August Kowalczyk era nato il 15 agosto 1921 a Tarnawa Góra, in Polonia. Era di origine ebraica.
La sua vita era cambiata completamente il giorno in cui era stato arrestato. Era il dicembre del 1940.
August avrebbe voluto unirsi all’esercito polacco guidato dal generale Władysław Sikorski, ma fu catturato durante il viaggio e deportato ad Auschwitz.
Quando fece il suo ingresso nel campo di concentramento, perse la sua identità per diventare il prigioniero numero 6804.
Era riuscito a sopravvivere tra mille difficoltà per due anni.
Nel giugno del 1942, con altri 50 prigionieri polacchi che stavano lavorando in un campo, aveva tentato la fuga.
Soltanto in nove, tra cui Kowalczyk, erano riusciti a scappare.
Tutti gli altri erano stati raggiunti e uccisi.
Si era nascosto nella foresta.
Dopo qualche ora era stato trovato in un campo di grano da alcune donne polacche.
Lo avevano aiutato.
Gli avevano fatto indossare abiti femminili e lo avevano portato in un posto sicuro.
Ha trascorso 7 settimane nella soffitta di una casa nel villaggio di Bojszowy, a 12 km da Auschwitz.
Grazie all’aiuto di chi fino a quel momento lo aveva nascosto, era riuscito ad ottenere dei documenti falsi, con i quali aveva deciso di andare a Cracovia.
A destinazione si era arruolato finalmente nell’esercito polacco. Aveva passato i 3 anni successivi a combattere nella Resistenza polacca.
Così raccontava la sua fuga: 《L’inizio lo ricordo come un film al rallentatore. Mi avvicinai ai vestiti senza alcuna ansia, indossai i pantaloni, la camicia e il cappotto. Prima avevo strappato gli stracci con il mio numero sopra così da poter mantenere l’anonimato durante la fuga. Mi avvicinai alla pala preparata in precedenza, la misi sulla spalla, feci qualche passo verso l’uomo delle SS, presi la mira e la lanciai, ma lui balzò in piedi come se fosse stato su una molla. I miei compagni sono scappati. Ho fatto cadere la pala a terra e ho cercato di uscire dal campo visivo dell’uomo delle SS. Vidi Mietek Kawecki correre davanti a me, ma era già ferito, rallentò la corsa, finché non cadde a terra. Anche il gruppo vicino doveva fuggire, ma il “loro” uomo delle SS non ne sapeva nulla e la nostra fuga iniziò prima…
Uno dei soldati mi vide…Si concentrò su di me e tentò di fermarmi. Sparò… 10 metri, 8, 6… Mi colpì con la canna del fucile sulle spalle. Mi voltai. Un altro iniziò a scappare, l’uomo delle SS lo seguì, mi girai di nuovo, e con altri due compagni corremmo tra i cespugli e continuammo a correre. Ho iniziato lo “spogliarello” che avevo programmato in precedenza. Lanciai uno stivale da una parte, l’altro dall’altra. Indossai le scarpe da corsa che ero riuscito a prendere da uno dei Kapo tedeschi. L’idea era di ingannare i cani poliziotto delle SS. La giacca, la camicia e i pantaloni seguirono gli stivali: li gettai nei cespugli. Ero solo in mutande e scarpe da ginnastica. I cespugli finirono, avevamo circa 40 metri di prato davanti a noi, seguiti da altri cespugli. I miei compagni stavano correndo. L’uomo delle SS sparò due volte senza prenderci. Mi nascosi in un cespuglio e vidi che iniziava a ricaricare. Pensavo di poter nascondermi per quando avesse finito. Il mio ragionamento era corretto, ma il piano fallì perché lui ricaricò il fucile e io ero ancora nel cespuglio. Deve avermi visto, perché ha preso la mira… Poi, mentre attraversavo correndo quel prato, devo aver battuto il record mondiale dei 60 m di corsa. Lui sparò due volte, io arrivai tra i cespugli, poi attraversai un vecchio letto della Vistola. Ho perso una scarpa, ho buttato via l’altra, sono entrato in acqua, ho nuotato per circa 200 m lungo il fiume e ho raggiunto l’altra sponda vicino ai primi edifici che ho visto. Un lucchetto sul cottage, un lucchetto sul fienile, non c’era nessun posto dove nascondersi…
Ho visto dei ragazzini con le mucche tra il villaggio e la foresta. Ho camminato un po’ lungo la foresta e li ho chiamati. Uno mi si è avvicinato, mi ha guardato e ha sussultato: “Buon Dio, sei scappato da Auschwitz!” Figliolo, sto solo scappando. E ho una richiesta. Hai una madre? Vai a casa, da tua madre, e dille che c’è qualcuno che sta scappando da Auschwitz e ha una richiesta – potrebbe portarmi dei suoi vecchi vestiti che non le servono? Avevo avuto l’idea di vestirmi da donna. Gli ho anche chiesto di darmi la sua giacca verde. Mi calzava perfettamente. All’epoca pesavo 49 kg, e lui aveva 13 anni. Il ragazzo corse al villaggio, e io mi allontanai parecchio, perché non sapevo cosa sarebbe successo, se fosse tornato da solo o con la polizia. È tornato da solo in 20 minuti, ma a mani vuote. “Non possono darmeli. Il figlio del nostro capo tedesco sta guardando le mucche con me”. Gli ho detto che aveva fatto bene, ma in quel caso non gli avrei restituito la giacca. Gli ho anche chiesto di rinunciare al suo berretto. Volevo coprire la mia testa rasata. Il ragazzo ritornò nella foresta, gettò il berretto e andò verso le mucche. Continuai a camminare. Per la prima volta camminavo tra i campi come un essere umano: non stavo correndo, non stavo fuggendo. Circa 50 metri più avanti ho visto una bicicletta sul bordo della strada a sinistra e altri 30 metri più avanti una donna della Slesia che piantava cavoli. Ho esitato: la bicicletta o la donna. Mi avvicinai alla donna e le dissi: “Potrebbe farmi un favore? Mi chiamo August Kowalczyk e sono in fuga dal campo. Per favore, portami dei vecchi vestiti da casa; voglio vestirmi da donna”. Non posso darteli. Tutto è razionato. Ma non preoccuparti. Cammina per circa 50 o 60 metri, vedrai un contadino che sta scavando le patate. Ci sono cinque o sei donne che lavorano con lui. Parla con loro, ti daranno sicuramente qualcosa”. Funzionò. Mi avvicinai alla più anziana e spiegai cosa cercavo. Lei capì subito e mandò due donne al villaggio. Quando tornarono mezz’ora dopo cominciai a vestirmi. Le gonne di Slesia sono lunghe, ma la donna che indossava la mia doveva essere bassa perché arrivava solo fino a metà polpaccio. Ho messo la camicetta, il grembiule e il foulard. Avevo anche un cesto di patate e una zappa. L’idea di travestirmi era buona e ben presto ne ho avuto la prova perché un attimo dopo un poliziotto si è avvicinato al nostro gruppo. L’altro ragazzo che guardava le mucche si era insospettito e aveva iniziato a chiedere della giacca e del berretto al mio ragazzo, che aveva vuotato il sacco. Corse dal padre e il poliziotto afferrò la bici per cercare un fuggitivo con giacca e berretto. Ma il fuggitivo indossava già l’abito di una donna. Passai la notte sdraiato tra il grano. Presi il mio cesto e la zappa e cominciai a camminare verso il bacino di Dąbrowa.
Vidi due donne che si avvicinavano. La più anziana disse alla più giovane: “È Łucja o no? Gesù Cristo, quello è un uomo!” La gonna troppo corta mi ha tradito. “Sì, sì, un uomo. E uno che sta fuggendo da Auschwitz”. Ho avuto un’altra idea, non correre oltre, ma nascondermi per due o tre settimane. Una di loro ha detto: “Nascondetevi, aspettate, e cercheremo di organizzare qualcosa”. Ho deciso di correre il rischio. Avevo ragione. Sono rimasto sdraiato lì per tre giorni e tre notti. Le donne tornarono e mi portarono con loro. Dovevano trovare una casa senza bambini piccoli. Due famiglie si impegnarono ad aiutarmi. Mi prepararono un nascondiglio nella soffitta sopra la stalla…》
La gente che viveva e lavorava vicino al campo di concentramento nazista era stata fondamentale per la salvezza di August.
Dopo la guerra era diventato un attore e regista.
Il 9 novembre del 1945 aveva debuttato in teatro. Era diventato direttore dell’ “Adam Mickiewicz Theater”, un teatro situato nella piazza di Cieszyn, in Polonia.
Successivamente aveva assunto il ruolo di direttore del “Polish Theater” di Varsavia. Si era ritirato nel 1981.
Da quel momento aveva dedicato la sua vita a parlare con i giovani e raccontare loro la sua storia nel lager nazista.
Aveva contribuito alla creazione del “Memorial Hospice” di Oświęcim, che per lui era come un dono per quei civili che avevano rischiato la loro vita per aiutare i prigionieri in fuga.
La casa di cura era stata inaugurata nel giugno del 2012.
Il 31 luglio August Kowalczyk é mancato a causa di un cancro.
