Il 24 aprile 1884 il Cancelliere tedesco Bismarck dichiarò “colonia tedesca” un’area corrispondente a gran parte della Namibia moderna.
La colonia fu chiamata Africa Tedesca del Sud-Ovest. Nel maggio del 1885 assunse il comando della colonia e di un piccolo contingente militare Ernst Heinrich Göring, padre di Hermann Göring, che stabilì il suo governo a Otjimbingwe.
Ben presto nella colonia si stabilirono un buon numero di tedeschi, attratti principalmente dalle opportunità economiche che offrivano l’estrazione di diamanti, di rame e la coltivazione della terra.
Nel 1902 l’Africa Tedesca del Sud-Ovest contava circa 200.000 abitanti, di cui 2.600 circa erano tedeschi. Negli anni successivi gli arrivi dalla Germania continuarono. Le popolazioni autoctone presenti nel territorio comprendevano gli Herero, gli Ovambo e i Nama.

La presenza dei coloni nella zona fu consolidata con la forza. Molto presto i tedeschi si appropriano del bestiame e della terra coltivabile, lasciando la popolazione locale nella povertà e senza nessuna protezione da parte delle autorità, che ovviamente appoggiavano i coloni.
La tensione nel territorio crebbe gradualmente fino a quando, sul finire del secolo, iniziarono una serie di scontri cruenti tra le popolazioni indigene e l’esercito coloniale.
La prima Rivolta avvenne fra il 1893 e il 1984. Ad insorgere furono i Nama guidati da Hendrik Witbooi.
Negli anni successivi la situazione rimase abbastanza stabile, fino al 1904 quando a insorgere furono gli Herero.
I rivoltosi attaccarono alcune fattorie isolate uccidendo circa 150 coloni.
Il contingente militare presente sul territorio, che contava all’epoca meno di 800 soldati, fece molta fatica a contenere la rabbia degli insorti, tanto che gli Herero arrivarono ad assediare le città Okahandja e Windhoek e a distruggere il ponte ferroviario verso Osona.
Alla loro protesta si unì anche quella dei Nama, guidata ancora una volta da Hendrik Witbooi e Jakob Morenga, ricordato come “il Napoleone nero”.

La reazione di Berlino non tardò a farsi sentire e fu devastante.
La sommossa doveva essere repressa con qualsiasi mezzo. Fu così che dalla Germania arrivò il generale Lothar Von Trotha.
Giunto sul posto Von Trotha dichiarò che qualsiasi esponente delle tribù presenti all’interno dei confini tedeschi, a prescindere dall’età e dalla sua partecipazione o meno alla rivolta, sarebbe stato eliminato senza pietà per dare un esempio.
I soldati tedeschi, armati di artiglieria e mitragliatrici, annientarono senza grossi problemi la resistenza degli autoctoni massacrando tutti quelli che trovavano sul loro cammino.
Lo scontro definitivo fu la Battaglia di Waterberg.
I soldati tedeschi ebbero l’ordine di avvelenare le sorgenti d’acqua e di sparare a vista a qualsiasi Herero, anche disarmato. Numerosi furono i villaggi completamente rasi al suolo, le violenze, le stragi gratuite e le impiccagioni di massa.

Alla fine della repressione, che si concluse intorno al 1908, in poco più di 3 anni, le truppe tedesche sterminarono l’85% della popolazione Herero, costringendo i pochi che riuscirono a sfuggire alla morte a vivere in riserve e ad essere ridotti in schiavitù.
Moltissime delle vittime furono decapitate e i loro teschi inviati in Germania per essere sottoposti a ricerche scientifiche ad e ad esperimenti, con lo scopo probabilmente di dimostrare quali differenze potevano esserci tra le diverse etnie.
Sull’isola di Shark fu istituito un campo di concentramento nel quale l’antropologo Eugen Fischer, aiutato dall’italiano Sergio Sergi, condusse degli esperimenti su cavie umane.
In seguito a questi fatti Fisher divenne uno tra gli scienziati più importanti nel settore dell’eugenetica nazista è uno fra i teorici delle leggi razziali.
Tra i suoi allievi prediletti vi fu anche Josef Mengele, l’angelo della morte di Auschwitz.
Solo nel 1985, grazie al rapporto Whittaker delle Nazioni Unite, lo sterminio degli Herero e dei Nama è stato inserito tra i primi atti genocidiari del ‘900.

La Germania ha finalmente ammesso i propri errori in Namibia, riconoscendo a tutti gli effetti che quello da loro perpetrato fu un vero e proprio sterminio di massa.
Per molti non fu altro che il preludio a quello che avvenne qualche anno dopo nei campi di concentramento nazisti.
Con oltre 100 anni di ritardo il governo tedesco riconoscerà finalmente le sue colpe per quella che molti storici hanno definito l’Auschwitz africana.