Nella primavera del 1944, sull’Appennino Ligure, tra Genova e Alessandria, operavano due brigate partigiane, la Brigata Autonoma Alessandria e la 3ª Brigata Garibaldi Liguria, comandata dal capitano degli alpini Edmondo Tosi.
Tra il 3 e 6 aprile, alcuni reparti tedeschi, supportati da 4 compagnie della Guardia Nazionale Repubblicana, 2 provenienti da Alessandria e 2 da Genova, e da un reparto del reggimento di Granatieri proveniente da Bolzaneto, accerchiarono la zona del Tobbio partendo da Busalla, Pontedecimo, Masone, Campo Ligure, Mornese, Lerma.
Il 6 aprile iniziarono gli scontri armati fra parigiani e nazifascisti.
La 3ª Brigata Garibaldi Liguria cercò di rompere l’assedio dividendo i propri uomini in piccoli gruppi, mentre la Brigata Autonoma Alessandria cercò di difendere il Monastero della Benedicta e Pian degli Eremiti.
Secondo le testimonianze dei superstiti degli scontri di quei giorni, proprio nel monastero della Benedicta si erano rifugiati gli uomini disarmati o meno esperti delle due Brigate.
Il 7 aprile le forze nazifasciste circondarono la Benedicta e le altre cascine dove erano rifugiati i partigiani.
Tutti coloro che furono trovati vennero duramente puniti, proprio perché erano impossibilitati a difendersi per la mancanza di armi e di esperienza militare.
Il rastrellamento proseguì per tutto il giorno e nella notte successiva. Alcuni, sfruttando la conoscenza del territorio, riuscirono fortunosamente fuggire, ma per centinaia di loro non ci fu scampo.
Vennero fucilati 147 partigiani, mentre altri caddero in combattimento.
Una parte di coloro che furono rastrellati, 17 giovani, venne giustiziata il 19 maggio al Passo del Turchino, insieme ad altri 42 prigionieri, come rappresaglia per un attentato contro alcuni soldati tedeschi al cinema Odeon di Genova, in quella che sarà poi ricordata come la strage del Turchino.
In 400 furono catturati e deportati a Mauthausen e Auschwitz.
200 di loro riuscirono a fuggire, mentre i loro compagni non tornarono mai più dai campi di concentramento.
Secondo le intenzioni dei nazifascisti, il rastrellamento della Benedicta avrebbe dovuto annientare il sostegno che la popolazione civile dava ai partigiani. Ma fu proprio il contrario: la divisione “Mingo”, attiva nell’ovadese, ebbe tra i suoi promotori proprio alcuni degli scampati alla Benedicta.
Altri partigiani sopravvissuti continuarono la loro esperienza in formazioni della Val Borbera e in altre divisioni partigiane dell’appennino alessandrino.
Grazie al sacrificio di questi e di molti altri giovani, oggi possiamo vivere in un paese libero. Ora e sempre Resistenza…
