Luglio 2020.
Piove in Myanmar, da giorni.
E la pioggia impietosa che è caduta sulla terra ha riportato alla luce fiumi addormentati che hanno travolto tutto.
Fango e acqua hanno ucciso oltre 160 persone, impegnate in una miniera nell’estrazione della Giada, pietra dura di cui il paese è il maggior esportatore mondiale.
“I minatori sono stati investiti da un’ondata di fango che ha invaso la miniera dopo le forti piogge”, ecco le poche parole pronunciate dal responsabile del dipartimento dei vigili del fuoco del Paese per annunciare la tragedia.
Sono stai ritrovati 162 cadaveri, estratti durante operazioni di recupero rese molto difficoltose dalle condizioni atmosferiche.

I feriti sono 54, ricoverati negli ospedali del cantone di Hpakant, vicino al confine con la Cina.
Alcuni testimoni hanno dato immediatamente avvisato le autorità, cercando di aiutare chi stava tendando di uscire a nuoto dall’acqua impetuosa.
L’allarme per la pericolosità della situazione era stato lanciato già il giorno precedente, ma molti minatori hanno comunque scelto di entrare a lavorare per non perdere i soldi della giornata, rischiando la propria vita.
E purtroppo l’anno persa…
Il Myanmar ha pianto i suoi morti, ha cercato i dispersi e ha sperato di ritrovare ancora qualche superstite.
Le condizioni di lavoro in queste miniere sono spesso al limite dell’umanità: orari massacranti, nessuna sicurezza, pochi diritti e molti doveri, uno su tutti quello di estratte il maggior quantitativo possibile di Giada ogni giorno.
Il degrado ancora una volta vince sull’umanità.

La povertà e la fame hanno accompagnato alla morte padri, figli, mariti…
E mentre si scavava tra il fango, molte persone si sono radunate nel luogo della sciagura, insieme a chi piange e prega per i propri cari, sperando di poter trovare qualche pezzo della preziosa pietra…