San Vittore è la porta d’entrata della Mesolcina e del Canton Grigioni. Caratterizzato da una topografia eterogenea tra montagne e campagna, il suo territorio vanta un passato artistico ed ecclesiastico di notevole importanza. Uno degli edifici storici più significativi è sicuramente la Cappella di San Lucio a San Vittore, edificio decisamente insolito e unico nel suo genere. È formato dall’oratorio vero e proprio, un corpo quadrangolare di origine tardomedievale, che ingloba parzialmente uno sperone roccioso, sul quale, già da tempi più antichi, era stata costruita una sorta di torre circolare, detta “rotonda”. La rotonda si trova ai bordi dell’odierna strada cantonale proprio sotto la Torre di Pala. È un monumento inconfondibile, nonché il più antico edificio tuttora esistente in Mesolcina. Il corpo cilindrico si erge a 3,4 metri dal piano stradale, abbarbicato su uno sperone roccioso.

La struttura è scandita da lesene e specchiature e completamente intonacata. Lo stesso edificio è sormontato da un tetto conico in piode e da un piccolo campanile a vela (dove ancora si trova una campana degli inizi del XIII secolo).Ci sono pochi dubbi sull’epoca di costruzione della rotonda, che viene fatta risalire al periodo carolingio, tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo. Non esiste documentazione scritta sull’origine dell’edificio e la datazione si basa sugli elementi stilistici. Inoltre, l’analisi dell’intonacatura esterna, ancora ben conservata, indica chiaramente l’epoca carolingia. Se possiamo sapere con buona certezza l’epoca di costruzione, lo stesso non vale per la funzione. Il diametro interno della rotonda è di appena 3,10 metri: difficile che potesse servire per la celebrazione del culto con presenza dei fedeli. Non ci sono nemmeno tracce o indicazioni relative alla presenza di un altare o di un fonte battesimale.

All’interno si trovano quattro nicchie ricavate nel muro perimetrale dello spessore di circa un metro. Le pareti interne erano certamente decorate con pitture, di cui ora restano tracce poco leggibili. In occasione di una mostra dedicata a Carlo Magno e la Svizzera, allestita presso il Museo nazionale svizzero a Zurigo, è stato stilato un contributo relativo alla rotonda di San Lucio. François Guex, autore di tale contributo, fa notare come la cappella stessa sia una sorta di pietra miliare che segna da circa 1200 anni il limite sudoccidentale della diocesi di Coira. L’edificio doveva trovarsi in origine ai margini del piano alluvionale della Moesa, in una posizione che la rendeva visibile da lontano. Ritornando alla funzione dell’edificio, è escluso che vi si potessero riunire gruppi di fedeli e sembra poco probabile che servisse da battistero. Inoltre, il patrocinio di San Lucio è riscontrabile soltanto nel XV secolo. Non si esclude invece che l’edificio costruito ai piedi del masso sia stata la primitiva chiesa parrocchiale di S. Vittore.

È anche possibile che verso nord, dove è posta la scala e l’ingresso della rotonda, si trovasse sin dall’inizio un avancorpo. L’edificio attuale risale probabilmente al XIV secolo. Lo stesso François Guex rileva la forte somiglianza tra la rotonda di San Lucio e le raffigurazioni paleocristiane del sepolcro di Cristo. Inoltre, in corrispondenza del solstizio d’estate, dalla più sottile delle feritoie della rotonda filtra un raggio di luce che va a illuminare esattamente il centro del pavimento. L’attuale ingresso dell’oratorio ora è a nord, affacciato sulla strada che attraversa il piccolo abitato. In facciata e all’interno sono ben visibili affreschi probabilmente quattrocenteschi raffiguranti teorie di santi. Molto interessante è la presenza di una Trinità non canonica (in questo caso triandrica, ovvero composta da tre figure distinte ma di aspetto simile) con il cartiglio “S.ta Ternitas”.Ma la struttura davvero insolita dell’edificio ci porta ad avventurarci verso altre ipotesi.

Forse l’antico edificio cilindrico è stato costruito sopra il masso e con l’evidente intenzione di sacralizzare la parte di roccia utilizzata in antiche pratiche pagane. Infatti, entrati nell’oratorio tardomedievale si nota subito come la parete sud sia interamente occupata da una parte del masso, la cui superficie inclinata ed estremamente levigata ci ricorda i numerosi scivoli litici alpini con i quali ci si propiziava la fertilità. Addirittura, l’altare stesso dell’oratorio è incastonato nel masso. Forse questa pratica era ancora in uso nel primo Medioevo, per cui la costruzione di un edificio di culto serviva per sacralizzare il luogo in chiave cristiana.

Che questo masso imponente sia davvero una “pietra della fertilità” lo attesta una robusta tradizione orale e lo conferma un singolare ex-voto appeso sulle pareti della chiesetta, un quadro mariano fatto dipingere nel 1801 dal governatore valtellinese di Teglio Clemente Maria Amarca e dalla moglie Giovanna Ferrari perché “Dopo la perdita di alcuni nascituri S. Lucio conce[ss]e loro la grazia di un sopravvissuto”, un dono ottenuto con molta probabilità non solo con pie orazioni, ma anche invocando con la pratica dello sfregamento sulla roccia i poteri generatori di quell’incontaminato ed affascinante sasso miracoloso.