La storia di Don Giuseppe Rossi, massacrato dai fascisti

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Al sopraggiungere della sera le camicie nere lo prelevarono da casa e lo portarono via. Di lui non si seppe più nulla per quasi una settimana, fino al giorno in cui uno dei fascisti si confidò con una ragazza di Castiglione...

Tante donne e uomini morirono per mano delle squadre nazifasciste durante la seconda guerra mondiale. Le nostre montagne dell’Ossola furono teatro di molti scontri e di cruente battaglie, ma anche di vendette e rappresaglie di chi fino al giorno prima era semplicemente un vicino di casa. La storia che vi vorrei raccontare è quella di un uomo semplice e buono. Don Giuseppe Rossi aveva 32 anni nel 1945.Era parroco a Castiglione, un piccolo paese in valle Anzasca, in quella che oggi è la provincia del Verbano-Cusio-Ossola.
Era nato a Varallo Pombia il 3 dicembre 1912.La sua era una famiglia modesta, abituata ai sacrifici che la vita gli imponeva. Il papà aveva viaggiato per anni tra Francia e Germania per cercar lavoro.
Nel 1925 entra in seminario ad Arona e il 29 giugno 1937 era stato ordinato prete. Un anno dopo venne mandato a Castiglione per svolgere il suo compito.
Durante la guerra era rimasto vicino alla sua gente. Il 26 febbraio del 1945, al mattino, una colonna di camicie nere subì un attacco partigiano mentre saliva a Macugnaga: sul campo rimasero 2 morti e 15 feriti. La vendetta fascista non si fece attendere molto. Furono fermate 45 persone, fra anziani, donne e bambini. Venne prelevato anche don Giuseppe, accusato di aver suonato le campane proprio mentre avveniva l’assalto, alle 9 del mattino. Sicuramente era un segno dato ai partigiani per dar inizio all’attacco. Dopo una giornata di interrogatori e prepotenze, nel pomeriggio tutti vennero liberati, anche don Giuseppe.
Alcuni dei suoi parrocchiani gli consigliarono di fuggire, ma lui non volle lasciare Castiglione. Al sopraggiungere della sera le camicie nere lo prelevarono da casa e lo portarono via. Di lui non si seppe più nulla per quasi una settimana, fino al giorno in cui uno dei fascisti si confidò con una ragazza di Castiglione. Raccontò che il corpo di don Rossi era stato abbandonato nel vallone Colombetti.
Era il 4 marzo. Don Giuseppe giaceva sotto pochi centimetri di terra, in una buca scavata con le unghie, ricoperto di lividi, con il cranio sfondato e il colpo di grazia in pieno volto.
Aveva pagato con la vita il suo coraggio.
La gente di Castiglione non lo ha mai dimenticato, ogni anno celebra il suo ricordo.

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