La chiesa della Chimera

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La più antica chiesa di Cittiglio, San Biagio, è anche una delle più antiche dedicate al Santo protettore della gola. Sorge sul colle San Biagio, un’altura poco fuori dal nucleo abitato, dalla quale la vista spazia dalla porta della Valcuvia fino a Laveno...

La più antica chiesa di Cittiglio, San Biagio, è anche una delle più antiche dedicate al Santo protettore della gola. Sorge sul colle San Biagio, un’altura poco fuori dal nucleo abitato, dalla quale la vista spazia dalla porta della Valcuvia fino a Laveno. Al momento si presenta come una costruzione ad aula unica con altare a ovest e campanile inglobato sul lato sinistro della facciata. Proprio la torre campanaria, con il suo aspetto terminante in un’alta cuspide, privo di decorazioni, aperture e feritoie, è stata messa a confronto con altre strutture simili e ha fornito un’ipotesi di datazione intorno all’anno 1000.

Le prime testimonianze scritte riguardanti l’edificio sono due atti notarili rogati l’11 giugno 1235 provenienti da San Lorenzo in Cuvio e oggi conservati all’archivio di Stato di Milano. Grazie a questi scritti, possiamo comprendere che nel XIII secolo la chiesa era dedicata ai Santi Biagio Vescovo e Andrea apostolo e che, soprattutto, si trovava “in Castro de Cittilio”. In effetti, gli edifici che sorgono nei pressi della chiesa sembrano ricalcare l’andamento di una fortificazione. Si ritiene che la primitiva chiesa di San Biagio nacque come chiesa castrense, cioè come cappella privata a servizio delle esigenze del castello e della famiglia che ne deteneva il feudo. All’inizio, probabilmente l’importante e ricca famiglia lombarda dei De Cittilio che venne nel tempo sostituita dapprima con i De Morsiolo e poi dai Besozzi. Nel 2006, il rifacimento della pavimentazione ha rappresentato l’occasione per compiere indagini archeologiche. Queste hanno potuto accertare le fasi costruttive, a partire dal periodo preromanico e romanico.

Sono stati infatti rinvenuti tre strati di pavimenti e strutture architettoniche a testimonianza di un edificio preesistente, più piccolo di quello attuale. Inoltre sono emersi i resti di una facciata, demolita in epoca medievale. La chiesa originaria, che potrebbe risalire all’Alto Medioevo, aveva sicuramente l’orientamento canonico a est, opposto a quello odierno. Le dimensioni erano modeste ed era provvisto di abside semicircolare, individuato al di sotto dell’odierna facciata. Questo edificio fu forse distrutto da un incendio, per cui nel periodo del pieno romanico fu deciso un ampliamento attraverso l’abbattimento e la ricostruzione del lato sud e dell’originaria facciata dell’aula sita a ovest. È stata rimessa in luce la base della nuova facciata romanica con il suo portale centrale di accesso, la soglia e i due gradini di discesa all’aula. Questo ampliamento risulta contemporaneo all’edificazione della torre campanaria. Rientra forse in questa fondamentale fase edilizia (anno 1000) la realizzazione nell’area presbiteriale di un importante ciclo di affreschi. A causa dell’abbattimento delle mura, i registri superiori sono stati perduti, ma dagli scavi sono emersi lacerti di intonaco collassato decorati con incarnati, panneggi e ornati. Si è invece conservato parte del registro inferiore, che rappresenta il velario (una pittura illusionistica che rappresentava un lungo arazzo figurato appeso alla parete). Qui è rappresentata la figura più significativa di tutto questo ciclo affrescato: la chimera. Di tradizione classica, la chimera era un mostro ibrido dalle tre teste: una di leone, una di capra e una di serpente sulla coda.

A un momento avanzato di età romanica è databile un altro affresco, sul lato nord, di un piccolo drago alato nell’atto di essere trafitto dalla lancia di un santo guerriero. Oltre a ciò, sono venuti alla luce interessanti affreschi: il volto del profeta Elia sopra l’attuale porta d’ingresso, sulla parete nord un affresco con un santo vescovo non identificato, entrambi risalenti al tardo Medioevo. Nella seconda metà dell’XI secolo, alla facciata d’allora viene addossato un grosso corpo di fabbrica, forse con destinazione funeraria, verosimilmente della famiglia committente. In epoca più recente, nei secoli XVI e XVII, gli atti delle visite dei vescovi di Como (diocesi a cui appartiene la Valcuvia) testimoniano una sentita tradizione legata al santo patrono, con processione che si snodava dal paese fino all’oratorio sulla collina. Nel corso del Seicento, la chiesa si presentava in condizioni non buone, per cui il vescovo ordinò alla famiglia Besozzi, che amministrava la chiesa, interventi di manutenzione. Questi vennero eseguiti anche in modo piuttosto radicale. Infatti, al 1630 risale una campagna di ristrutturazione dell’edificio con cambio di orientamento: venne abbattuta la vecchia abside, su cui fu innalzata l’odierna facciata, e fu arretrata l’antica facciata e realizzato il coro a pianta quadrata. La campagna di scavo del 2006 ha inoltre permesso di rinvenire una ventina di sepolture, nelle quali si trovava lo scheletro di un adolescente e di un uomo adulto deceduto per decapitazione (il cranio riporta anche altre fratture dovute a colpi di spada).

Oltre ai reperti umani sono stati riportati alla luce monete risalenti al XII-XVI secolo, alcune ciotole, coltelli, frammenti di tessuto, un anello, fibbie, borchie e altri oggetti quali una capasanta (forse ci può indicare che la chiesa era frequentata da pellegrini che si recavano a Compostela).I rilievi archeologici ripresero tra il 2016 e il 2019 sull’area del sagrato, ove venne ritrovato un ulteriore ossario comune, verosimilmente composto in epoca medievale per svuotamento di un più antico camposanto. Tutti i reperti ossei rinvenuti nelle varie campagne di scavo sono stati esaminati dai ricercatori del dipartimento di biotecnologie e scienze della vita dell’Università degli Studi dell’Insubria, allo scopo di indagare le caratteristiche della vita quotidiana (alimentazione, malattie e speranza di vita) dei secoli passati.

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