Loujain al-Hathloul ha 31 anni.
È attivista per i diritti umani e delle donne in Arabia Saudita.
Nella primavera del 2018 viene arrestata con altre 4 persone per aver iniziato e portato avanti una campagna nel suo paese contro il divieto di guida per le donne.
Amnesty International e altre organizzazioni si sono occupate del suo caso e della gravità del trattamento a cui è sottoposta, senza una sentenza formale.
Dopo l’arresto Loujain è sparita, inghiottita dal sistema carcerario Saudita.
Durante la reclusione è stata sottoposta a torture con scariche elettriche, frustate e violenze sessuali.
Le accuse contro di lei sono gravi.
Terrorismo e cospirazione contro il suo Paese.
Con i suoi compagni ha intrattenuto rapporti con alcuni diplomatici europei, ha portato a conoscenza della stampa straniera la notizia della loro lotta e ha aderito a un gruppo Telegram, in cui si discute di diritti umani.
Tutte cose gravissime agli occhi delle autorità.
Lo scorso dicembre la sentenza è arrivata, condannandola a 6 anni di carcere.
Essendo una parte della pena già stata scontata, Loujain verrà scarcerata nel febbraio 2021, dopo 1000 giorni di prigionia.
Ma la sua libertà di parola e di movimento saranno fortemente limitate: non potrà lasciare il paese per 5 anni dal termine della pena.
Resterà libera solo a patto che non commetta lo stesso reato per i successivi 3 anni.
Loujain ha pagando a caro prezzo il suo impegno come attivista, per conquistare un diritto che noi donne occidentali abbiamo acquisito da molto tempo.
La strada verso la libertà in alcuni paesi è ancora molto lunga e disseminata di sofferenza.
