Nel centro di Vagna, ex Comune autonomo ed ora inserito amministrativamente sotto Domodossola, precisamente la seconda domenica di luglio, si svolge, nella chiesa parrocchiale dedicata a san Brizio, la tradizionale festa “dul Bambin”.
Si tratta di una singolare riproposizione delle festività natalizie, con tanto di messa solenne (i paramenti utilizzati sono infatti bianchi) e canti del repertorio che va da “Adeste fideles” sino a “Tu scendi dalle stelle”. Una stranezza, senza dubbio, ma molto interessante dal punto di vista etnografico e storico.

Le origini della festa
Ci sono varie teorie riguardo questa celebrazione natalizia: si ipotizza possa trattarsi di uno spostamento della festa del 25 dicembre per motivi di migrazione. Una teoria interessante ed affascinante, ma che purtroppo non trova riscontri: nonostante i bambini siano in qualche modo protagonisti della festa, non si assiste allo scambio di regali che contraddistingue il periodo natalizio. Inoltre questa è un’usanza solamente della comunità di Vagna, che non troviamo in altri paesi dove in egual misura la migrazione fu importantissima.
La seconda teoria sull’origine di questa festa, vede come protagonista il patrono della frazione, San Brizio. Nel suo martirologio troviamo che uno degli attributi è proprio il bambino (non Gesù bambino, ma un bambino di pochi mesi che nega fermamente di essere il figlio di San Brizio, assucato ingiustamente di non aver tenuto fede al voto di celibato).
La terza teoria è invece quella probabilmente più verosimile: si tratterebbe dello spostamento della festa del 1 gennaio. Ad organizzare la festa, infatti, era la confraternita del Sacro nome di Gesù che, quando la festa di Capodanno è stata cambiata diventando la Solennità di Maria Santissima, si sono ritrovati “orfani” della festa. Proprio per questo si è reso necessario lo spostamento della festa la seconda domenica di luglio, pur mantenendo invariata la liturgia.
Le Cavagnette
Durante questa manifestazione vengono anche portate in processione le “cavagnette”, i tradizionali alberi rituali diffusi in tutta l’Ossola. Anche in questo caso l’oggetto rituale ha alla base un cestino (cavagn), entro cui è montata una struttura di legno finemente decorata con nastri, fiori finti, collanine e monili vari.
Cosa molto importante che è necessario chiarire subito: il termine cavagnetta indica l’oggetto rituale e NON la donna che lo porta! Si tratta di un errore madornale in cui sono incappati anche alcuni giornali locali.
Questi oggetti rituali, che rimandano ai culti ancestrali di rinascita e vegetali, vengono portati in processione dalle donne in costume tipico alla fine della messa, in particolare dalle donne del gruppo folk Arsciol.
Chi portava le Cavagnette un tempo? Qualcuno sostiene che le “cavagnette” venissero portate in parata solo dalle fanciulle “in età da marito” e non sposate (e quindi vergini), mentre ora, a causa del progressivo abbandono delle tradizioni e delle difficoltà di trovare “forze nuove” che si impegnino nelle celebrazioni festive, vengono portate dalle donne appartenenti al gruppo folk delle “Arsciol” (in dialetto “formiche rosse”, il nomignolo o “ingiuria topica” con cui venivano comunemente designati gli abitanti di Vagna, a causa del loro carattere scontroso ed irascibile, come testimoniato dallo storico Sebastiano “Adolfo da Pontemaglio” Ferraris). Probabilmente anche in origine questo tipo di albero rituale veniva portato dalle donne già sposate. Dico questo perché, dalle analisi fatte sulle varie Cavagnette presenti nel territorio ossolano, si nota un differente uso del fazzoletto / velo / cercine, riservato alle donne in età da marito, a simboleggiare la verginità, e le cavagnette portate “a nudo”, direttamente a contatto con i capelli, simbolo che la donna che lo portava era sposata. A Vagna non c’è la presenza di fazzoletto o velo, nemmeno storicamente o sopravvissuto nell’immaginario.
A testimonianza di questo, ovvero che la partecipazione al rituale delle cavagnette sia riservato alle ragazze che hanno raggiunto la maturità sessuale è testimoniato anche dal fatto che ancora oggi non possono essere trasportate dalle bambine.
Le “cavagnette” in dotazione alla parrocchia di Vagna sono dodici (il numero è forse simbolico e correlato a zodiaco e mesi dell’anno), ma non tutte vengono portate in processione perché malmesse.
Il loro peso si aggira intorno ai due chili, analogamente a quelle di Trontano, e vengono portate direttamente sui capelli sostenendole con le mani, senza l’uso di cercine, fazzoletti o veli.
Le cavagnette, che risalgono a circa 40-50 anni fa, attualmente sono di proprietà della parrocchia, e proprio in un’apposita stanza vengono custodite per tutto l’anno. Non si hanno certezze su quanto avvenisse in passato. Si presume infatti fossero tramandate in famiglia, da madre a figlia, ma non si hanno testimonianze, né dirette né indirette, di questo. Si tratta comunque di una supposizione abbastanza valida, basata soprattutto sulle analogie con la tradizione ancora attiva a Trontano e a Mergozzo.
Una delle cose più interessanti è che le Cavagnette di Vagna sono decorate di rosso, richiamo quindi alle solennità natalizie, ma sono vuote. Un’ipotesi molto suggestiva le vede piene, magari di pane, come una sorta di carità. Le carità ed i pani rituali sono diffusi infatti in varie zone del Piemonte e del Nord Italia, in abbinamento ai culti vegetali analoghi alle Cavagnette.

La festa
La festa si articola in diversi momenti rituali ben precisi: una parte maggiormente “sacra” e religiosa ed una “laica”, organizzata dai frazionisti. La festa ha tradizionalmente inizio sabato sera, con una cena a base di trippa alla paesana, grigliata ed altre specialità, a cui segue, appena ha fatto buio, il tradizionale falò con relativo concerto di campane. A questo evento folklorico molto sentito da tutta la comunità non partecipano le cavagnette. Durante la giornata di domenica, dopo la celebrazione della messe solenne, a cui le Cavagnette assistono dalle prime file di banchi, senza però prendere attivamente parte alla celebrazione (a differenza di Trontano o Bognanco, dove portavano i cestini rituali all’offertorio), si svolge il pranzo, preparato da un nutrito gruppo di volontari.
Nel pomeriggio, invece, si assiste alla recita dei vespri solenni e alla successiva processione per il quartiere della statua “dul Bambin” accompagnata dalle tradizionali cavagnette portate dalle donne del gruppo folk “Arsciol”. Non vi è una rigida tradizione riguardo al susseguirsi dei vari attori rituali che prendono parte alla sfilata religiosa. In alcuni casi, infatti, le cavagnette precedono la macchina processionale, come nei casi di Bognanco e Trontano, altre volte la seguono.
La statua del Bambino, che i fedeli possono baciare durante la messa, viene invece trasportata dai membri della Confraternita del Santo nome di Gesù, fondata nel ‘600, come sostiene in un suo saggio Stefania Colafranceschi, «per combattere la bestemmia e lo spergiuro». I membri di questa associazione religiosa indossano degli abiti rituali rossi.
Naturalmente la festa, come quasi tutte le patronali ancora oggi attive in Ossola, è particolarmente sentita dalla popolazione, anche se non si assiste, a differenza di Bognanco, dove la tradizione è ancora attiva e fiorente, ad un sistematico abbellimento delle case della frazione con nastri, ghirlande o stendardi.
Al termine della processione, in cui molti fedeli portano delle candele rituali con impresso il sigillo della Vergine e motivi floreali, si assiste alla benedizione dei bambini (a cui la festa è dedicata) ed all’incanto delle offerte.
Il ricavato della manifestazione, coperte le spese vive, è solitamente destinato al restauro della chiesa di san Brizio.

Il panettone “dul Bambin” e la ripresa dopo il Covid
La tradizioni, come ho avuto più volte modo di dimostrare, sono un qualcosa di vivo, che si modifica nel corso del tempo. Ed un esempio è l’introduzione dell’usanza del “Panettone dul Bambin”, inserita poco tempo fa.
Il biennio appena conclusosi è stato senza dubbio terribile per le tradizioni. Ed anche la festa del Natale estivo di Vagna ha subito varie modificazioni.
Il rito, nel 2021, si è modificato con la celebrazione eucaristica nel campo da calcio, niente processione per le vie del paese e, soprattutto, un limitato utilizzo delle Cavagnette: le donne, ben distanziate, hanno fatto solo da contorno alla processione, che non ha visto il consueto affollamento di fotografi e di pubblico per assistere all’evento folk. Annullato anche l’aspetto “conviviale” della festa, con il consueto pranzo e la merenda in modalità festa campestre, e anche il falò serale, particolare rituale che permetteva di inquadrare la festa tra i falò solstiziali traslati di data e depotenziati tramite l’abolizione della ciabra sostituita dal concerto di campane. Un depotenziamento non certo di poco conto che non può che far porre determinate domande allo studioso di folklore.
Una curiosità: nel sovvertimento dell’ordine rituale a essere stata riproposta, anche quest’anno, è stata una neo-tradizione, una sorta di fake-lore in senso lato, ovvero di folklore “inventato”: il panettone Dul Bambin. Si tratta di un dolce tipico inventato qual- che anno fa a corollario della manifestazione: un classico panet- tone glassato venduto solo a Vagna e collegato a doppio filo alla festa, i cui proventi vengono donati alla chiesa. Nel 2022 la festa ha ripreso vigore, con l’aspetto conviviale ed il pranzo frazionale, ma qualche aspetto rituale si è inevitabilmente modificato.
Breve elenco delle Cavagnette ossolane
Le Cavagnette sono particolarmente diffuse sul territorio ossolano. Di seguito un breve elenco con una minima tassonomia e le occasioni in cui escono.
Cavagnette a “cono”
Preglia di Crevoladossola, terza domenica di luglio, ancora attive. Donne sposate (niente velo/cercine).
Pieve Vergonte, ricostruzione di Cavagnetta da testimonianze scritte, di colore bianco e rosso, portate da donne vergini velate.
Cavagnette “a palo”
Mozio e Croveo, agosto, cavagnette molto alte, con i gioielli, portate in origine dalle donne che si dovevano sposare nell’anno.
Cravegna, cavagnette rituali ricostruite negli anni ’10 del 2000, portate da fanciulle vergini (cercine inserito nel cestino).
Cavagnette “classiche”
Trontano, prima domenica di agosto, e per San Leonardo, donne vergini (fazzoletto).
Bognanco, san Lorenzo, di dimensione estremamente variabile, portate da donne sposate ed anche da bambine
Viganella, Candelora e prima domenica di settembre, con piume di pavone alla sommità, portate da donne sposate.
Montescheno, donne vergini con velo, mese di agosto.
Formazza, testimonianza scritta, non più attive.
Rame e ginostri
San Carlo, Vanzone con San Carlo, rame portate in occasione della festa patronale dalle donne del gruppo folk.
Crevoladossola, frazione Enso, Rame non più attive ritrovate nell’oratorio di san Bernardo
Mergozzo, Ginostro di Albo e Gilostro, escono ad inizio anno ed il 16 agosto per San Rocco. Portate dalle ragazze “della leva”.
Craveggia, forse delle rame riturali riportare come ornamento dell’oratorio di santa Marta. A suffragio troviamo anche raffigurazioni di San Carlo Borromeo.
Borgomezzavalle, Viganella, Pescia, portata dagli uomini in occasione della Candelora
Premosello, Rama di San Giulio, albero addobbato i cui rami, con attrezzi di carpanteria, vengono messi all’incanto.

Luca Ciurleo