La storia che sto per raccontarvi è sicuramente una storia di degrado e di dolore, che probabilmente in pochi ricordano. Mi piacerebbe però che insieme provassimo a dare il giusto spazio alla vittima di questa vicenda.
Mariana è vissuta segregata dal 2007 al 2017 in una baracca fatiscente.
L’aguzzino, Francesco Rosaria, un cinquantatreenne di Lamezia Terme ha reso in schiavitù una giovane donna, che oggi ha 33 anni, violentandola e abusandola regolarmente.
La ragazza era arrivata dalla Romania in cerca di lavoro.
Era stata assunta come badante per aiutare la compagna di quello che poi sarebbe diventato il suo carceriere. Alla morte della donna, l’uomo ha cambiato atteggiamento nei confronti della giovane e improvvisamente l’ha imprigionata.
Inizialmente l’ha segregata in casa, vietandole qualsiasi relazione sociale e costringendola a subire violenze sessuali di ogni tipo. Un incubo che con il passare del tempo è diventato peggiore.
Successivamente l’ha spostata in diversi appartamenti, fino al giorno in cui l’ha costretta a vivere in una baracca semidistrutta, nell’aperta campagna nei pressi di Gizzeria, vicino a Lamezia. Per impedirle di fuggire, chiudeva la porta con una grossa catena, costringendola a vivere in uno spazio ristretto, insieme a topi e insetti.
Nella baracca non c’erano né acqua, né luce.
Per i propri bisogni corporali era costretta ad usare dei secchi e come giaciglio aveva solo dei pezzi di cartone.
Ha vissuto in condizioni disumane per anni, senza la vicinanza di nessuno, senza cure mediche, neppure dopo che ha partorito un bambino e una bambina, frutto dell violenze subite, in ospedale e poi è subito stata portata via. Oggi i suoi figli hanno 12 e 8 anni.
Così Mariana ha vissuto per anni.
Non è mai stata neppure curata da un medico per le ferite provocate dalle violenze di quel mostro che un tempo le era amico.
Le lesioni più gravi le ha subite quanto ha tentato di fuggire. L’uomo le ha rotto la testa a bastonate e poi le ha suturato le ferite con una lenza da pesca.
Legata al letto, Mariana subiva davanti ai figli abusi e sevizie di ogni genere. Il più grande, nell’ultimo periodo, era stato costretto a partecipare alle torture che venivano inflitte alla madre.
Fortunatamente, un giorno, l’uomo è stato fermato da una pattuglia dei Carabinieri mentre era in macchina con il figlio, per un banale controllo di routine. Il bambino è apparso immediatamente sporco e trasandato. Alla richiesta degli uomini delle forze dell’ordine di incontrare anche la madre, l’uomo non ha esitato a condurli nella baracca in cui la donna viveva segregata.
Annientata psicologicamente da anni di violenza, davanti ai Carabinieri la donna si rivolgeva al proprio carceriere come una schiava al suo padrone. Le indagini iniziate immediatamente e sono durate pochissimo.
La donna e i due figli sono stati collocati in località protetta, mentre per l’uomo, pregiudicato per reati sessuali, è stato arrestato.
Quello che ci si chiede in questi casi é se qualcuno sapeva qualcosa.
I vicini l’avevano mai vista?
Nessuno aveva mai sentito le sue grida di dolore?
Gli assistenti sociali erano stati allertati dalla scuola delle condizioni dei due bambini?
Fino al giorno in cui i carabinieri hanno fatto un controllo, perché insospettiti dall’aspetto di quell’uomo e del suo figlioletto, nessuno era mai intervenuto.
Ritengo che questa sia una storia molto dolorosa, per questa donna che mai potrà dimenticare quello che ha subito, per i suoi figli che hanno visto la madre in condizioni orribili e sono cresciuti nella violenza e nella miseria.
Francesco Rosario è stato condannato a 20 anni di reclusione. È morto in carcere nel 2020 in seguito ad un arresto cardiaco.
