“… Mi occupavo della sorveglianza nel gulag, dovevo fare in modo che nessuno tentasse di fuggire.
Nel campo n. 22 sono internati 50.000 prigionieri, messi dentro per due ragioni: aver parlato male del regime, essere parenti di chi ha parlato male del regime.
Tutti possono finire dentro, anziani, donne e bambini compresi, basta essere tacciati di comportamenti anti-rivoluzionari.
L’economia dei campi si basa sui lavori forzati, nelle zone agricole. Ci si alza alle cinque del mattino e si lavora sino alle dieci di sera. Nelle miniere si estrae carbone a rotazione di tre turni, mentre gli altri si occupano del cibo. Si mangia tre volte al giorno «ma su base meritocratica», chi lavora di meno può anche saltare i pasti.
In sette anni ho visto morire oltre duemila persone per fame, esecuzioni, torture incidenti sui lavori forzati e malattie…”
