Sul ramo orientale del Ceresio c’è una cittadina lacuale di nome Melano. Questo nome richiama davvero molto da vicino il capoluogo lombardo.
Come mai questa somiglianza?
Sembra che le due località condividano la stessa origine e che questo si sia riflesso nella toponomastica. Probabilmente entrambe erano centri sacri per antiche popolazioni: la parola celtica “medhelan” indica una “terra sacra nel mezzo” o un “centro di perfezione”.

Nel caso del capoluogo lombardo, questo centro di perfezione era il primitivo tempio cittadino, di età golasecchiane, che i recenti studi collocano nei pressi di piazza della Scala. Si trattava di un’area costituita da una zona boscosa a forma di ellisse con al centro una radura. Stessa sorte la condivide Melano, che invece era il centro religioso di riferimento per gli stanziamenti nei pressi di Como.
Infatti, in zona Castelletto, le indagini hanno messo in luce un’antica radura di forma ellissoidale con gli assi che seguono un preciso orientamento.
E proprio qui, secondo un vero e proprio continuum sacrum, è sorto il santuario della Madonna del Castelletto, a cui gli abitanti di Melano sono particolarmente devoti. Della storia più antica del sito poco si sa, i documenti diretti sono pochi.
Qualche notizia in più ci giunge dal pieno Medioevo, intorno all’anno 1000, quando i signori di Como avevano qui costruito un castello con lo scopo di potenziare le proprie capacità difensive ed esercitare un maggiore controllo sul lago.
Un’immagine mariana simile a quella attualmente presente nella chiesa già era dipinta in quel castello, probabilmente sopra l’ingresso principale o nell’antica cappella castrense. L’immagine ora presente nel santuario risale al XIV secolo. Non si hanno molte notizie certe riguardo questo quadro, ma è stato possibile accertare che l’immagine originaria, il cui autore è sconosciuto, raffigurava solamente la Madonna con il Bambino.
Nel 1440 Nicolao da Seregno e Pedro del Sasco avrebbero aggiunto le due figure laterali, riconosciute dagli studiosi nelle vesti dei Santi Bernardo ed Apollonia, che ancora attualmente completano l’affresco. Grande era l’afflusso dei pellegrini che visitavano la primitiva cappella.

Il 12 aprile 1437, vi fu il primo miracolo accertato; una bambina di 6 o 7 anni di Capolago, paralitica e quasi cieca, mentre i genitori sostavano in preghiera davanti alla cappella insieme ad altri fedeli, fu improvvisamente risanata da tutti i mali, si alzò in piedi e si mise a camminare speditamente. In ricordo di questo fatto, la popolazione di Melano e dei paesi vicini cominciò a recarsi in pellegrinaggio alla cappella il 12 aprile di ogni anno per rendere grazie alla Madonna per il miracolo compiuto. Il periodo aureo della devozione cominciò nell’anno 1600 e si protrasse fino agli inizi dell’800. Negli anni 1620-1640 molti furono gli avvenimenti straordinari che quasi giornalmente avvennero al Castelletto; frequentissime le guarigioni, per cui l’affluire alla cappellina aumentava di giorno in giorno, tanto da attirare l’attenzione del vescovo di Como, monsignor Lazzaro Carafino che istituì una commissione apposita, il cui compito consisteva proprio nell’appurare la veridicità di questi episodi.
Tanti sono i quadri votivi collocati all’interno della chiesa che ci ricordano di quegli avvenimenti.
Il quadro più caro tra la popolazione della zona è quello che rappresenta Brigida Ferretti, una bambina di Melano che il 12 aprile del 1642, di ritorno da un viaggio a Gratz, in Austria, fu condotta dai genitori al nuovo Santuario del Castelletto. Brigida, che aveva all’epoca poco meno di tre anni, era affetta da una malattia che impediva qualsiasi movimento a un braccio; quando la piccola fu portata davanti all’immagine della Madonna, il braccio guarì immediatamente.
I genitori della bimba vollero dimostrare la loro gratitudine per la grazia ricevuta attraverso la realizzazione di questo quadro votivo e, anche grazie al loro supporto economico, fu possibile portare a termine gran parte dei lavori di costruzione e di arredo del Santuario.

Questi erano stati iniziati tre anni prima, dopo che la Madonna, nel 1633, per ben quattro volte consecutive aveva lacrimato. Moltissime sono le storie che ci vengono narrate attraverso le numerose immagini raffigurate all’interno di questa splendida chiesa: immagini di persone improvvisamente guarite da gravi malattie, salvate dagli attacchi dei briganti, preservate dalle conseguenze di gravissimi incidenti; storie di vita quotidiana.
La chiesa ora è un trionfo di stucchi, affreschi, decorazioni; particolarmente prezioso l’altare in marmi policromi di Arzo, Ravenna e Carrara, che fa da cornice alla pala tardogotica raffigurante la «Madonna del latte».
L’edificio è rettangolare con due campate e coro con volta a botte. Anche se da più di un secolo il concorso di pellegrini si è affievolito, tutto qui parla di una storia di sentita devozione.