L’Arabia Saudita è il paese che applica la legge islamica nella maniera più rigida.
La pena di morte è prevista per:
omicidio
stupro
rapina armata
traffico di droga
stregoneria
adulterio
sodomia
omosessualità
apostasia (rinuncia all’Islam)
terrorismo
tradimento
spionaggio
reati militari

In controtendenza rispetto a qualsiasi altro paese del mondo, nel 2015 il governo dell’Arabia Saudita ha pubblicato una serie di annunci con lo scopo di ricercare 8 nuovi boia.
L’offerta di lavoro era inserita nella sezione “lavoro religioso”, sul sito web del Ministero della Funzione Pubblica. Non si richiedevano particolari competenze: unico requisito necessario era la disponibilità agli sposamenti, per compiere le esecuzioni ordinate dai vari tribunali islamici del Regno.
Secondo uno studio di Amnesty International, nel solo anno 2019 nel paese si è registrato un numero record di esecuzioni, nonostante le cifre in calo in tutto il mondo: 184 pene capitali, 6 donne e 178 uomini, eseguite tramite fucilazione, decapitazione e lapidazione,
I processi a cui sono sottoposti gli accusati sono gravemente iniqui, avvengono frequentemente senza la presenza di un avvocato e le condanne sono comminate a seguito di confessioni ottenute sotto tortura.
L’Arabia Saudita è l’unico paese a ricorrere alla decapitazione per eseguire le sentenze in base alla Sharia.
L’esecuzione avviene, in genere, nella città dove è stato commesso il crimine, in un luogo aperto al pubblico vicino alla moschea più grande.
Il condannato è condotto davanti al boia con le mani legate dietro alla schiena. Dopo essersi inginocchiato, il boia sguaina una lunga spada tra le grida della folla che urla “Allah Akbar!” (Dio è grande) e procede.
A volte alla decapitazione segue l’esposizione in pubblico dei corpi dei giustiziati, quando il reato commesso è considerato particolarmente brutale. Secondo la procedura la testa mozzata viene fissata al corpo del giustiziato per poi farlo pendere per qualche ora dalla finestra o dal balcone di una moschea o appenderlo a un palo, durante la preghiera di mezzogiorno.
I pali utilizzati vengono posizionai per formare una croce, da cui l’uso del termine “crocifissione”.

La maggior pare delle esecuzioni avviene per crimini legati all’uso e spaccio di stupefacenti e per omicidio.
Il rapporto di Amnesty ha però messo in evidenza l’aumento considerevole di pene capitali come arma contro i dissidenti appartenenti alla minoranza musulmana sciita
Basti pensare che 23 aprile 2019 sono state giustiziate 37 persone; di queste, 32 erano sciiti condannai per terrorismo che avevano confessato i loro reati in seguito a giorni di tortura.
Siamo ancora lontani in questo paese, come in molti altri, ad arrivare al pieno rispetto dei più elementari diritti civili.
Lo scettro di paese con il maggior numero di esecuzioni al mondo resta la Cina: si parla di migliaia di individui, ma il numero reale resta ancora un segreto di stato…