Ancilla Marighetto, staffetta e partigiana morta per la libertà

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Solo l'ultimo uomo della pattuglia si accorse di Ancilla e richiamò gli altri. La giovane fu subito interrogata, picchiata e seviziata, ma non rispose mai alle domande che le venivano fatte. Hegenbart ordinò allora a uno dei soldati trentini presenti, un sottufficiale di Cavalese, di sparare alla testa di Ancilla. L’ordine fu eseguito....

Ancilla Marighetto nacque a Castello Tesino, in provincia di Trento, il 27 gennaio 1927. Era una ragazza di montagna, semplice, piena di vita, attaccata alla sua terra e alla sua famiglia, capace di grandi sacrifici, quelli che solo la gente di montagna sa fare.
La guerra sembrava lontana fino al giorno in cui suo fratello Celestino decise di fuggire dalla caserma per non finire nelle mani dei tedeschi.
Si unì ai Partigiani del Bellunese per entrare nella Resistenza.
La giovane Ancilla non poté fare a meno di seguirlo.
Nel settembre 1944 entrò nella compagnia Gherlenda, insieme all’amica Clorinda Menguzzato.
Il suo nome di battaglia fu “Ora”.


Il comandante della Gherlenda non era convinto che fosse giusto far entrare le due giovani nella compagnia vista la loro giovane età.
Ma il loro desidero di contribuire alla Resistenza era così grande che alla fine il comandante “Fumo” accettò.
All’inizio svolsero mansioni di supporto ai partigiani impegnanti nei combattimenti.
Dopo qualche tempo però Ancilla venne addestrata all’uso delle armi e divenne staffetta. La sua abilità si rivelò tale che le fu consegnata un’arma.
Svolgeva turni di notte di guardia, come i suoi compagni, perché la sua aspirazione era di essere come loro.
Partecipò anche a numerose azioni, fra cui quella contro il presidio di Castello Tesino del 14 settembre, durante la quale furono catturati 55 militari.
Gli attacchi della Gherlenda non passarono inosservati.
Il 15 settembre salirono verso Sorgazza 300 soldati tedeschi per iniziare un contrattacco. Favoriti dalla nebbia e dalla superiorità numerica, riuscirono a disperdere i partigiani del gruppo e a distruggere la base di Costa Brunella, rifugio sul Lagorai del battaglione.
Nello scontro il comandante “Fumo” fu ucciso, mentre a Castello Tesino le SS, capeggiate dal capitano Hegenbart, iniziarono la rappresaglia: retate, interrogatori, botte e sevizie sui prigionieri, incendi di casolari, torture… giorni di terrore.
Nelle mani dei tedeschi finiranno anche Clorinda e il padre di Ancilla.
La giovane fu barbaramente seviziata e uccisa, mentre il padre di Ora venne fucilato.
Con L’inverno ormai alle porte, il gruppo della Gherlenda decise di sciogliersi.
Sulla montagna restarono in 7; si procuravano giorno per giorno armi e cibo, con l’aiuto della popolazione. Tra loro vi erano anche la giovane Ancilla e il fratello. Come nascondiglio usavano una valletta nella zona del passo Brocon.
La loro Resistenza si fece sempre più audace, con continue e veloci incursioni per distruggere automezzi, ponti e tralicci, cercando di fare di tutto per intralciare l’avanzata del nemico.
Alla metà di febbraio 1945, il gruppetto decise di trasferirsi in una zona meglio esposta al sole e fece tappa alla malga Vallarica di Sotto.
Il 19 febbraio i tedeschi salirono sulla montagna per un altro rastrellamento. Volevano chiudere la questione Gherlenda una volta per tutte. Una pattuglia di 13 uomini del CST, guidata dal capitano delle SS austriaco Karl Julius Hegenbart, sorprese i partigiani che si dispersero cercando di mettersi in salvo. Ancilla riuscì a procurarsi una pistola.
Secondo una delle ricostruzioni, la giovane non fu in grado di mettersi i propri sci perché in precedenza li aveva prestati ad un altro parigiano e gli attacchi non erano stati ancora risistemati per lei.
Ancilla si mise a correre verso valle, sulla neve, in direzione Lamon, insieme con il compagno “Raul”; quando sentirono avvicinarsi i nazisti che avevano gli sci, i due cercarono la salvezza arrampicandosi su due alberi lì vicino; erano nei pressi del Col del Toc, in territorio comunale di Lamon.


Solo l’ultimo uomo della pattuglia si accorse di Ancilla e richiamò gli altri: la giovane impugnava la pistola ma alla fine non la utilizzò (diversamente da quanto si legge in altre ricostruzioni) e scese dall’albero su ordine del capitano Hegenbart.
La giovane fu subito interrogata, picchiata e seviziata, ma non rispose mai alle domande che le venivano fatte.
Hegenbart ordinò allora a uno dei soldati trentini presenti, un sottufficiale di Cavalese, di sparare alla testa di Ancilla. L’ordine fu eseguito.
Quando la pattuglia se ne andò, “Raul” scese dall’albero e seppellì “Ora” sotto la neve.
Il suo corpo venne recuperato 2 giorni dopo e tumulato vicino rifugio Croset, sotto un cumulo di sassi.
Solo dopo la liberazione Ancilla tornò a Castello Tesino dove il 16 giugno 1945 si tennero i suoi funerali e quelli dei partigiani Isidoro Giacomin “Fumo”, Clorinda Menguzzato “Veglia”, Gastone Velo “Nazzari”, Luigi Parer “Pronto” e Dario Zampiero “Mosca”, Dorimberto Rocco Dallemule.
Alla sua memoria è stata conferita la Medaglia d’Oro al Valor Miliare
Il miliziano che uccise Ancilla fu identificato e condannato a 22 anni di reclusione, ma ne scontò solo 5, grazie al buon cuore della famiglia Marighetto che acconsentì alla grazia, per la quale si erano spesi esponenti della chiesa trentina.
Karl Julius Hegenbart fu condannato all’ergastolo in Italia per crimini di guerra.
Non fu mai estradato dall’Austria, dove visse indisturbato e si spense serenamente nel 1993.
Aveva ripreso la propria vita come se nulla fosse accaduto, come fecero molti criminali nazisti e fascisti dopo la guerra…

BIBLIOGRAFIA

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