Nel 1944 nacquero nell’Appennino Reggiano le prime formazioni della Resistenza locale. I nazifascisti fecero di tutto per annientarle, arrivando a rafforzare la loro presenza sul territorio inviando nella zona di Villa Minozzo dei paramilitari della NSKK (sia tedeschi che francesi), oltre che una trentina di elementi della Guardia Nazionale Repubblicana di Reggio nell’Emilia.
Il 15 marzo la situazione volse a favore dei partigiani, che riuscirono a far saltare un’arcata del ponte di Gatta di Castelnovo Ne’ Monti, mettendo in crisi il presidio fascista.
Il giorno seguente i partigiani ripresero l’offensiva, attaccando una compagnia mista nazifascista guidata dal tenente Riemann, nella zona di Cerrè Sologno. Nello scontro i tedeschi ed i fascisti ebbero la peggio, perdendo tra morti e prigionieri, circa una trentina di uomini.
Nonostante la vittoria, il gruppo di partigiani fu costretto a ritirarsi, a causa delle gravi perdite subite. Erano male armati e male organizzati. Successivamente si divisero disperdendosi nell’Appennino modenese, in attesa della ripresa degli scontri.
La situazione di stallo non poteva durare a lungo.
Fu così che il colonnello Muhe della Militarkommandantur 1008 di Parma richiese ulteriori rinforzi per annientare la Resistenza sul territorio.
Il comando centrale inviò dalla zona di Casalecchio di Reno, la 3ª compagnia di ricognizione della Fallschirm-Panzer-Division 1 “Hermann Göring”, con a comando il capitano Walter Hartwig.
Il 18 marzo, nel tardo pomeriggio, giunsero a villa Minozzo.
La compagnia cominció immediatamente la propria offensiva, attaccando nel comune di Montefiorino i partigiani. Lo scontro causò molte vittime, circa 136, prevalentemente civili.
Il 19 marzo i tedeschi compirono alcune ricognizioni della zona. Rastrellarono la val d’Asta e, verso sera, giunsero al borgo di Gazzano.
Nel frattempo il comando della 3ª compagnia di ricognizione fu affidato al capitano Richard Heimann, che aveva preso parte ai massacri di Monchio, Costrignano e Susano.
Arrivarono altri rinforzi in aiuto della compagine tedesca.
Attaccarono Gazzano.
Credevano che nel villaggio e in alcuni abitati limitrofi i partigiani avessero trovato appoggio tra la popolazione civile.
A Gazzano i tedeschi erano stati raggiunti da due compagnie della GNR di Reggio nell’Emilia.
Nonostante fossero arrivate alcune informazioni della ritirata dei partigiani verso il modenese, i tedeschi decisero ugualmente di colpire Civago e Cervarolo.
Avrebbero comunque dato un segnale forte alla popolazione che non doveva permettersi di collaborare con la resistenza.
La mattina del 20 marzo la 3ª compagnia di ricognizione della “Hermann Göring” ed i militi della GNR di Reggio Emilia partirono per sferrare il loro attacco.
La formazione si divise: una parte andò verso Civago, una verso Cervarolo.
Proprio qui i nazifascisti, grazie a una soffiata, uccisero subito il padre ed il fratello del comandante partigiano Costi.
Per impedire che i civili fuggissero spaventati, la milizia fascista faceva la guardia fuori dall’abitato, affinché i tedeschi potessero compiere indisturbati le loro azioni criminali.
In seguito alle perquisizioni, furono scoperti alcuni nascondigli utilizzati nei giorni precedenti dai partigiani.
Fu così che vennero arrestati 22 uomini, di età, compresa tra i 17 e gli 84 anni, persino un uomo mutilato dalla guerra.
Furono radunati in una piazzetta, mentre donne e bambini e il resto della popolazione di Cervarolo vennero raggruppati nella parte inferiore dell’abitato, sotto la stretta sorveglianza dai militari della GNR.
Vicino alla chiesa venne prelevato il parroco, don Battista Pigozzi. Durante un violento interrogatorio, gli venne richiesti di fornire una lista di nomi di partigiani abitanti nel paese.
Il parroco rifiutò categoricamente di dare qualsiasi indicazione e per questo venne fatto spogliare nudo davanti ai suoi parrocchiani, per umiliare pubblicamente.
Non ottenendo alcuna risposta, i tedeschi prelevarono le sorelle del curato, le violentarono e le chiusero un uno scantinato.
Mentre gli abitanti di Cervarolo venivano tenuti in ostaggio, una seconda colonna nazifascista, guidata dal capitano Heimann, si diresse verso Civago.
Lungo la mulattiera i tedeschi sorpresero due pastori e li ferirono con il lancio di bombe a mano.
Uno si finse morto mentre l’altro, Adriano Gigli di 17 anni, venne preso e buttato nel burrone sottostante la mulattiera.
Una volta raggiunto Civago, i soldati pensarono a rifocillarsi razziando tutto quello che riuscivano a trovare nel paese e uccidendo che gli capitava a tiro.
Al calar della sera rientrarono a Cervarolo. Una volta arrivati lì, il capitano Heimann decise che gli uomini già rastrellati non erano sufficienti e per questo ne fece prelevare altri 5, tra cui Don Pigozzi.
Radunati in un’aia senza via d’uscita e circondati dalle mitragliatrici nemiche, gli ostaggi capirono ben presto quale sarebbe stato il loro destino. Stretti uno all’altro con il parroco che recitava il rosario, non potevano far altro che attendere la morte. Le mitragliatrici cominciarono a scaricare il loro fuoco di morte su quel gruppo completamente indifeso.
Una volta finito i tedeschi cercarono di eliminare i corpi cospargendoli di benzina, ma non ci riuscirono.
Poi diedero fuoco alle case e portarono la restante parte della popolazione a Gazzano, insieme al bestiame razziato.
Alla strage scamparono miracolosamente tre dei fucilati, Carlo Costi, Natale Rovali e Olindo Alberghi, che riuscirono a sopravvivere all’esecuzione coperti dai corpi dei compaesani.
Quel giorno furono 24 i civili trucidati a Cervarolo, compreso il parroco Pigozzi.
Quella fu la prima rappresaglia così cruenta compiuta nella zona.
A noi non resta che ricordare i fatti accaduti, sperando che mai più in futuro saremo costretti a piangere i nostri cari trucidati senza motivo….
