Il genocidio armeno: una storia da non raccontare

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Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 vennero eseguiti i primi arresti tra l'élite armena di Costantinopoli. L'operazione continuò anche nei giorni successivi.....

Per genocidio letteralmente si intende la metodica distruzione di un gruppo etnico, razziale o religioso, compiuta attraverso lo sterminio degli individui e l’annullamento dei valori e dei documenti culturali.
Questo è  quello che avvenne al popolo Armeno.
Gli armeni usano l’espressione Medz Yeghern ,  grande crimine, per raccontare la loro storia.
Ma facciamo in passo indietro per meglio comprendere cosa avvenne.
La loro voglia di indipendenza fu repressa nel sangue con grande durezza fin dall’inizio.
Fra l’agosto e il settembre del 1894 ebbe luogo il primo massacro di Armeni.
Ne seguì un’altra strage del 1895-96.
Nel XX  secolo la situazione si aggravò ulteriormente  quando i Giovani Turchi, saliti al potere nel 1908, iniziarono a diffondere  l’ideale della supremazia della razza turca in tutti i territori dell’Impero ottomano.
Il clima di crescente tensione portò al massacro di Adana. Temendo un’alleanza con la Russia, di cui erano nemici, nella notte tra il 25 e il 26 aprile 1909, con l’aiuto degli zingari e dei Basci-buzuk, i soldati ottomani massacrarono i cristiani, razziando i loro averi, le chiese e le scuole.
Tutto questo avvenne per consolidare l’idea che  “la rigenerazione della Turchia passasse attraverso una purificazione di tutti gli “infedeli dell’Impero”.
Le vittime furono circa 30.000.
Ma il vero sterminio di massa avvenne qualche anno dopo.
Nel 1915, in seguito all’approvazione della legge Tehcir del 29 maggio, venne autorizzata  la deportazione della popolazione armena dell’Impero ottomano. 
Allo scoppio della prima guerra mondiale molti armeni disertarono, e battaglioni armeni dell’esercito russo cominciarono a reclutare fra le loro file armeni che prima avevano militato nell’esercito ottomano. La città di Van venne conquistata da queste truppe, che intendevano cederla poi ai russi. Nel frattempo, l’esercito francese finanziava e armava a sua volta gli armeni, incitandoli alla rivolta contro il nascente potere repubblicano. 


Nella notte tra il 23 e il 24 aprile 1915 vennero eseguiti i primi arresti tra l’élite armena di Costantinopoli.
L’operazione continuò anche nei giorni successivi. In un solo mese, oltre 1.000 intellettuali armeni, tra cui giornalisti, scrittori, poeti e perfino delegati al parlamento, furono deportati verso l’interno dell’Anatolia. Non ci arrivarono mai perché  furono massacrati lungo la strada. Friedrich Bronsart von Schellendorf, tedesco e Maggiore Generale dell’Impero ottomano, nell’ottica degli stretti rapporti che questi ultimi avevano con l’Impero tedesco, viene dipinto come “l’iniziatore del regime delle deportazioni armene”.
Arresti e deportazioni  di massa,  compiute  per lo più  dai Giovani Turchi, di cui faceva parte anche Atatürk,  coinvolsero 1.200.000 persone, centinaia di migliaia morirono per fame, malattia o sfinimento durante le cosiddette marce della morte.
Furono organizzate con la supervisione di ufficiali dell’esercito tedesco in collegamento con l’esercito turco, secondo le alleanze tra Germania e Impero ottomano. Le  possiamo considerare come prova generale delle marce della morte perpetrate dai nazisti ai danni dei deportati nei propri lager durante la Seconda guerra mondiale.


Altre centinaia di migliaia  di Armeni furono massacrati dalla milizia curda e dall’esercito turco. Quanto avvenne in quei giorni terribili arriva fono a noi grazie alle fotografie di Armin T. Wegner, militare, scrittore e attivista dei diritti umani. I superstiti si disperdere in Egitto, in Siria, in Libano, in Israele, in Iran, in Europa e negli Stati Uniti. Al termine della guerra, le potenze alleate intervennero sulla questione Armena,  imponendo alla Turchia la concessione dell’indipendenza agli Armeni  in base al Trattato di Sèvres del 1920.
L’accordo non fu rispettato a causa dall’arrivo al potere del leader nazionalista Atatürk, che diede inizio all’assimilazione politico-culturale delle minoranze etniche, dando ulteriore incremento alla diaspora armena nel mondo.
Le cifre  del genocidio Armeno sono controverse.
Secondo il Patriarcato armeno di Costantinopoli, nel 1914 gli Armeni anatolici andavano da un minimo di 1.850.000 ad un massimo di 2.100.000 individui.
Secondo lo storico Arnold J. Toynbee,  ufficiale dell’intelligence britannica in Anatolia durante la I guerra mondiale, gli Armeni nel paese erano circa 1.800.00.
Lo storico turco Taner Akçam fu il primo a parlare  genocidio. Per questo venne arrestato nel 1976 e condannato a  10 anni di reclusione.
L’anno successivo, inaspettatamente, riuscì a fuggire e a rifugiarsi in Germania, per poi andare negli Stati Uniti d’America, dove iniziò a lavorare presso lo Strassler Family Center for Holocaust and Genocide Studies della Clark University.
Il governo turco, da parte sua, rifiuta categoricamente  di riconoscere il genocidio ai danni degli armeni.
La legge turca punisce con l’arresto e la reclusione fino a 3 anni chiunque osi nominare in pubblico l’esistenza del genocidio degli armeni in quanto gesto anti-patriottico.
Tocca noi ricordare e raccontare, questo genocidio e tutti quella che la storia vuole dimenticare, perché nessuna vittima merita l’oblio della negazione

BIBLIOGRAFIA

  • Nora Arissian, Il genocidio armeno 1915. Nel pensiero degli intellettuali arabi siriani, prefazione, traduzione e cura di Kegham J. Boloyan, Bari, Radici Future, 2018, ISBN 978-88-9986-523-8• Emilia Askhen De Tommasi, Nor Arax: storia del villaggio Armeno di Bari, Bari, LB edizioni, 2017, ISBN 978-88-9483-106-1

    • Henry Barby, Nella Terra del Terrore: Il Martirio dell’Armenia, a cura di Carlo Coppola, presentazione di Sargis Ghazaryan, Bari, LB edizioni, 2016, ISBN 978-88-9409-226-4.

    • Hrand Nazariantz, L’Armenia, il suo martirio e le sue rivendicazioni, a cura di Cosma Cafueri, revisione bibliografica di Carlo Coppola, postfazione di Anahit Sirunyan, Bari. FaL vision, 2016

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