L’uccisione di Babbo Natale

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Era il 1976 quando un giovane Francesco De Gregori, fresco del successo clamoroso del suo album “Rimmel”, diede alle stampe un nuovo album. Fra le tracce del disco c’era una ballata dall’apparenza quasi infantile, simile ad una cantilena della buonanotte, ma il cui titolo già denunciava inquietanti risvolti: “L’uccisione di Babbo Natale”. ...

Era il 1976 quando un giovane Francesco De Gregori, fresco del successo clamoroso del suo album “Rimmel”, diede alle stampe un nuovo album (altrettanto capolavoro, secondo il modesto parere di chi scrive). Era “Bufalo Bill”, dove il cantautore romano rileggeva a suo modo il mito americano e diversi altri miti, con dei testi spesso ermetici e carichi di metafore e allusioni poetiche non sempre facili da cogliere.
Fra le tracce del disco c’era una ballata dall’apparenza quasi infantile, simile ad una cantilena della buonanotte, ma il cui titolo già denunciava inquietanti risvolti: “L’uccisione di Babbo Natale”.
Ci sembra quindi un modo originale e un po’ “laterale” (come piace a noi) di parlare di un argomento “natalizio”, che poi ovviamente di natalizio ha ben poco.
La canzone è, significativamente, incisa praticamente con solo voce e chitarra, da vero cantastorie, ed è facile immaginarla proprio come un racconto di quelli che si “cantavano” in strada, con tanto di cartellone con le figure ad illustrarne la storia.

La storia è un tripudio di allegorie e di immagini simboliche, e fin da ora possiamo dire che, come sempre in questi casi, ogni interpretazione potrebbe essere giusta o sbagliata, ma soprattutto è soggettiva, e così p giusto che sia. Tentando di riassumerla potremmo sintetizzare in questo modo: due giovani ragazzi, chiamati “Dolly del mare profondo, figlia di minatori” e un enigmatico “figlio del figlio dei fiori”, si incontrano per fare insieme una passeggiata nel bosco. Camminano per mano incontrando il cadavere di un grillo e poi mangiando insieme un fungo. A un certo punto arriva Babbo Natale, e così, deliberatamente, il ragazzo lo uccide “con un coltello e con un bastone”. Dolly lo aiuta a ripulirsi dopo l’efferato delitto, e alla fine entrambi, mentre già si sta diffondendo la notizia della clamorosa uccisione, se ne tornano a casa dai genitori.
Non male direi, per una ballata apparentemente “infantile”.
Le simbologie si sprecano, e io sparo subito avanti la mia, che ho sempre avuto in testa fin dai primi ascolti (benché all’epoca molto molto piccolo): l’uccisione di Babbo Natale, simbolo per eccellenza dell’infanzia, della dipendenza dai genitori e della credulità infantile, rappresenta il passaggio all’età adulta, per il quale è quasi necessario un atto di violenza (un po’ come per la rivoluzione secondo la famosa massima di Mao-Tse-Tung).
Dato però che la storia è piena di altri grandi e piccoli dettagli non meno enigmatici, riportiamo intanto il testo completo:

Dolly del mare profondo
Figlia di minatori
Si leva le scarpe e cammina sull’erba
Insieme al figlio del figlio dei fiori

E fanno la solita strada
Fino al cadavere del grillo
La luna impaurita li guarda passare
E le stelle sono punte di spillo


E mentre le lancette camminano
I due si dividono il fungo
E intanto mangiando ingannano il tempo
Ma non dovranno ingannarlo a lungo

Infatti arriva Babbo Natale
Carico di ferro e carbone
Il figlio del figlio dei fiori lo uccide
Con un coltello e con un bastone

E Dolly gli pulisce le mani
Con una fetta di pane
Le nuvole passano dietro la luna
E da lontano sta abbaiando un cane

E la neve comincia a cadere
La neve che cadeva sul prato
E in pochi minuti si sparse la voce
Che Babbo Natale era stato ammazzato

Così Dolly del mare profondo
E il figlio del figlio dei fiori
Si danno la mano e ritornano a casa
Tornano a casa dai genitori

Ci si può sbizzarrire a trovare significati per le varie scene del racconto. Anzitutto chi sono i due protagonisti? Il “figlio del figlio dei fiori” (quindi tecnicamente il nipote dei fiori) non può non avere dei riferimenti alle generazioni post-sessantotto. In qualche modo sta passando il periodo “pace, amore e musica” e anche la violenza sta prendendo il sopravvento. SI può pensare che il “cadavere del grillo”  sia proprio il grillo parlante, già ucciso, simbolo della saggezza un po’ trombona a cui i giovani risultano insofferenti. I due si mangiano “il fungo”, e visto il periodo si può facilmente immaginare che il riferimento sia alle sostanze allucinogene, abbastanza in voga all’epoca.
Le interpretazioni possono essere svariate, e vanno dall’uccisione della borghesia da parte di giovani ribelli addirittura alle allusioni al terrorismo di destra, vedendo Babbo Natale che “porta ferro e carbone” come un lavoratore e il ritorno a casa finale come un rientro nelle spire protettive dello Stato capitalista.
Insomma va da sé che come tante canzoni si presta alle interpretazioni più variabili e a volte antitetiche. Ciò che più la rende originale e intrigante è proprio il linguaggio e la forma da favola per bambini. È lo stesso autore a giocarci in più occasioni, dicendo a volte nei suoi concerti “una canzone su due giovani mascalzoncelli… Io adesso non è che mi voglio vantare, ma credo di non aver mai scritto in tanti anni di carriera una canzone così immorale come questa…”

Personalmente continuo a preferire la mia, e non solo mia, interpretazione: l’abbandono violento e un po’ traumatico dell’infanzia, o anche dell’adolescenza, che a pensarci bene può facilmente essere associato al momento in cui si scopre che Babbo Natale non esiste. Nella sostanza la fine dei sogni.
Poi, naturalmente, resta valido il concetto che ognuno può interpretarla come meglio crede in base alla propria sensibilità. In ogni caso, un modo sicuramente originale e crudelmente poetico di ricordare il Natale e i suoi simboli. Io almeno una volta all’anno, proprio a Natale, la canto sempre.

BIBLIOGRAFIA

L’uccisione di Babbo NataleTesto e Musica di Francesco De Gregori

Pubblicata in:

Bufalo Bill – 1976 – RCA music

Francesco De  Gregori – I testi – La storia delle canzoni a cura di Enrico Deregibus – Giunti

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