Sono attualmente 20 i Paesi nel mondo in cui il matrimonio forzato con il proprio stupratore è ancora legale.
Un rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per la popolazione (UNFPA), del 14 aprile 2021, dedicato all’autonomia corporea come imprescindibile diritto umano, ha messo in evidenza come lo stato di vulnerabilità in cui vivono molte donne e bambine sia peggiorato dopo l’inizio della pandemia. Il rischio di violenze di genere è in aumento, così come il numero delle spose bambine, dei delitti d’onore e dei matrimoni riparatori.
È proprio sul tema matrimonio riparatore è emerso che in ben 20 paesi del mondo le donne vittime di violenza sessuale sono obbligate a sposare il proprio stupratore diventando due volte vittime, prima di un uomo violento e poi di un sistema culturale e politico arcaico che anziché condannare i colpevoli, costringe la vittima ad assumersi il peso di quello è che è accaduto per tutta la vita.
In Italia l’articolo 544 del codice penale, che stabiliva che il matrimonio riparatore estingueva tutti i reati commessi in precedenza, anche il rapimento, anche lo stupro, e l’articolo 587 del codice penale, che stabiliva che il delitto per cause d’onore avessero fortissime attenuanti per chi uccideva il coniuge, una figlia o una sorella o le persone che avessero avuto rapporti carnali con loro per vendicare l’onore della famiglia, furono abrogati nel 1981, 24 anni dopo che Franca Viola nel 1965 trovò il coraggio di denunciare il proprio rapitore, Filippo Melodia, rifiutandosi di sposarlo.
Solo nel 1996 si arriverà nel nostro paese a considerare l’abuso sessuale come un delitto contro la persona e non contro la morale civile .

Ancora oggi in 43 paesi del mondo non esiste alcuna legislazione che criminalizzi lo stupro coniugale.
Tra questi 20 paesi ci sono ad esempio Russia, Thailandia e Venezuela.
Con il matrimonio i violentatori si vedono revocata la condanna a condizione che sposino le loro vittime.
La dottoressa Natalia Kanem, direttrice esecutiva dell’UNFPA, ha messo in evidenza nel suo rapporto la gravità di queste leggi, che proteggono e tutelano chi viola i diritti delle donne, delle adolescenti e delle bambine, che diventano merce di scambio, vendute dalle famiglie, comprate dai loro aguzzini, costrette a condurre una vita da schiave, sottomesse al loro sposo padrone, private dei più elementari diritti.
La prova che le cose possono cambiare ci viene dal Marocco, dove la legge sul matrimonio per stupro è stata abrogata nel 2014, in seguito alla imponente protesta popolare scatenatasi dopo il suicidio nel 2012 di Amina al-Filali, una ragazza di 16 anni, costretta a sposare il suo stupratore.

Dopo il Marocco, anche altri paesi hanno seguito questo esempio, fra cui Libano, Giordania, Palestina e Tunisia.
In altre nazioni la situazione resta ancora critica: in Kuwait lo stupratore può sposare legalmente la sua vittima se ottiene il permesso del tutore legale delle stessa.
In Russia se l’autore del reato ha compiuto 18 anni e ha commesso un abuso ai danni di una minore che ha meno di 16 anni, non incorre in alcuna sanzione penale se acconsente a sposare la vittima.
In Thailandia se lo stupratore è maggiorenne e la vittima ha più di 15 anni, previo accordo fra le parti, il tribunale può concedere il permesso al matrimonio.
Nello stesso rapporto viene evidenziato come al 45% delle donne, in 57 paesi del mondo, è negato il diritto di dire “sì” o “no” al sesso con il proprio partner, di usare liberamente contraccettivi e di accedere all’assistenza sanitaria. Soggetti a gravi discriminazioni sono, oltre a donne, ragazze e bambine, anche i membri della comunità LGTB, per cui ancora oggi si combatte per garantire le più elementari libertà.