Edward Lubusch, un SS dal cuore tenero

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Il suo modo di agire era considerato una debolezza ad Auschwitz e, visto che le punizioni su di lui non funzionavano, per un certo periodo fu mandato alla scuola di addestramento delle SS, dove avrebbe dovuto imparare a trattare i prigionieri con mano più pesante...

Ho letto la storia di  Edwar Lubusch e ne sono rimasta molto colpita. Oggi vorrei raccontarla a voi.
Edward era nato a Bielsko, in Polonia,  nel 1922 da padre tedesco e madre polacca. Parlava correntemente entrambe le lingue.
Nonostante la sua famiglia fosse perfettamente inserita nella comunità polacco-tedesca, lui si sentiva tedesco.
Con l’inizio del conflitto mondiale, il giovane decise di arruolarsi nelle SS e si offrì volontario per lavorare ad Auschwitz.
La sua famiglia lo sostenne in questa decisione: era preferibile saperlo a lavorare in un campo piuttosto che impegnato al fronte, dove Edward aveva già perso un fratello.
Nel frattempo conobbe una ragazza tedesca, con origini polacche. Si innamorarono e si sposarono nel 1942.
Un anno dopo divenne padre di un bel maschietto.
Quando iniziò a prestare servizio ad Auschwitz,  Edward non era del tutto consapevole di ciò che lo aspettava.
Il campo era definito come un luogo di detenzione per prigionieri politici, mentre, come sappiamo, in realtà era tutt’altro.
Le testimonianze che arrivarono dopo la fine del conflitto dai sopravvissuti al lager, lo definiranno come un brav’uomo, l’unica SS umana verso i detenuti.
Cercò in ogni modo di non commettere nessuna brutalità, di non trattare come bestie i prigionieri.
La sua posizione era indubbiamente molto scomoda, era spesso nell’occhio del mirino dei suoi superiori e dei suoi compagni , che non si spiegavano come mai non volesse approfittare della situazione.
Le SS come lui venivano ricompensate con 3 giorni di congedo per aver ammazzato un prigioniero scoperto durante un tentativo di fuga. E così spesso i soldati si facevano consegnare il cappello da un detenuto per poi gettarlo oltre la recinzione del campo. Ordinavano al prigioniero di andarlo a recuperare e quando questi cercava di farlo, gli sparavano. Nel caso in cui si fosse rifiutato gli avrebbero comunque sparato.
Edward non partecipo mai a questo tipo di “attività”, restava in disparte ad osservare quello che accadeva e quando cercava di opporsi veniva punito.
Il suo modo di agire era considerato una debolezza ad Auschwitz e, visto che le punizioni su di lui non funzionavano, per un certo periodo fu mandato alla scuola di addestramento delle SS, dove avrebbe dovuto imparare a trattare i prigionieri con mano più pesante.
Anche questa volta il comandante del campo non ottenne nessun risultato. Edward non si abituò mai agli abusi sui prigionieri e una volta tornato dalla scuola cercò di aiutarli come poté, anche nella fuga.
Secondo alcuni sopravvissuti al lager, salvò molte vite umane.
Nel 1942 venne spostato a dirigere la bottega del fabbro ad Auschwitz, dove lavoravano diversi prigionieri. Visto che poteva decidere da solo chi reclutare, scelse di dirottare a questa mansione sicuramente più leggera coloro che non avevano forze per lavorare e avevano bisogno di essere curati.
Fu lasciato da solo a gestire il reparto. Fino a che avesse generato profitti per la gestione dei campi e nessuno si fosse accorto di qualche azione contro il regolamento, il comandante non avrebbe controllato il suo operato.
Questa libertà di gestione gli permise di adoperarsi in ogni modo a favore dei prigionieri.
Si assicurava soprattutto che ricevessero i pasti quotidiani e le medicine necessarie per poter stare meglio.
La vita di Edward ad Auschwitz era sempre più complicata.
La sua insofferenza era ormai diventata quasi incontenibile.
Secondo la testimonianza di un prigioniero  che in seguito divenne il direttore generale del Memorial and Museum Auschwitz Birkenau, Kazimierz Smoleń, una sera Lubusch, completamente ubriaco, iniziò a sparare sul ritratto di Hitler.
I detenuti riuscirono a bloccarlo e mascherarono i buchi nel ritratto in modo che nessuno potesse rendersi conto di cosa fosse successo perché un gesto del genere gli sarebbe costato la vita.
L’azione più importante che riuscì a compiere fu, probabilmente, l’aiuto che diede a Edek Galiński e a Mala Zimetbaum,
I due giovani, che si erano conosciuti alla fine del 1943, erano innamorati.
Edward decise di aiutarli a fuggire, fornendo a Edek una divisa e a Mala un finto documento di trasferimento in un altro campo . I due giovani, di cui ho raccontato la storia qualche giorno fa, riuscirono a riguadagnare la libertà per qualche giorno, ma poi purtroppo furono catturati e riportati ad Auschwitz. Nonostante le torture non rivelarono mai il nome di Edward.
Subito dopo la loro morte Lubusch decise di abbandonare il suo lavoro nel lager.
Si rese conto che qualsiasi aiuto avesse dato a uno dei prigionieri per lui sarebbe stato un grosso rischio.
Il suo desiderio di essere tedesco si era affievolito con il passare del tempo. La Germania di Hitler non era quella che lui avrebbe voluto. Per questo decise di riavvicinarsi alla sua patria di origine, la Polonia.
Secondo alcune testimonianze, partecipò attivamente alla formazione polacca dell’ AK.
Si impegnò direttamente al fronte e diede il suo contributo durante gli interrogatori ai soldati catturati,  in quanto conosceva molto bene il tedesco.
Purtroppo la fortuna che fino a quel giorno lo aveva assistito venne a mancare alla fine del 1944, quando fu arrestato dalle SS a Wadowice, mentre cercava di ricongiungersi alla famiglia.
Venne condotto in prigione a Bielsko.
Fu sottoposto  a un breve e sommario processo che si con concluse con la sua
condanna a morte.
La sentenza non venne eseguita a causa dei combattimenti che infuriavano in città  e che distrussero quasi tutto. L’avanzata dell’esercito Russo costrinse i tedeschi a trasferire tutti i prigionieri a Berlino, dove rimase in una prigione allagata dall’acqua per più di un mese in attesa di esecuzione.
La situazione stava precipitando rapidamente e così i soldati tedeschi decisero di reclutare tutti gli uomini che erano in grado di trovare per difendere la città. Per questo, nel marzo del 1945, liberarono Edward e lo inviarono con le truppe d’assalto a combattere. Alla prima occasione, ovviamente, scappò.
Durante la fuga riuscì a recuperare i documenti e gli abiti di un soldato morto, Władysław Żołnierowicz, di origine polacca. Da quel giorno Edward Lubusch scomparve.
Riapparve solo molto tempo dopo la fine della guerra, ma non poté più riacquistare la sua identità. Il rancore nei confronti dei soldati tedeschi era ovviamente ancora molto forte. Nonostante avesse compiuto numerose buone azioni rimaneva pur sempre un ex soldato che aveva prestato servizio nel campo di sterminio di Auschwitz.
Visse il resto della sua vita in tranquillità fino al 1984, quando morì.
La storia di Edward Lubusch venne scoperta da suo figlio e confermata da molti testimoni.
Questa vicenda mi fa pensare che qualcosa di buono può sempre accadere anche quando a prevalere sono l’odio la morte.

BIBLIOGRAFIA

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