Tra i tanti genocidi dimenticati fra le pagine impolverate della storia ce n’è uno che è stato tenuto nascosto per oltre 50 anni.
Si tratta dell’Holodomor, il genocidio dei contadini ucraini.
In lingua ucraina Holodomor significa “infliggere la morte attraverso la fame”.
Questo termine non fu scelto a caso…
Durante il periodo staliniano, una parte dei contadini ucraini si oppose alla collettivizzazione delle terre imposta dal governo centrale.
In tutta risposta Stalin decise di privarli completamente del cibo, per vincere la loro resistenza. Chi non avesse consegnato tutte le proprie scorte alimentari allo stato, sarebbe stato condannato a morte o deportato in un Gulag.
Quello che veniva considerato come Il Granaio d’Europa, fu in breve tempo svuotato, privato non solo dei cereali e del frumento, ma anche di tutto ciò che era necessario per poter sopravvivere.
Secondo alcune stime, in poco più di 2 anni moriranno circa 2 milioni di contadini ucraini, ma il numero effettivo delle vittime non è mai stato accertato.
Per quanto riguarda le reali intenzioni di Stalin, anche in questo caso non vi è certezza.
Infatti, secondo alcuni storici, il suo intento reale non era quello di sterminare un’intera popolazione. Secondo altri il suo intento era ben chiaro.
Stalin infatti riteneva, in modo piuttosto superficiale oserei dire, che il cibo rimanente concesso alla popolazione fosse sufficiente per poter consentire la sopravvivenza.
E tutto ciò che venne confiscato che fine fece?
Le derrate alimentari venivano esportate per acquisire la valuta estera di cui aveva bisogno l’Unione Sovietica per progredire nell’industria. La “ragion di stato”, in pratica, giustificava tutto.
In sostanza la popolazione contadina ucraina fu costretta, con sistemi violenti, ad accettare il piano di trasformazione della società voluto dal governo centrale. La strategia di cambiamento fu attuata in due momenti successivi.
Fra il 1929 e il 1932 vennero varate la misura di collettivizzazione e di “dekulakizzazione”, che prevedevano rispettivamente la fine della proprietà privata e la deportazione nelle regioni artiche di tutti coloro che vi si sarebbero opposti. I contadini non potevano far altro che entrare a far parte delle fattorie collettive create dal Partito.
Fra il 1932 e il 1933 furono attuate tutte quelle misure governative che privarono la popolazione contadina Ucraina del necessario per poter sopravvivere.
Dal canto loro, i contadini si opposero con ogni mezzo alla collettivizzazione: occultarono scorte alimentari, macellarono il bestiame e ricorsero, in qualche occasione, alle armi. Stalin reagì ordinando eliminazioni fisiche e deportazioni di massa nei campi di lavoro forzato: “Per eliminare i kulaki come classe non è sufficiente la politica di limitazione e di eliminazione di singoli gruppi di kulaki […] è necessario spezzare con una lotta aperta la resistenza di questa classe e privarla delle fonti economiche della sua esistenza e del suo sviluppo”. (Josif Stalin)
Pochi vi aderirono volontariamente e così Stalin, per accelerare il processo, inviò nelle campagne migliaia di funzionari governativi e circa 25.000 lavoratori dell’industria a lui devoti, per aiutare a gestire le fattorie e combattere le forme di resistenza attiva e passiva.
E fu così che nella sua propaganda di diffusione del pensiero collettivo, il Partito Comunista dell’Unione Sovietica definì i contadini ucraini come “kulaki” e li accusò pubblicamente di essere una “classe sociale” privilegiata, pertanto invisa al governo centrale e contraria al bene del popolo.
I contadini opposero una strenua resistenza all’esproprio dei loro beni, tanto che alcuni rapporti dell’epoca riportano: «L’opposizione ha preso all’inizio la forma dell’abbattimento del bestiame e dei cavalli, piuttosto che vederli collettivizzati…. Tra il 1928 e il 1933, il numero dei cavalli si é ridotto da quasi 30.000.000 a meno di 15.000.000; da 70.000.000 di bovini, di cui 31.000.000 vacche, si passò a 38.000.000, di cui 20.000.000 vacche; il numero dei montoni e delle capre é diminuito da 147.000.000 a 50.000.000 e quello dei maiali da 20.000.000 a 12.000. 000…. Alcuni contadini hanno ucciso funzionari locali e sono arrivati a bruciare le proprietà della collettività. Altri, e in numero ancora maggiore, si rifiutano di seminare e di raccogliere…»
Con l’accusa di rubare il grano e di opporsi alle decisioni del regime, migliaia di persone vennero arrestate e deportate, insieme alle loro famiglie, nei gulag siberiani.
In una dichiarazione al primo ministro inglese Winston Churchill, Stalin disse che erano stati messi sotto accusa 10 milioni di kulaki e che “la gran massa era stata annientata”.
Il 7 agosto 1932 il governo di Mosca introdusse la pena di morte per il furto allo stato o alla proprietà collettiva. Furono inclusi, tra i reati per cui era comminata la pena capitale, anche l’appropriazione da parte di un contadino di grano per uso personale.
A settembre dello stesso anno, furono approvate delle misure che riducevano la pena a dieci anni di detenzione per i casi meno gravi, limitando la pena di morte ai casi di furti sistematici di cibo.
Quando alla fine di ottobre Stalin si rese conto che nel granaio dello stato era entrato solo il 39% del grano richiesto, oltre 103.000 persone furono condannate in base al decreto del 7 agosto.
Di queste, 4.800 circa furono giustiziate, mentre oltre 26.000 furono condannate a dieci anni di prigione.
Questa è in breve la triste storia dell’Holodomor, il genocidio dei contadini ucraini.
Ogni genocidio va raccontato, perché le vittime sono vittime e meritano tutte il nostro ricordo….
