Omar Farouq è un bambino di 13 anni.
Abita a Kano, una grande città della Nigeria.
Il tribunale del suo paese lo ha condannato a 120 mesi di reclusione, per blasfemia.
10 anni di carcere.
La vicenda di Omar non è molto chiara.
Sembrerebbe che abbia pronunciato parole giudicate blasfeme, durante una discussione con un amico.
È stato perciò arrestato, condotto in prigione, processato e giudicato come un adulto, perché avendo raggiunto la pubertà ha, secondo la sharia, piena responsabilità legale.
Del suo caso fortunatamente si è interessato l’avvocato Kola Alapinni che, il giorno della condanna di Omar, si trovava nello stesso tribunale per seguire il caso di
Yahaya Sharif-Aminu (di cui ho già raccontato la storia), musicista condannato a morte lo stesso giorno, dallo stesso tribunale per aver offeso Maometto con una canzone.
Venuto a conoscenza della situazione del bambino, ha deciso di intervenire in sua difesa.
Ha trovato i suoi genitori spaventati, dalla sorte del figlio e incapaci di intervenire in suo favore. Vinte le iniziali reticenze, la famiglia si è affidata al legale, che sta cercando di far conoscere la storia di Omar anche fuori dalla Nigeria.
Secondo Alapinni la condanna a 10 anni di reclusione è sia incompatibile con la convenzione Onu sui diritti dell’Infanzia, sia con la Costituzione nigeriana , secondo la quale la blasfemia non è neppure un crimine.
Il tribunale della Sharia è pertanto da considerarsi incostituzionale in un paese laico e multireligioso come la Nigeria.
La storia di Omar Farouq ha varcato i confini del paese ed è arrivata fino in Europa e lì ha toccato il cuore di Piotr Cywinski, direttore del memoriale di Auschwitz-Birkenau dal 2006, che ha scritto una lettera direttamente al presidente della Nigeria, Muhammad Buhari.
Nella missiva gli fa una proposta: scontare insieme ad altri 119 volontari di tutto il mondo la pena inflitta a Omar Farouq.
«In quanto direttore del memoriale di Auschwitz, che commemora le vittime e preserva i resti del campo di concentramento e di sterminio della Germania nazista dove anche i bambini venivano imprigionati e uccisi, non posso restare indifferente di fronte a una sentenza disgraziata per l’umanità..
Se le parole di questo bambino devono assolutamente essere pagate con 120 mesi di prigionia e persino Lei non può cambiare le cose, suggerisco che 120 volontari adulti, io ed altri che mi occuperò di radunare, servano ciascuno un mese della sentenza al suo posto in un carcere nigeriano».
Ora non resta che aspettare.
Sono passati alcuni giorni, ma ancora nulla è cambiato.
Il presidente non ha risposto.
Si può solo sperare nell’intervento della Corte d’appello federale e della Corte suprema, che hanno il potere di pronunciarsi sulla sentenza.
La sorte di Omar resta incerta…
