La violenza sui bambini durante l’olocausto

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Alcuni venivano uccisi subito, all'arrivo al campo, portati insieme a donne e anziani alle camere a gas. Altri venivano uccisi subito dopo la nascita, o mentre si trovavano ancora negli istituti che li ospitavano, perché nati da persone indegne di procreare....

Vorrei affrontare ancora una volta il tema bambini all’interno dei campi di concentramento, per meglio comprendere quello che forse a volte ignoriamo.
I bambini furono indubbiamente tra i più esposti alla violenza dell’olocausto.
Secondo quanto stabilito dalla soluzione finale, l’uccisione dei figli di persone ritenute indesiderabili o pericolose era giustificata sia dalla lotta per preservare la purezza della razza ariana sia dalla volontà di eliminare i nemici del regime.
La soppressione dei bambini costituiva pertanto una misura preventiva necessaria per la sicurezza e il proliferare del terzo Reich.
Il numero preciso dei bambini che furono eliminati durante l’olocausto non si sa, si stima che furono almeno un milione e mezzo. La maggior parte erano ebrei, la restante parte erano Rom, polacchi e sovietici, provenienti dalle zone occupate. Ad essi vanno aggiunti anche i bambini tedeschi e non portatori di handicap fisici o mentali, residenti nelle case di cura oppure consegnati spontaneamente dai genitori per l’eliminazione.
La possibilità di sopravvivenza aumentava per gli adolescenti, in età compresa fra i 13 e i 18 anni, perché ritenuti abili al lavoro.


Cosa accadeva ai bambini che varcavano la soglia del lager?
Alcuni venivano uccisi subito, all’arrivo al campo, portati insieme a donne e anziani alle camere a gas.
Altri venivano uccisi subito dopo la nascita, o mentre si trovavano ancora negli istituti che li ospitavano, perché nati da persone indegne di procreare.
Se i bambini nascevano nei ghetti avevano una possibilità in più di sopravvivenza perché venivano nascosti.
Quelli invece che avevano la sfortuna di nascere nei campi di concentramento e di sopravvivere al parto o alla sperimentazione sulle donne in stato di gravidanza, se non venivano prontamente nascosti da qualcuna delle prigioniere, venivano uccisi dalle guardie che gli utilizzavano come tiro a segno oppure li buttavano come spazzatura sulla neve o sotto al sole per vedere quanto avrebbero resistito prima di morire.
Quelli che avevano più di 12 anni erano destinate al lavoro forzato oppure alla sperimentazione. Molte furono le vittime anche durante le operazioni di rappresaglia compiute dall’esercito.
La situazione nei ghetti era molto difficile: la mancanza di cibo, di igiene, di vestiario e di una adeguata abitazione spesso erano le cause della prematura morte dei più piccoli.
Tutto questo avveniva nella più totale indifferenza da parte delle autorità del terzo Reich che consideravano queste giovani vite come improduttive e pertanto inutili bocche da sfamare.
Essendo considerati inabili per il lavoro, venivano selezionati per primi insieme ai malati e agli anziani per finire nelle camere a gas oppure per le fucilazioni di massa, che avvenivano dopo averli allineati lungo il bordo delle fosse comuni scavate appositamente.
A volte, la selezione dei più giovani per riempire i trasporti verso i centri di sterminio, o per fornire le prime vittime alle operazioni di assassinio di massa, furono il risultato di penose e controverse decisioni prese dai presidenti dei Consigli Ebraici (Judenräte) costretti a questo doloroso passo per accontentare le richieste dei tedeschi.
Vittime di questa insensato sterminio furono anche i bambini non ebrei, come i figli dei rom uccisi nel campo di concentramento di Auschwitz, oppure i bambini eliminati nell’ambito il programma eutanasia, che furono fra i 5000 e i 7000.


Coloro che venivano destinati alla sperimentazione non sopravvivevano ai trattamenti dei medici delle SS. Non posso non ricordare gli esperimenti fatti sui gemelli da parte del dottor Mengele, tristemente famoso proprio per aver scelto fra i più piccoli le proprie cavie umane.
A queste migliaia di innocenti vanno aggiunte le centinaia di bambini polacchi e russi che furono strappate dalle braccia dei loro genitori per essere trasferiti in Germania ed essere affidati a famiglie considerate “adeguate”. La scelta dei bambini da destinare a questo progetto era basata unicamente sul colore dei capelli, che dovevano essere biondi, sul colore degli occhi, che dovevano essere azzurri e sulla pelle, che doveva essere chiara. Queste caratteristiche erano sufficienti per destinare il piccolo alla Germanificazione. Facevano parte dello stesso progetto anche tutte quelle donne con caratteristiche somatiche giudicate adeguate che venivano costrette ad avere relazioni al fine della procreazione con uomini tedeschi. Nel caso in cui il nascituro non avesse avuto i requisiti sperati per condurre il Reich verso la purezza della razza, il piccolo sarebbe stato soppresso.
Nonostante la loro estrema fragilità, alcuni bambini trovarono il modo di sopravvivere all’olocausto, contrabbandando il cibo all’interno dei ghetti, entrando a far parte di movimenti di resistenza, nascondendosi con l’aiuto di qualche complice.
Tra il 1938 e il 1940, ebbe luogo una grande operazione di salvataggio chiamata “Trasferimento dei Bambini”, Kindertransport, un’operazione che dalla Germania e dai territori occupati dai tedeschi, portò in Gran Bretagna migliaia di bambini ebrei profughi e senza genitori.


Famiglie divise, vite spezzate, il destino dei bambini durante la Seconda Guerra Mondiale fu tremendo. La macchina della morte messa in moto da Hitler e dai sui fedelissimi non ebbe pietà di nessuno, neppure di loro. In tutti i territori occupati Il sacrificio di queste piccole vittime fu altissimo, basti pensare ad alcune delle peggiori stragi che la storia possa ricordare, come Lidice o Sant’Anna di Stazzema, episodi dolorosi che solo la memoria può aiutarci a far sì che non accada mai più.
Ma se avessimo il coraggio di fermarci un attimo a riflettere ci accorgeremmo che ancora oggi migliaia di bambini ogni giorno muoiono di fame, di freddo e di stenti, uccisi da quell’indifferenza che dall’olocausto ad oggi non è mai cambiata.

Vorrei ringraziare di cuore l’Enciclopedia dell’Olocausto per l’immenso lavoro che è riuscita a fare e che ha portato fino a noi il ricordo di tante vite spezzate

BIBLIOGRAFIA

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