero preciso delle vittime nel campo non è stato stabilito. Secondo alcune stime, in circa 16 mesi di attività, vi morirono dai 700.000 ai 900.000 prigionieri.
Un numero davvero considerevole….
L’Operazione Reinhard prendeva il nome dal suo ideatore, Reinhard Heydrich, il “figlio prediletto di Hitler”, che aveva anche studiato ed organizzato la Soluzione Finale del problema ebraico. Il progetto prevedeva di attuare il genocidio degli ebrei in modo sistematico, risolvendo anche il problema degli inconvenienti che si erano venuti a creare con lo sterminio mobile. In questo modo, tutti gli “indesiderati” al regime, avrebbero subito la giusta sorte.
Nel novembre 1941 era già operativo presso una grande cava di ghiaia il campo di lavoro di Treblinka I. Questa struttura, meno conosciuta rispetto a Treblinka II, sorgeva a circa 2 km a sud del sito di fondazione del futuro campo di sterminio.
I prigionieri che vi erano rinchiusi vennero impiegati nei lavori di scavo e trasporto dei materiali della vicina cava.
Treblinka I fu liberato nell’agosto 1944 dall’Armata Rossa.
In questo campo si pensa che transitarono un gran numero di persone. La maggior parte di loro morì a causa delle difficili condizioni di vita.
Treblinka II fu operativo dal 22 luglio 1942 al 19 ottobre 1943. Era diviso in due sezioni, Campo 1 e Campo 2 e fu chiamato Treblinka II per differirlo dall’altro.
Il suo primo comandante fu Irmfried Eberl, che aveva prestato servizio a Bernburg, uno dei sei famigerati centri di eutanasia tedeschi.
Nell’agosto 1942 fu rimosso dal comando, perché non gestiva in maniera puntuale la macchina di morte che era stata ideata. Al suo posto fu chiamato Franz Stangl, in precedenza comandante a Sobibór.
A Natale del 1942, il nuovo comandante fece costruire una falsa stazione ferroviaria nel campo: un orologio dipinto, fisso sulle ore 6:00, una finta biglietteria, tabelloni degli orari ed evidenti frecce indicanti i treni diretti verso altre stazioni. Al loro arrivo i prigionieri sentivano gli altoparlanti che diffondevano una piacevole musica, mentre una voce amichevole chiedeva la loro collaborazione, dicendo che erano giunti in un campo di transito, dove sarebbero stati sottoposti a docce, disinfezione, per poi essere rifocillati con una zuppa calda prima di essere condotti alla loro ultima destinazione, un campo di lavoro. In realtà venivano immediatamente gassati.
Tra i primi di settembre e gli inizi di ottobre 1942, furono aggiunte alle 3 esistenti altre 10 “nuove camere a gas”, con stanze più capienti, che potevano contenere fra le 450 e le 500 persone, dotate di doppie porte parallele, una per l’entrata delle vittime e l’altra per lo sgombero dei loro corpi.
Il campo era edificato su una piccola collina. Aveva una baracca per i lavoratori prigionieri, di 30 metri per 10, una lavanderia, un piccolo laboratorio, alloggi per un massimo di 17 donne, una postazione di guardia e un pozzo.
Tutti gli edifici erano circondati da un recinto di filo spinato non elettrificato, oltre il quale c’era una fossa di 3 metri per 3, a sua volta delimitata da filo spinato.
Lungo tutto il perimetro montavano di guardia i soldati Ucraini. L’intero campo, il n. 1 e il n. 2, era circondato ulteriormente da una recinzione di filo spinato alta 4 metri, nascosta da una siepe di arbusti.
Nel cortile del campo c’erano 4 torri di guardia, ognuna alta 4 piani; vi erano altre 6 torri, alte un piano.
I prigionieri passavano dall’area accoglienza alla zona di sterminio attraverso un corridoio lungo circa 80–90 m e largo 4, chiamato “Tubo”.
Il corridoio era delimitato da una recinzione di filo spinato, alta circa 2 m, camuffata con rami di piante per non impressionare i prigionieri che vi transitavano.
Sulla facciata dell’edificio delle camere a gas c’era una grande Stella di David.
La porta d’ingresso era ornata con un pesante tendaggio rubato in una sinagoga. Recava una scritta: «Questa è la porta dove entrano i giusti».
Prima di entrare nelle camere a gas, i condannati ricevevano nelle proprie mani, direttamente dai soldati, cartoline da spedire ai parenti.
Poi si procedeva con la gassazione, che non avveniva con lo Zyclon B, ma con il monossido di carbonio prodotto da motori di carrarmati russi, usati anche per produrre energia elettrica. Questo metodo rendeva la morte molto più lenta e dolorosa, ma evitava il rifornimento del gas chimico, piuttosto difficile da reperire in tempo di guerra.
I tedeschi avevano fatto tutto il possibile per cancellare Treblinka e le prove delle loro azioni criminali: avevano distrutto il campo, bruciati i corpi, arata la terra, piantato grano ed alberi e costruito una fattoria nel tentativo di eliminare ogni prova. Ma non aveva funzionato.
La terra sabbiosa fino alla fine degli anni ‘50 aveva restituito ossa, denti, pezzi di carta ed oggetti vari. Si rese pertanto necessaria una degna sistemazione dei resti riaffiorati.
Furono pianificati vari sforzi da parte della comunità polacca ed internazionale perché si erigesse un Memoriale per le vittime di Treblinka.
Oggi il Memoriale, costruito là dove sorgevano le camere a gas, è costituito da 17.000 pietre che simboleggiano un cimitero e rappresentano non solo le vittime ma anche i luoghi e le comunità ebraiche cancellati dall’Olocausto. Al centro del cimitero è stato eretto un obelisco sul quale è incisa l’immagine del Menorah. La frase “Mai più” è incisa su una pietra collocata vicino alla base del monumento.
