Mottarone: la storia della montagna turistica nelle cartoline e pubblicità

Tempo di lettura: 9 minuti

Salire al Mottarone è sempre un’esperienza, certo è che la possibilità di scoprire i panorami ed i paesaggi che mutano fino al raggiungimento in vetta dove, nelle giornate limpide, è possibile ammirare ben sette laghi, oggi si dimostra alla portata di tutti.

Fino alla fine del 1800, la salita al Mottarone era una faticata ben conosciuta dalla gente di montagna e dagli alpigiani che accompagnavano in quota le mandrie e le greggi dando vita al fenomeno della transumanza, molto praticata in queste zone fino all’avvento del boom industriale.

Lo sfruttamento economico della montagna viene generalmente documentato nell’arco alpino a partire dall’XI-XII secolo e sicuramente il Mottarone, con i suoi pendii relativamente dolci e la forma a “panettone”, ha permesso lo sviluppo di questa attività fino alla fine del XIX secolo, quando iniziarono campagne di rimboschimento, dato che ormai, oltre la quota limite del castagno, si incontravano solo pochi faggi secolari nelle vicinanze delle baite dei malgari, la cui funzione era ombreggiare e rinfrescare la baita per agevolare l’estrazione della panna dal latte. All’inizio gli alpeggi appartenevano a privati o alle comunità di fondovalle, ma, in seguito, passarono in buona parte a enti religiosi, come il capitolato dei canonici dell’Isola di San Giulio e le parrocchie vicine, o a famiglie di feudatari, come i Visconti di Massino e i Borromeo.

La numerosa e costante presenza di alpigiani è testimoniata dalla presenza, al confine dei territori di Vezzo e Levo, a circa 1090 metri di altitudine, di un oratorio a beneficio dei mezzadri che avevano il compito di far pascolare mandrie e greggi per conto della nobil casa, oggi si trova in avanzato stato di abbandono. Interessante notare come l’edificio dovesse esser dedicato, in origine, a Sant’Eurosia, in quanto era presente una pala d’altare alla santa dedicata, realizzata nel 1682 da Giovani Bernardo Zucchetti di Suna. Sant’Eurosia, la cui festa ancora oggi ricorre il 25 giugno, viene invocata contro le intemperie: il vento, i fulmini, le grandinate ed anche per salvaguardare i frutti della terra. Il suo culto è diffuso in tutta la Spagna e grazie ai soldati spagnoli anche nel nord Italia,  la si ritrova spesso nelle aree agresti, in particolare nelle zone collinari vinicole.

Il primo intreccio tra l’economia agreste e quella turistica fu la creazione della “cura latte” una “pratica medicamentosa” proposta ai villeggianti a base di latte fresco appena munto, che riscosse anche una certa fama, forse era un po’ eccessivo attribuirle, però, proprietà terapeutiche. 

Cartoline e prime fotografie, con la tecnica delle lastre di vetro impresse, di questo mondo rurale divengono una sorta di documentazione storica, che possiamo analizzare anche grazie all’ambizioso progetto “Accendiamo la Memoria”, curato da Fabio Valeggia.

Nella cartolina riprodotta possiamo notare la strada Stresa-Alpino nel 1914 e la tradizionale costruzione denominata “Taragn”, tipiche cascine con il basamento in pietra e tetto in paglia di segale avvolta in fasci e sorretta da un reticolo di frasche.

Oppure si possono ammirare scene di vita agreste ed i costumi tradizionali da lavoro del lago Maggiore come nella seguente immagine.

Già dalla seconda metà del XIX secolo, giovani rampolli dell’aristocrazia francese, tedesca e soprattutto inglese, rimasero estasiati dal Mottarone, grazie alla pratica del Grand Tour, lunghi viaggi nell’Europa continentale intrapresi per conoscere la cultura e la bellezza delle mete toccate: in particolare l’Italia era quasi una tappa obbligata per il grande patrimonio storico-artistico. Questi primi viaggi saranno i precursori dell’odierno turismo trasformando la figura del viaggiatore, persona mossa dalla voglia di scoperta, al turista odierno.

Così già a cavallo tra Ottocento e Novecento si trovavano le pubblicità delle escursioni guidate al Mottarone.

Con l’avvocato valsesiano Orazio Spanna, a lungo presidente del CAI, dal 1873, si apre una stagione di grandi cambiamenti per il Mottarone, il modello turistico da imitare era quello del Rigi (italianizzato in Righi) svizzero, una montagna poco più alta del Mottarone, meta rinomata tra gli escursionisti alpini e già dal 1871 provvista di un trenino a cremagliera per raggiungere la vetta. 

Nel 1882, la nota famiglia di albergatori valsesiani, i Guglielmina, decisero di accettare “la sfida” ed aprire, su spinta di Orazio Spanna, un albergo comprando il terreno dove il 15 giugno 1884 verrà inaugurata la nuova struttura ricettiva.

L’Albergo Mottarone era a tre piani, con 22 camere per un totale di 39 posti letto e già nel 1885 l’hotel ebbe modo di ospitare per un breve soggiorno la regina Margherita di Savoia. La capacità imprenditoriale e ricettiva dalla famiglia Guglielmina trasformò in breve tempo la struttura che da albergo diventò “Hotel Mottarone” e poi “Grand Hotel Mottarone”, tanto che nel 1910 si dovette ampliare la struttura aggiungendo una nuova ala.

La struttura ricettiva, in seguito, passò di proprietà dai Guglielmina ai fratelli Cerutti e, solo un brutto incendio scoppiato il 17 gennaio 1943, causato da un cortocircuito in cui morirono sei persone e  numerosi feriti, pose fine alla prima forma ricettiva nata in vetta al Mottarone.

Nel frattempo, però, erano sorti o stavano nascendo altre strutture, come l’Hotel Eden, inaugurato nel 1921, posizionato nei pressi della stazione di arrivo del trenino a cremagliera, la colonia per i dipendenti della Snia Viscosa e, nel dopoguerra, il rifugio del CAI di Omegna.

Dalle pubblicità dell’epoca, raccolte nel bel volume “il Mottarone nelle immagini d’epoca” realizzato da “Compagnia della Rocca” edizioni, si può notare come si cerchi di attirare l’attenzione su “soggiorno incantevole” da dove è possibile vedere “sette laghi e la più bella e più estesa catena delle Alpi” a cui si aggiungono due servizi molto importanti “telefono” e “osservatorio meteorologico”.

Accanto alle inserzioni pubblicitarie troviamo anche le guide turistiche tra cui una delle più famose era “Per laghi e monti: guida descrittiva, storica, artistica e pratica” di Luigi Boniforti.

Per raggiungere la vetta del Mottarone, oltre ai sentieri e prima dell’avvento del trenino a cremagliera è importante ricordare come esistesse, già dal 1884, una strada carrozzabile in grado di raggiungere la vetta, adatta a chi non era un abile escursionista.

Pare che il primo a riuscire ad arrivare in automobile sulla cima del Mottarone, con circa 4 ore di viaggio, fu un tale Ambrogio Francioli di Pallanza nel luglio 1909.

Ovviamente con la realizzazione della ferrovia elettrica a vapore il Mottarone divenne finalmente meta di turismo montano di giornata; infatti, un milanese poteva prendere al mattino un treno per Stresa, salire in vetta, godere del panorama e dell’aria di montagna per qualche ora e ritornare a casa in serata. Finalmente il Mottarone era una meta raggiungibile ed alla portata di tutti o quasi.

Nei primi anni di esercizio si raggiunse la cifra di sessantaseimila passeggeri annui e c’erano circa dieci corse andata-ritorno. Il prezzo di un biglietto nel 1911 ammontava a nove lire, ma nei giorni festivi si scendeva fino a sei: tariffe non proprio popolari poiché rimanevano superiori alla paga media giornaliera di un operaio del tempo.

Così uno dei più famosi poster pubblicitari del tempo, realizzato in stile liberty, ritrae il trenino a cremagliera intento nella “scalata” alla vetta con il panorama del lago maggiore che si staglia alle sue spalle. La tecnologia ed il comfort (le carrozze del trenino erano riscaldate!) permettevano a tutti di raggiungere la cima “vincendo” le asperità della natura.

Anche le cartoline prodotte in quel periodo, hanno spesso come soggetto principale il trenino ripreso da diverse angolature, mentre affronta le salite più impervie carico di passeggeri e di merci sfidando le pendenze e anche le condizioni meteo, in particolare ci sono alcune cartoline dove è possibile vedere il trenino sbucare da due pareti di neve.

Fonte: Wikipedia – collezione Giorgio Stagni

Il trenino a cremagliera fu un’opera grandiosa tanto che il giorno dell’inaugurazione, il 7 settembre 1911, tra le tante autorità ed i giornali presenti ci fu anche la “Rivista Mensile del Touring club Italiano”. La testata aveva mandato il giornalista Luigi Bertarelli che nelle ultime righe del suo articolo formula alcune considerazioni quasi profetiche sul turismo di massa:

 «una vettura si arrampica adagio sulla linea, ora nascondendosi in una trincea, ora strisciando sui prati colla schiena cinerea e tonda di grande limaccia. Fra poco quel veicolo avrebbe scaricato presso a me, come accade ogni giorno sul fare della sera, una frotta di turisti rumorosi, che pernotta all’albergo per essere in vetta al sorger del sole. Io, che pure sono qui nell’attesa del domani a fatica mi difendo dal considerarli come intrusi e seccatori. Vorrei la montagna tutta per me, una montagna selvaggia e silenziosa, come il momento chiama…»

Con queste poche parole il giornalista mostra come ci sono molti modi di vivere la montagna, ed è, se vogliamo, un precursore, del nuovo modo di interpretare il rapporto turista-montagna che sta avendo più successo sull’arco alpino negli ultimi anni: la montagna come ricerca di sé stessi, la salita in vetta come percorso di crescita interiore.

Con l’arrivo dal Mottarone al deposito di Stresa della vettura n.5 alle ore 12.55 di lunedì 13 maggio 1963 si concludeva la storia del trenino a cremagliera ed il giornale locale “Il Verbano”, in data 20 settembre 1963, riportava come le presenze di quell’anno al Mottarone erano calate di ben il 50%.

Il trenino verrà sostituito dalla Funivia che entrerà in funzione il 1° agosto 1970 e per il Mottarone inizia una nuova era turistica. 

Con l’entrata in funzione, nel 2009, della nuova seggiovia Mottarone-Vetta si giunge al punto più alto della montagna godendo di un panorama a tutto tondo e nell’estate 2010 apre l’attrazione turistica “Alpyland” una nuovissima slittovia, o pista da bob su rotaia, in grado di attrarre famiglie ed un pubblico più giovane che vuole provare emozioni mozzafiato percorrendo i milleduecento metri di pista in un contesto naturale unico.

Negli ultimi anni si sono aggiunte nuove opportunità di svago come il parco avventura e tanti altri eventi che vedono il Mottarone protagonista o comunque tappa obbligata…è il caso ad esempio del “Trail del Motty” e le nuove possibilità delle escursioni con mountain-bike, e-bike e la pratica del downhill.

Anche dal punto di vista pubblicitario, complice il ritorno della moda del vintage, capita di girare per Stresa e di  imbattersi in particolari manifesti pubblicitari davvero ben fatti, ma realizzati da un artista e grafico in anni recenti, come affermano alla cartolibreria Leone (che ringraziamo per la concessione della riproduzione n.d.r), immaginando il paesaggio del Mottarone e le vetture degli anni segnalati nel testo in accompagnamento all’immagine, dal grande pregio artistico ed ottimo souvenir per celebrare una montagna dalle mille sfaccettature.

Samuel Piana – Landexplorer

BIBLIOGRAFIA

  1. Il Mottarone nelle immagini d’epoca, Sabine Manz-Guido Rossi, 2016, Compagnia della Rocca edizioni Oleggio Castello (NO)
  2. Mottarone Cusio e Vergante – sentieri tra due laghi, Paolo Crosa Lenz, 2003, Alberti Libraio Editore (VB)
  3. Stresa-Mottarone 1911-2011 Ferrovia Elettrica, Gigi Nerini, 2011, Scenari srl Stresa, (VB)

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