Maus, il fumetto che racconta l’Olocausto

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Un libro molto interessante, suddiviso in due parti: “Mio padre sanguina storia”, che mostra le condizioni di vita sempre più dure degli ebrei polacchi negli anni immediatamente prima dello scoppio della guerra, e “E qui sono cominciati i guai”, che, in cinque capitoli, rappresenta la vita dei deportati all’interno dei lager....

Uno dei libri forse più interessanti sull’Olocausto, vincitore di un premio Pulitzer, è Maus, di Art Spiegelman. Una graphic novel molto interessante che riesce a colpire, come solo un fumetto sa fare, con la crudezza del racconto e della ricostruzione. Il tutto mitigato da disegni dove le fattezze dei personaggi  sono  quelle di animali antropomorfi dal forte significato simbolico.
Gli ebrei perseguitati sono topi, i nazisti come gatti, i loro sadici antagonisti rituali, i francesi come rane, i polacchi con le fattezze di maiali, mentre gli americani, nemici dei nazisti, non possono altro che avere le fattezze dei cani.

Un libro molto interessante, suddiviso in due parti: “Mio padre sanguina storia”, che mostra le condizioni di vita sempre più dure degli ebrei polacchi negli anni immediatamente prima dello scoppio della guerra, e “E qui sono cominciati i guai”, che, in cinque capitoli, rappresenta la vita dei deportati all’interno dei lager.
Sono pagine molto dure, che lessi qualche anno fa e che continuano ancora oggi a comunicarmi sensazioni di angoscia, con i volti dei topi sempre più emaciati, capaci di rendere, in poche pagine, una dettagliata ricostruzione storica, dando voce e forma ai personaggi.
Ma non è mia intenzione recensire il volume, perché basta citare per citare i principali giudizi critici reperibili su Wikipedia: «Un’epopea narrata a disegni minuscoli» (New York Times); «Spiegelman ha trasformato la Germania nazista in una mostruosa trappola per topi… Semplice e di grande respiro.» (Associated press); «Una riuscita trionfale, tranquilla, commovente, semplice… impossibile da definire con precisione, e impossibile da ottenere in forme diverse dal fumetto.» (The Washington Post); «Un impressionante documento visivo. Le minuscole figure animali che si muovono, si vestono e parlano come esseri umani diventano una metafora dell’esperienza ebraica.» (Il curatore del Jewish Museum).


In realtà il volume è purtroppo tornato alla ribalta proprio in questi giorni per una decisione molto discussa: una scuola del Tennessee esclude dai corsi la graphic novel sull’Olocausto Maus. Le motivazioni? Il libro è “inappropriato”, per il linguaggio “sconveniente” con alcune parolacce (ma vi sarebbe piaciuto il nazista che apostrofa l’ebreo con “Acciderbolina, che mascalzoncello che sei! Mi hai fatto adirare e pertanto ti darò le botte sul popò” o vi sarebbe sembrato ridicolo?) e soprattutto per la presenza di scene di nudo. Scene di nudo. Sinceramente l’ho cercata nel testo perché a memoria non mi sovveniva.
Si tratta di una discussione molto sentita, soprattutto nel mondo “nerd”, degli amanti dei fumetti: se è vero che da una parte c’è chi dice che, senza parolacce e scene di nudo il libro avrebbe la stessa forza, quasi tutti si scagliano contro questa censura contro la libertà espressiva dell’autore che è riuscito a rendere una tematica particolarmente ostica come quella dell’Olocausto e dell’intervista al padre (giornalisticamente una cosa non semplice da fare proprio per la mancanza di distacco emotivo) in un piccolo capolavoro.

BIBLIOGRAFIA

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