La catastrofe per sempre immortalata nell’abside della chiesa: storia e leggenda da un angolo delle Alpi

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Si tratta della testimonianza quasi diretta di uno dei più grandi disastri naturali verificatisi in Valle d'Aosta in epoca storica....

A Sarre, comune periferico della città di Aosta, si trova la chiesa di San Maurizio, di origini molto remote, sulla cui abside, datata all’XI secolo, poggia il massiccio campanile romanico.
La chiesa che vediamo ora è il risultato di un ampliamento del 1643 e fu consacrata da monsignor Vercellin l’11 luglio 1645.
Dietro l’abside attuale si trovano la vecchia sacrestia e l’abside romanica a forma semicircolare. Le pareti sono ricoperte da affreschi del XV secolo che raffigurano, al centro del catino, Cristo con i simboli dei quattro evangelisti; sul lato destro, San Maurizio a cavallo e, nell’angolo superiore sinistro, gli stemmi del vescovo Oger Moriset (1418-1434) e di Guglielmo di Montey, priore di Sainte-Hélène nel 1421; sul risvolto del muro absidale è inoltre visibile l’Ecce Homo.
Gli affreschi presentano delle analogie con quelli che decorano la cappella di La Madeleine a Gressan, attribuiti a Giacomino di Ivrea, pittore attivo in varie località della Valle tra il 1425 ed il 1475.
Come spesso capita, mani di pellegrini o degli stessi canonici della chiesa hanno graffito sulle parti degli affreschi liberi da figure firme, preghiere, note di cronaca o meteorologiche.
Ed è proprio sull’affresco di San Maurizio a cavallo, tra le zampe del destriero, che possiamo leggere questa nota in francese
“Le 6 juillet 1564 abima le village de Thora, par un jeudi, à 6 heures du matin”
(Il 6 luglio 1564 fu sepolto il villaggio di Thora, un giorno di giovedì alle sei del mattino)
Si tratta della testimonianza quasi diretta di uno dei più grandi disastri naturali verificatisi in Valle d’Aosta in epoca storica.
L’anonimo autore della frase graffita forse voleva affidare al Santo Patrono l’intercessione per le numerose vittime della disgrazia.
Tale catastrofe fu il crollo, nel primo mattino di giovedì 6 luglio 1564, di parte della cima Becca France sul sottostante fiorente villaggio di Thora, che, da solo, costituiva un terzo della parrocchia di Sarre.
Scriveva nel 1737 lo storico Jean Baptiste Tillier: “la pointe de la montagne au couchant de Thora, appelée la Becca France, se détachant tout à coup, s’écroula dans le vallon, qui fut à l’instant comblé de ses débris : maisons, habitants, bétail, propriétés, tout fut écrasé, anéanti, enseveli sous cette immense avalanche de rochers, de raviers et d’autres matériaux, qui n’offrent encore à présent qu’une surface infructueuse et incultivable.
On dit que cette chute laissa pendant très longtemps dans les environs une odeur en partie sulfureuse et presque insupportable”
(La punta della montagna sul lato ovest di Thora, chiamata Becca France, si staccò improvvisamente e rovinò sulla valle, colmandola immediatamente di detriti: case, abitanti, bestiame, proprietà, tutto fu schiacciato, distrutto, sepolto sotto questa immensa valanga di rocce, ghiaia e altri materiali, che ancora oggi si mostrano come una superficie sterile e incoltivabile.
Si dice che a seguito di questa frana, nei dintorni permase per molto tempo un odore vagamente sulfureo e quasi insopportabile.)
La causa scatenante furono probabilmente forti piogge, ipotesi plausibile, visto che la seconda metà del XVI secolo rappresenta un periodo caratterizzato da frequenti alluvioni e frane in tutta Europa.
Recenti studi hanno individuato sulla sommità della Becca France profonde deformazioni che hanno portato a fenomeni di instabilità e fratturazione della roccia.
Inoltre, nel 1564, tutto il settore delle Alpi occidentali in generale e Marittime in particolare, fu scosso da numerosi terremoti. Il forte sisma del marzo 1564 potrebbe infatti aver compromesso ulteriormente la stabilità dell’ammasso roccioso.
Ma, come ogni catastrofe storica che si rispetti, la frana della Becca France è viene spiegata da una leggenda.
Secondo questa, le cause della catastrofe sarebbero invece collegate all’antica ricchezza del villaggio che avrebbe fatto dimenticare ai suoi abitanti il dovere della carità verso i poveri.
Si narra infatti che la sera del 5 luglio un povero mendicante camminava per il borgo di Thora chiedendo un ristoro e riparo per la notte. L’uomo bussò di porta in porta e, invece di ricevere aiuto, veniva schernito e deriso. Bussò infine a una catapecchia da cui uscì una povera vedova che accolse il mendicante dicendogli di non essere ricca e di aver finito il giorno stesso tutto le scorte, ma che volentieri avrebbe condiviso con lui un pezzo di pane.
Il mendicante ringraziò la vedova e, volendola ricompensare, le disse di andare nel granaio, dove avrebbe trovato pane in abbondanza per la sua famiglia e per lo stesso mendicante. La vedova trovò effettivamente il granaio pieno di pani.
La famiglia mangiò allegramente, dopodiché il mendicante disse alla vedova che il giorno successivo, a quella stessa ora, Thora sarebbe stata distrutta. Le consigliò quindi di lasciare il villaggio con i suoi bambini prima del sorgere del sole.
Dopo aver pronunciato queste parole, il viandante scomparve. La vedova prestò ascolto a quanto le era stato detto e, il 6 luglio 1564 alle 6 del mattino, improvvisamente, la Becca France crollò e la prospera borgata fu sepolta per sempre.

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