Crodino: l’analcolico biondo che fa impazzire il mondo!
Quanti di noi hanno sentito lo storico claim di un prodotto che, insieme ad Oran Soda e Lemon Soda (ed in minima parte alla Pelmo Soda, che non ebbe mai il successo dei suoi predecessori), ha fatto la storia dell’Italia del boom industriale, facendo conoscere Crodo in tutta la penisola?
Già, perché Crodino deve il suo nome proprio da Crodo: la ricetta, a base di erbe, venne brevettata e lanciata sul mercato nel 1964, dalla Società anonima Terme di Crodo.
Piero Ginocchi, che divenne proprietario della società nel 1933, iniziò lanciandosi sul mercato prima con l’imbottigliamento delle acque, con la sorgente Crodo Liesel, una “classica” acqua oligominerale di montagna, poi con gli analcolici. Fece il Tamarindo, la Crodo Cola, o il Chinotto, oltre che alcuni alcolici rimasti ormai nei ricordi dei più anziani.
Una ottima collezione di gadget relativi al Crodino ed alla terme la si può trovare presso il Mattioli Spazio Arte di Campieno di Crodo, un vero e proprio museo delle meraviglie con alcuni reperti molto rari.

Il Crodino non fu però sempre Crodino. Inizialmente venne chiamato Biondo, quindi Biondino, Picador ed infine in Crodino nel luglio del 1965, in parte in onore a Crodo, in parti come “calco” di analoghi aperitivi. «Se Cinzano ha il Cinzanino – diceva Policarpo Cane, ideatore del nome – Crodo ha il Crodino».
Come per altri analcolici di successo (leggi Coca Cola), la miscela d’ingredienti è segreta. Ma, e lo si può riconoscere anche al gusto senza troppi problemi, di sicuro ci sono alcune spezie quali chiodi di garofano, coriandolo, noce moscata e cardamomo. Il sapore amaro è dato invece da un affinamento in botti di rovere per almeno sei mesi.
Purtroppo la società Terme di Crodo e i suoi relativi marchi non rimasero “ossolani” per molto tempo: nel 1983 vennero ceduti alla compagnia olandese Lucas Bols (in seguito divenuta Bols Wessanen), quindi, nel 1995 il marchio Crodino è passato di proprietà al gruppo Campari che infine è stata a sua volta acquisita dalla multinazionale olandese Bols Wessanen.
Ed anche la produzione dell’analcolico biondo è stata trasferita.
Di Crodo, del Crodino e delle sue iconiche bottigliette da 10 cl, rimane solo il nome.
Fine della storia.

E invece no.
Il Crodino era nato come “marketing territoriale” di Crodo, per valorizzare il centro termale e renderlo famoso in tutto il mondo. E cosa succede quando uno chef vuole rendere ugualmente omaggio al proprio paese e realizzare un prodotto a base di Crodino?
Nascono le Crodine.
Si tratta di interessanti caramelle gelée nate dall’iniziativa dello chef Denis Croce, del ristorante Marconi di Crodo. Uno degli aspetti fondamentali della cucina contemporanea, quella di alto livello naturalmente, è quella di giocare con gli ingredienti del territorio, “sconvolgendoli” (in senso buono), creando abbinamenti particolari, giocando con le consistenze. Proprio per questo con una bevanda dalla forte nota amara si è voluto produrre una gelatina dolce, con i cristalli di zucchero in superficie a creare ulteriore contrasto tra interno ed esterno. Un contrasto molto piacevole e ricercato al palato. Soprattutto se – come suggerito sulla confezione – vengono consumate fredde, magari dopo qualche ora di frigo.

Si tratta di un prodotto gastronomico molto interessante, ma anche dal punto di vista antropologico e turistico è degno di nota. Lo chef ha infatti voluto rendere omaggio al proprio territorio utilizzando uno dei prodotti tipici (il Crodino appunto), riuscendo però ad uscire dal solito “empasse del biscotto” e creando qualcosa di nuovo.
Nel mio “Tradizioni di pastafrolla” analizzo una lunga serie di biscotteria “tipica” (virgolette d’obbligo) del Vco, dove in realtà di biscotti realmente antichi, su oltre 50 casi presi in esame, ne restano non più di cinque!
Particolare attenzione è stata posta anche al packaging, alla confezione: tra i vari formati in vendita anche una speciale “valigetta di cartone”, che contiene circa mezzo chilo di gelatine, con i loghi e le foto storiche di Crodo e delle valli ossolane. Un investimento anche per il futuro: nelle idee del produttore, infatti, le scatole possono rinnovarsi ogni anno con nuove cartoline, diventando quindi appetibili per i collezionisti.

Come ogni prodotto degno di nota, anche le Crodine hanno avuto una lunga genesi: la messa a punto della ricetta ha infatti richiesto 5-6 mesi, per dosare e cuocere correttamente i pochi ingredienti che le compongono, ovvero Crodino, acqua, zucchero, glucosio e pectina per gelificare il tutto.
Si tratta, in sintesi di vere e proprie caramelle gourmet, vendute in Ossola o sul sito loro dedicato.
Le conclusioni che si possono trarre da questo piccolo esempio sono molteplici.
Si tratta di un ottimo caso di cucina gourmet, con la rielaborazione di un prodotto tipico in una forma e con una consistenza inaspettata, sovvertendone le aspettative: il Crodino si beve come aperitivo, mangiando qualcosa di salato, mentre le Crodine le troviamo come dolce accompagnato al caffè o alla piccola pasticceria.
Inoltre si tratta di un ottimo esempio di valorizzazione del territorio e di marketing territoriale, che ammicca, tramite anche l’uso di hashtag, ad esempio su Instagram (quali #lecrodineinviaggio), alle nuove generazioni. E qui sta il bello e la potenzialità della cucina: il Crodino, da sempre aperitivo per persone non giovanissime, dato proprio dalle sue note amare e speziate, non così amate dai più giovani, diventa anello di congiunzione tra boomer e millenial grazie ai social, in una sorta di divertente “telefono senza fili”.
Il Crodino, bevuto, amato ed in alcuni casi collezionato dai nonni si trasforma in Crodina, cambiando sotto molti aspetti, anche gustativi. A restare identica, invece, è la volontà di omaggiare il proprio paese e di creare un qualcosa “che resti”, magari sotto forma di gadget che troveremo tra qualche decina di anni in un mercatino dell’antiquariato minore.