Gabriella Degli Esposti nacque a Calcara di Crespellano, in provincia di Bologna, l’1 agosto 1912. Proveniva da una famiglia di origine contadina, molto modesta, con idee socialiste.
Si era sposata giovane con un cascinaio di nome Bruno Reverberi, da cui aveva avuto due bambine.
All’epoca in cui si svolsero i fatti di cui vi vorrei parlare, era in attesa del terzo figlio.
Bruno e Gabriella avevano idee comuniste che condividevano.
Dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre la loro casa divenne una base della Quarta Zona di Resistenza. Lei stessa aveva partecipato direttamente ad azioni di sabotaggio: il suo nome di battaglia era Balella.

Si era impegnata anche nell’organizzazione dei primi “Gruppi di Difesa della Donna”.
Nelle giornate fra il 13 e il 29 luglio del ’44, grazie proprio all’opera dei GDD, centinaia di donne scesero in piazza a Castelfranco Emilia, per protestare contro la carenza di cibo e contro la guerra.
Gabriella, che era a capo della manifestazione, fu affrontata a muso duro e minacciata di morte da un impiegato comunale fascista.
Ma lei non si fece intimorire, continuò nella sua attività di propaganda.
L’intensificarsi della resistenza nella zona, causò la reazione dei fascisti locali che, in accordo con i tedeschi e con l’aiuto di alcuni delatori, organizzarono un’operazione di rastrellamento per il 13 dicembre.
Quel giorno, nel primo pomeriggio, un gruppo di SS entrò in casa di Gabriella.
L’operazione fu diretta dall’Obersturmführer (tenente) Hans Schiffmann.
Nonostante fosse incinta, fu picchiata davanti a una delle sue bambine, Savina, e minacciata di morte, perché rivelasse dove si trovava il marito, fondatore di uno dei gruppi di resistenza, insieme agli altri Partigiani.
Gabriella non disse una parola e per questo fu portata via.
Il giorno successivo, con un’operazione congiunta tra SS e fascisti, in paese furono arrestate circa 60 persone. Una volta individuati gli antifascisti, denunciati da chi li, furono portati all’Ammasso Canapa, dove già era rinchiusa la giovane partigiana.
Per due giorni furono torturati e picchiati, sottoposti ad estenuanti interrogatori per ottenere delle informazioni che non ebbero mai. Nessuno parlò.
Le urla dei prigionieri erano così forti e strazianti che gli abitanti del paese furono costretti a chiudersi in casa.
Il 17 dicembre Gabriella e nove suoi compagni di prigionia furono condotti sul greto del fiume Panaro, a San Cesario.
Vennero tutti fucilati, ma prima di morire Gabriella fu brutalmente seviziata.

Il suo cadavere venne ritrovato senza occhi, senza entrambi i seni, con la testa rasata e il ventre squarciato.
La sua morte, e quella del bambino che portava in grembo, spinse molte donne ad unirsi ai Partigiani della zona. Si formò così il distaccamento femminile Gabriella Degli Esposti, probabilmente l’unica formazione partigiana formata interamente da donne.
Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Militare. Lungo il fiume Panaro, laddove il suo corpo e quello dei suoi compagni sono stati ritrovati, ora si può ammirare un monumento in ricordo del suo coraggio e della sua tragica fine.