Siamo sul braccio orientale del lago Ceresio, in quel di Porlezza. Sul piano alluvionale, tra le pendici del monte Galbiga e la foce del torrente Cuccio, si innalzano solitari una chiesa e il suo campanile dagli evidenti tratti medievali.
Si tratta del complesso campestre di San Maurizo, composto di un oratorio romanico (X-XI secolo) e di un campanile di 18 metri a pianta quadrata, dotato di un sacello (XIV secolo) e caratterizzato da aperture sui quattro lati a ordini sovrapposti di feritoie, monofore e due bifore. La chiesa viene tradizionalmente riferita all’XI secolo in base a confronti stilistici e risulta comunque documentata dal 1148, mentre la costruzione del campanile è ritenuta posteriore e viene riferita al XII secolo. Tuttavia, il terreno su cui sorge il complesso è allo sbocco di un cono alluvionale, per cui soggetto a cadute di frane e detriti. Infatti, una prima frana caduta dal monte Galbiga, probabilmente in un periodo compreso fra la seconda metà del XV secolo e i primi anni del XVI secolo, procurò gravi danni all’edificio, tanto che nel 1578, in una visita pastorale, la chiesa viene descritta priva di copertura e ne viene prescritto il restauro.

Nel corso della seconda metà del Seicento, probabilmente nel 1640, l’edificio è stato oggetto di un secondo evento franoso che ha coperto completamente la chiesa, lasciando visibile solo la porzione terminale del campanile. Questa restò la situazione del complesso fino al 1966, quando vennero avviate indagini archeologiche che hanno permesso di riportare alle luce le strutture superstiti della chiesa, a seguito integrate e completate con la copertura. La chiesa ha un impianto longitudinale con due navate con orientamento ovest-est. La navata principale è conclusa da un abside semicircolare caratterizzata all’esterno da archetti intervallati a lesene. La navata laterale termina invece con uno spazio a pianta quadrangolare. La muratura esterna è realizzata con conci di pietra di forma irregolare, legati con malta a base di calce.

L’interno oggi appare essenziale e sobrio, ma non è da escludere in origine la presenza di decorazioni o affreschi. Scriveva lo storico Cesare Cantù: “L’antica Porlezza fu coperta da una frana del Monte Calbiga, dalla quale vedesi ancora sporgere il Campanile di S. Maurizio.” Cantù quindi afferma che una delle antiche frane che ha completamente ricoperto la chiesa possa avere anche distrutto l’antico villaggio di Porlezza. Tuttavia, tale affermazione risulta errata perché, nel momento in cui si distaccò la frana che sommerse completamente la chiesa, il centro abitato di Porlezza già sorgeva sul sito odierno. Questo ci riporta alla mente una leggenda che si racconta in zona: si narra, infatti, che la chiesetta, che un tempo si trovava in riva al lago, circondata dall’antica Porlezza, fu sepolta da una frana che si staccò dal monte Galbiga nel 1300. Anche il borgo fu annientato dalla catastrofe.

Si dice che la distruzione fu una punizione inviata da San Maurizio, il quale non aveva trovato ospitalità. Salvò solo la torre della chiesetta e una pia donna, l’unica che gli aveva prestato aiuto. Come già accennato in precedenza, per secoli questo complesso religioso rimase celato sotto una fitta vegetazione. Una volta riportato alla luce e restaurato, nel 1982 l’oratorio venne consacrato da Carlo Maria Martini e dedicato alle vittime della montagna. L’altezza e il distanziamento del campanile dal resto della chiesa lascia intendere che la torre fosse in origine usata come postazione di controllo del territorio.